martedì 13 dicembre 2011

A volte ritornano

Partiamo.
Ecco, giusto perché il comitato accoglienza possa organizzare la fanfara, arriviamo domani, alle tredici ora locale.
Sono gradite bandierine, trombette, petardi e coriandoli.

lunedì 12 dicembre 2011

La cena degli auguri

Arriviamo all'appuntamento un po' in ritardo, al 220 di Kang Ping Lu, strada silenziosa e deserta e buia nonostante la luna piena e il cielo limpido, senza stelle.

Nell'ingresso ampio e caldo del Petit Jardin c'è un lungo tavolo apparecchiato con caraffe di sangria e succo di anguria, biscottini dolci e vasi trasparenti con mazzi di fiori di campo. Buttiamo le giacche su un divano e prendiamo un bicchiere, contenti per una volta di aver lasciato le bambine a casa, così possiamo goderci la serata senza correre a salvare la cristalleria ogni minuto.

La gente è ancora in piedi e chiacchiera in varie lingue, anche se prevale l'italiano: ci sono due famiglie di coreani, una di iraniani, qualche inglese e qualche francese e qualche cinese sparso e una decina di italiani, a tratti con prole.

Per antipasto insalata con pomodorini, feta e uova, prosciutto crudo con ripieno di ananas che finisce in un baleno, salame e rucola con grana, olive marinate, formaggi freschi e stagionati, pane casereccio e vino bianco.
Le porte senza maniglie restano sempre aperte, e la gente va e viene con i piatti pieni, e si ferma a chiacchierare in piedi, torna al suo posto o cambia tavolo.
Pasta al ragù, risotto con i funghi, linguine al pesto, e poi pollo piccante (pane e vino rosso in quantità per recuperare l'uso delle papille gustative), filetto con verdure alla griglia, pesce con olive verdi e nere.
Scendendo alcuni gradini la sala si allarga, e accanto alla porta-finestra che lascia spazio a un albero incastrato tra i muri c'è un divanetto, alle cui spalle troneggia una porta, appoggiata come fosse un quadro.

Alle pareti, lunghi scaffali pieni di libri, vasi di edera ricadente, vecchie sedie di legno incastrate sulle mensole, la foto incorniciata di un gatto, ritratti antichi di signore impettite con i capelli raccolti e i fianchi stretti in corpetti con mille bottoni.
I piccoli tavoli quadrati e rotondi sono circondati da sedie di metallo piene di cuscini, sedie di legno e poltroncine con i braccioli, un gatto bianco e rosso è acciambellato su una poltrona e uno tutto bianco più irrequieto gira nelle stanze schivando le gambe degli ospiti.
In un angolo l'albero di Natale, con gli addobbi di stoffa bianca e rossa, in un altro una vecchia cucina economica bianca e verde usata come appoggio per bottiglie vuote e libri impilati. Le luci sono soffuse, e le lucine di natale lampeggiano dolcemente attorno all'albero e sui lampadari, vecchie gabbie di legno per uccelli o di metallo intarsiato. Suona una musica natalizia di cornamuse e di chitarre, coperta dalle grida di bambini e dal mormorio incessante.
Pezzetti di torta al cioccolato e di soffice cheescake. Vino rosso. I nuovi amici, vicini, e qualche faccia sconosciuta, o quasi, di contorno.

Quando usciamo, a mezzanotte, a due passi dal Grand Gateway, la città sembra deserta, l'aria fredda pizzica le guance e le gambe, e per un momento mi sento come tanti anni fa, senza pensieri, mentre saliamo abbracciati sul taxi e la Rebecca, amica cinese, si allontana per mano al fidanzato e saluta agitando la minuscola borsetta.

venerdì 9 dicembre 2011

Chinese Style

Al numero 1121 di Fuxing Zhong Lu, poco lontano dalla fermata della metropolitana, c'è un enorme edificio, il Tea City.
Fuori, sulla piazzetta all'ingresso, banchetti organizzati sotto tende bianche vendono vermicelli, noodles, spugne e funghi secchi, anatre secche tutte intere, anatre laccate e pezzi di anatra freschi, tè in pezzi, caramelle, pesci interi e pesci a pezzetti, dolci al sesamo, ravioli al vapore e salsicce bollite.
Dentro, tre piani di negozi con grandi barattoli trasparenti pieni di fiori, palline di tè, tè in foglie e tè sminuzzato, tè pressato e tè in blocchi, infusi di fiori e frutti, tè al gelsomino, al ginseng, verde, rosso, oolong, scatole e teiere, bacchette e ciotoline, e l'attrezzatura completa per la cerimonia del tè. Poi statue di budda, rane con le monete in bocca, draghi e tigri, vasi e fuochi d'artificio, che van sempre bene per tenere lontani gli spiriti cattivi.
Il venditore ci fa assaggiare qualche specialità, mette l'acqua bollente nella minuscola teiera, versa il tè in un altro minuscolo contenitore, con quello sciacqua le minuscole ciotoline che prende con le bacchette e rovescia sulla stuoia, e poi versa il tè, guardandoci in attesa del giudizio.

Compro delle belle scatolette di jasmine tea, oolong e le palline che immerse nell'acqua diventano fiori bellissimi, anche se forse l'infuso non è granché e non ho capito niente della spiegazione delle virtù delle varie specialità.

Più tardi, sulla FuZhou Lu, strada ricca di librerie e negozi tra Piazza Renmin e il Bund, ci fermiamo allo Shanghai Foreign Language Bookstore, quattro piani sorprendentemente deserti dove cerco invano un libro esaurito e dove dopo lunga ricerca compro tre libretti per le mie bambine, uno per una. Litigheranno, ma pazienza.

Alla sera, mentre le bambine dormono, sorseggio il mio infuso di rosa e arancia, aspettando che il Bighi torni a casa. Non so come si svolgano di solito le cene con i manager, ma di sicuro terminare la serata al karaoke è molto cinese.

martedì 6 dicembre 2011

Errori e spropositi, ovvero Dell'ereditarietà dell'apprendimento tardivo

La BB, cinque anni quasi sei, sta imparando da sola a scrivere al computer. Mentre ero impegnata al Community Center per la mia seconda dose settimanale di lezioni di cinese, la fanciulla, in vacanza forzata, ha provato a mettere su carta (ops, su file) quello che abbiamo fatto insieme.
Qui di seguito un distillato del titanico sforzo.
- falalalala lalalala cara mamma grazie
- oghi sonoandata al mercato dei fiori e ogi o fatoic honpiti a caza
- e stata la bb a fareichopiti dichineze
- e la mamma eandata a chnpahhare gatto a la zilo
- papanonafato i chonpiti
- perononsochozasocrivere
- ogi papa cercaditornare
- cao la bb
- lia fa lesionedichineze chon me
- o 5 ani
- BIGGIGOCI CIGAAILASASOGONTI
- CIGUOZFALANLIPINGUOTAOSELHOSHZLIZLILI

Risulta piuttosto evidente che ha ancora notevoli carenze grammaticali, serie difficoltà nel distinguere i suoni delle tre lingue e molte incertezze nella separazione delle parole in italiano e cinese (ancora non si cimenta a scrivere in inglese), ma ritengo superfluo angustiarsi adesso, a tre mesi dall'inizio della scuola.

Quello che preoccupa è che ha telefonato in Italia, al cellulare, alle tre e quarantacinque ora locale. Dopo tre tentativi, la povera NonnaMimmi ha risposto. Sono rimaste al telefono tre minuti e ventinove secondi. Non ho idea di cosa si siano dette, ma la BB sembrava piuttosto soddisfatta della sua impresa.

La BB ha imparato a telefonare con skype, e nonostante sia stata bonariamente redarguita non ha ancora ben chiaro il concetto di fuso orario. Però confido che col tempo lo capisca.

Invece temo sia superfluo sperare che la NonnaMimmi impari a spegnere il cellulare quando va a dormire.

lunedì 5 dicembre 2011

Mani fredde, cuore caldo

Le finestre sono appannate, e quando sposto la tenda una goccia di condensa scende incerta lungo il vetro e lascia una scia trasparente.

Il vento punge la faccia e le mani mentre allaccio la bici al palo e ficco in borsa il giornale che non avrò tempo di leggere, né voglia, forse.

In casa dell'Amica Francese c'è profumo di torta e caffè, e vogliamo prendercela comoda, ma dopo un'oretta usciamo verso TaiKangLu, perché Esse, mamma delle AASisters, è arrivata da un mese e non ha ancora fatto la turista, e vogliamo mostrarle un po' della nostra Shanghai.

In questa gelida mattina di dicembre Tianzifang è quasi deserto, anche se la luce è bellissima e c'è aria di festa, e non basta entrare in tutte le bottegucce per prendersi un po' di caldo, dal momento che la maggior parte non è riscaldata. Però mi piace guardare ancora tutte le ciotole, gli uccellini di ceramica, le borse di stoffa, le sciarpe e le piastrelle di smalto, le cartoline, i qipao, le bacchette colorate, i ventagli, le scatole, le bamboline le collane e mille cianfrusaglie, perché anche se le ho già viste dieci volte c'è sempre qualcosa di nuovo, sempre qualcosa di nascosto da scovare.

Camminiamo nel freddo fino a XinTianDi, e ci fermiamo a mangiare da M and J, ristorante italiano pieno di orientali al 156 di Xing Ye Lu, perché siamo stufe del cibo cinese e abbiamo un po' di nostalgia, e le fettuccine con pancetta e piselli e funghi sono buonissime.
Stiamo così bene che quasi ci scordiamo l'ora, e ci tocca correre un po' per tornare a casa dalle cucciole.

Qualcuno dice che il tempo non passa, a stare senza lavorare.
Io sono di altro parere.