Cara
Oriana, mi sei venuta in mente
stamattina mentre mi lavavo i capelli sotto la doccia. Sì lo so che sei morta,
pochi giorni fa in effetti, sì lo so nove anni fa ma hai capito cosa intendo, e
non è che ci sia stato tanto rumore sull'anniversario, almeno da
qui, in giro per il mondo ci sono un sacco di casini, avrai sentito,
la Siria, le migrazioni, Shengen, la Pennetta, la non-teoria gender
(e ci manca la tua voce, su questi argomenti),
miss Italia, insomma sai, un trafiletto magari te l'hanno anche
dedicato ma poca roba.
E dire che
sei ancora l'icona del giornalismo italiano nel mondo, e non solo,
voglio dire, qualsiasi donna vorrebbe assomigliarti almeno un po',
perfino Elisa di Rivombrosa, pensa te.
E mentre
ero sotto la doccia, a insaponarmi i capelli con questo shampoo
cinese, mi è venuta in mente una cosa che avevi detto a proposito
dell'abitudine, e sono andata a cercarmela. Dopo, intendo, finita la doccia.
(Ho avuto un
pensiero sulla vita grama dei tempi senza Google, ma transeat).
«L'abitudine
è la più infame delle malattie perché ci fa accettare qualsiasi
disgrazia, qualsiasi dolore, qualsiasi morte. Per abitudine si vive
accanto a persone odiose, si impara a portar le catene, a subir
ingiustizie, a soffrire, ci si rassegna al dolore, alla solitudine, a
tutto. L'abitudine è il più spietato dei veleni perché entra in
noi lentamente, silenziosamente, cresce a poco a poco nutrendosi
della nostra inconsapevolezza e quando scopriamo di averla addosso
ogni fibra di noi s'è adeguata, ogni gesto s'è condizionato, non
esiste più medicina che possa guarirci».
Ammazza se
scrivi bene, Oriana. Uno resta incantato, a leggere le tue parole.
E sono d'accordo. L'abitudine è una bestia subdola, è un maledetto parassita.
Solo che a
pensarci bene, questa cosa dell'abitudine alle volte, secondo me, ci
salva.
Mi spiego.
Non tutti hanno la forza di reagire all'abitudine, qualcuno
addirittura ci si trova bene, come certi animali cresciuti in
cattività che poi non riescono a tornare liberi, lasciati soli si
sentono persi, senza riferimenti, senza casa.
Ci vuole
tanto coraggio per liberarsi dell'abitudine, o per non cascarci
dentro, e lo so che tu ne hai parecchio ma porta pazienza, qua si
parla di persone normali che fanno una vita normale, mica reporter di
guerra, che poi voglio dire uno adesso può diventare famoso per una
foto di un bambino su una spiaggia, quando la reporter la facevi tu
era un po' diverso, e comunque la maggior parte di noi non ha mai
visto la guerra, la giornata è fatta di figli marito scuola merenda
compiti lavoro cena lavatrici, ma ci vuole coraggio anche per tenere
insieme una casa, una famiglia, alle volte.
E quel
coraggio che scorre sotto le tue parole, che tu rimproveri agli altri
di non avere, e che forse talvolta è mancato anche a te, in certi
casi, potrebbe anche essere definito egoismo, alle volte.
Voglio
dire, certe volte, non sempre ma certe volte, è più facile
rinunciare all'abitudine come se fosse un cappello che ci nasconde la
faccia, un fardello che ci schiaccia, via il cappello, senti che
bell'aria fresca, via questo peso, va' come mi sento leggera, ma
quella che tu chiami abitudine a volte è solo noia, che uccide,
certo, ma non tanto quanto l'abitudine, forse.
Certo,
quando parli di abitudine tu intendi l'abitudine dei popoli alla
sottomissione, all'oppressione, alla censura, è così? l'abitudine
all'inferiorità, alla mediocrità, alla mancanza di cultura. La tua
vita fa pensare che tu intenda questo, quando parli di abitudine alle
catene, alle ingiustizie, alle sofferenze.
E vabbè, hai ragione,
da qui, da questo Paese dove l'oppressione la senti nell'aria, la
censura la sperimenti tutti i giorni, la sofferenza la vedi e le
ingiustizie le percepisci in maniera netta dalle notizie che
scivolano via dalla censura ma anche nel vedere la Ferrari gialla che
si fa strada e strombazza al carretto che trascina montagne di
cartoni su cui sta seduta una donna triste, da qui, dico, quello che
scrivi sembra tanto più vero, più universale, e anche meno
astratto, la verità.
Ma nelle
tue parole si può leggere anche di un'abitudine più quotidiana, più
terra terra, via.
Quella che
fa dire cose tipo Ormai ci ho fatto l'abitudine, come a dire
che non ti importa più molto, di quella cosa lì, tipo andare a
pranzo dai suoceri tutte le domeniche, o restare da sola la sera
mentre lui va a giocare a calcetto, o mangiare la sbobba della mensa
aziendale.
E in realtà non è vero che non ti importa più, solo hai
imparato a conviverci, a non arrabbiarti tutte le volte, a non farti
venire i nervi. Magari approfitti del pranzo dai suoceri per lasciare i bambini e fare un giro in centro; e mentre lui ha la partita tu guardi un film che lui odierebbe che nel titolo contiene Autunno o Amore o un quartiere qualsiasi di New York oppure tutte e tre le parole insieme; e in mensa ti porti la doggy bag con l'avanzo dei maccheroni di ieri sera.
È un sistema di sopravvivenza, l'abitudine.
Voglio
dire, anche nelle situazioni di cambiamento, in cui ti metti in
gioco, in qualche modo, in cui cerchi di vedere le cose da altri
punti di vista, spostandoti un po' più a destra, o più a sinistra,
o magari più in alto o più in basso, a volte, quello che ti senti
dire per la maggior parte delle volte è Ci devi fare l'abitudine,
e pare una cosa positiva, detta così.
E infatti,
mentre consoli la Gabbianella che ha un momento di sconforto perché
ancora non ha fatto amicizie dato che non parla inglese, e non vuole
andare a scuola e sembra così disperata, mentre la tieni stretta e
cerchi di rassicurarla, pensi che deve ancora abituarsi al nuovo
ambiente, e che appena avrà preso confidenza con tutte le cose
nuove, l'inglese il maestro che sembra Denzel Washington il cibo il
cinese i nuovi compagni, appena si sarà abituata andrà tutto bene.
Oppure
senti dire, o dici, Non mi ci abituerò mai, e la cosa non
sembra avere un'accezione così positiva, in fondo, voglio dire non
ha quasi mai il tono di sfida (Non mi ci abituerò mai!),
piuttosto il più delle volte sembra rassegnazione (Non mi ci
abituerò mai...), come se fosse una sostanziale incapacità di
adattamento, e la capacità di adattarsi è quello che fa
sopravvivere la specie. Magari non evolve granché, la specie, è vero, ma è
quello che ci ha fatto uscire dalle caverne, camminare diritti,
guardare il cielo.
Lascia perdere facebook, quello è una deviazione.
E non è
l'adattamento una specie di abitudine? Non ci hanno martellato con
questa necessità di adeguarsi al cambiamento, il topo e il formaggio
e quelle altre menate da manager? O lo spirito di adattamento si
riferisce solo alla capacità di inventarsi un menù quando hai il
frigo vuoto?
E quindi mi
insaponavo i capelli, e maledicevo, sì, l'odiosa abitudine, questa
capacità di adattamento che ci accomuna alle bestie, in fondo,
perché anche loro si abituano, mannaggia a loro, anche allo shampoo,
sti cazzi di pidocchi, diventano immuni, e lo shampoo lo devi
cambiare, ogni tanto, altrimenti non funziona più, stasera rifaccio
il trattamento a tutte e tre, ma non mi faccio prendere dal nervoso,
ah no! È così tanto tempo che ci convivo, maledetti parassiti, e non
riesco a liberarmene.
E sì,
Oriana, mi ci sono abituata, e ormai non mi ci arrabbio più.
Ci ho riflettuto e penso abbia ragione tu, non sempre abituarsi è negativo. A me poi piacciono molto le abitudini, dipende anche dal carattere... Anche i popoli hanno caratteri, ci sono quelli più facili da sottomettere - forse perchè sono sottomessi da millenni?- e quelli meno.
RispondiEliminaAi pidocchi invece forse sarebbe meglio non abituarsi, hai provato gli oli essenziali? Puri due o tre gocce dopo il lavaggio (lavanda o timo ho usato io), non credo li uccidano ma creano ambiente sfavorevole, se li uccidi con lo shampoo poi non tornano.
Gli oli essenziali mi mancano... il resto l'ho provato, dagli shampoo (che li uccidono ma poi tornano) alle creme, agli spray, dall'aceto al balsamo, pure l'aceto balsamico (ha ha, scherzo)
Eliminal'abitudine mi serve non per tenermi i pidocchi, ma per non uscire pazza ogni volta che qualcuno si dà una grattatina in testa ;)
Non c'è più il mio commento. Ripeto. Un piacere tornare a leggerti. (E in riferimento al commento perso e alle abitudini, preferisco questa grafica a cui sono abituata). ^^
RispondiEliminaViola Emi
Ehi Viola! Questo commento era finito tra lo spam (!), l'altro non so che fine abbia fatto.
EliminaFelice di saperti ancora tra i "folliwer" = quei matti che mi seguono 😊
Thhanks for sharing
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