venerdì 20 marzo 2020

Cronache dalla Quarantena - Giorno 14

Esco domani.
Mi sveglio con questo pensiero, alle 7:50, quando battono alla porta per l’orrida colazione, dopo una notte irrequieta. Chiudo gli occhi due minuti e quando li riapro sono le 8:40. 
Controllo la posta, i messaggi, le notizie, lavoro (sconsigliabile, dal letto).
Quando TheBody si sveglia facciamo colazione, prendiamo la temperatura (36.5, 36.1). Guardo fuori dalla finestra. C’è un uccello sul ramo più alto dell’albero, sta lì fermo, a guardarsi intorno, gira ogni tanto la testolina con piccoli scatti. Aspetto per vedere se spicca il volo, ma no, sta fermo sul ramo.
TheBody prepara la valigia, con la mente è già fuori. Palleggia, saltella, fa corsa sul posto come se si stesse riscaldando per la partita. 
Io lavoro. 
La dottoressa gentile che cercava di imparare i nomi delle appendici è stata sostituita da due infermieri che passano una volta ciascuno e fotografano i numeri che io ho segnato sul foglio. Neanche la fatica di ricopiarli. 

Alle 11:13 arriva TheVoice, alle 11:27 TheBrain. Ci siamo tutte. 
Facciamo progetti per domani, ognuno dice la sua ma poi TheBrain definisce il programma, e quando TheBrain definisce un programma bisogna seguirlo alla lettera. Quindi domani colazione da Starbucks, poi a casa a disfare valigie, pranzo a casa, relax e poi ci prepariamo, ci vestiamo bene, no come qua in quarantena, e andiamo a mangiare da Seve. Ipse dixit.
Le valigie sono pronte davanti alla porta, compresa una recapitata dall’ingegnere che serve per metterci dentro tutte le cose che ci hanno portato. Solo la mia aspetta è ancora aperta in attesa dello spazzolino e della crema antirughe.

Mi rendo conto che davvero esco domani quando chiama la dottoressa per fare il controllo dei passaporti e preparare il foglio di “rilascio”. Ci serve un documento che attesti che abbiamo fatto la quarantena, con quello possiamo rientrare nel nostro compound, e dovrò mostrarlo anche per tornare in ufficio, o andare dal dentista, o fare altre cose che richiedano una distanza ravvicinata, tipo andare dal parrucchiere. Ecco, questa sarebbe una attività urgente che non ho inserito nel programma di domani.

Chissà come sarà, domani. Perché esco, domani. Mi sento come quell’uccello sul ramo più alto, che si guarda intorno e aspetta di volare via.

La citazione del giorno: Libertà vo cercando ch’è sì cara/ come sa chi per lei vita rifiuta (Dante, Inferno)

La canzone del giorno: Erik Grönwall, Higher

giovedì 19 marzo 2020

Cronache dalla quarantena - Giorno 13

Giorno tredici. Serpeggia una certa sensazione di provvisorietà. Sarà l’emozione della quasi fine, ma stamattina TheBody non riesce a dormire e si premura di farmelo sapere alle 5:45. Cerco di dormire ancora, ma lei me lo ripete ancora alle 6:32. Le sono grata per queste intime confessioni, purtuttavia preferirei che mi parlasse che so, della sua cotta per Kail, magari in un orario compreso tra le 10:30 e le 21:00. 
Si riaddormenta alle 7:13 ma io ormai sono sveglia. Mi trasferisco sul divano per evitare di svegliarla, lavoro, ascolto i rumori del corridoio. Voci sparse, Tin, disinfettante, Toc Toc orrida colazione, silenzio.

E’ lunedì, un lunedì lavorativo per me, vacanziero per le appendici. Le lascio dormire, almeno non stanno al computer e io mi concentro sul mio lavoro. Alle 11:03 arrivano quasi in simultanea le due appendici distaccate e il pranzo. E niente, proprio non ce la faccio a mangiare il pranzo in scatola, mi dà la nausea solo l’odore. Mi preparo un caffè, biscotti simil gocciole (questo si trova qua), fragole. 

Lavoro. Mi sento frustrata perché la scadenza di domani salterà. E’ la prima volta che succede in un anno e mezzo, e mi rendo conto che la situazione dell’ultimo mese è stata difficile e del tutto straordinaria, ma mi sento anche di non aver lavorato in maniera efficace. Se i collaboratori non collaborano, la responsabilità è anche mia. 

Mi faccio un panino con la Nutella, che ha sostituito il barattolo vuoto di crema gianduia Pernigotti.

Non succede niente. Ma proprio niente. Non sono dell’umore di disincastrare le appendici incastonate sul divano a guardare Mamma Mia.
Cantano, loro, tutte le canzoni del film. Ma quante ce ne sono? Non c’è una conversazione che duri più di tre minuti, poi parte la musica.
Leggo le notizie, c’è il virus dappertutto, non si parla d’altro. Leggo e mi sembra che ci sia una dilagante follia collettiva. 
Mi arrabbio al pensiero di gente egoista che non prende sul serio l’isolamento. Anche qui, eh, ci sono i furbi che vogliono tornare ma fanno di tutto per evitare la quarantena.
Sarà che io mi sto facendo il mazzo a stare chiusa qui dentro, con l’odore del pranzo che mi si appiccica addosso, la moquette zozza, il cibo accatastato, due adolescenti in pieno trionfo ormonale e una perennemente incazzata, ma il pensiero di uscire e poter correre anche il minimo pericolo perché qualche pirla ha fatto il furbo mi fa girare vorticosamente le palle. 
Quindi per cortesia, chi non è disposto a farsi la quarantena se ne resti dov’è, in Italia, Francia, Spagna, Germania o Vattelapesca. 

Per cena ordiniamo ravioli, spaghetti e hamburger. Non abituatevi, appendici, che quando si torna a casa si mangia tutti la stessa cosa. Mi sento stanca.
Faccio una sessione di Homefit in streaming, almeno mi distraggo un po’ e sfogo la tensione che mi si sta accumulando dietro la scapola sinistra. La doccia successiva dura 20 minuti, ma mi sembra di non riuscire a togliermi di dosso uno strato appiccicoso. Ci vuole uno scrub.

La citazione di oggi: “Tutti sanno sempre cos'è la verità, come se la verità fosse carta igienica o qualcosa di cui hanno una provvista nella dispensa. Man mano che cresci, capisci che non esiste la verità. Esistono solo le stronzate, stratificate. Uno strato di stronzate sopra un altro. E quello che fai nella vita una volta cresciuto è solo la scelta dello strato di stronzate che preferisci che diventino le tue stronzate. Ecco. Capito?” (Dustin Hoffman, Eroe per caso)

La canzone di oggi: Rudimental, These days

mercoledì 18 marzo 2020

Cronache dalla quarantena - Giorno 12


Un’altra domenica.
E niente, oggi non devo lavorare quindi siamo libere di condividere la noia.
Per evitare di essere preda di Netflix per 12 ore consecutive, anche perché personalmente non ne posso più di computer e telefono, decidiamo in maniera quasi unilaterale (plurale majestatis) di fare 45 minuti di computer/iPad e 45 minuti di “altro” non meglio specificato. Dopo breve petizione, i minuti sono estesi a 50 così TheVoice riesce a vedere una puntata intera di Strange things.

Quindi dopo il brunch (ci sto prendendo gusto) giochiamo a Cluedo, versione portatile regalo dell’amica Ale, scritto così piccolo che ogni volta devo togliermi gli occhiali per leggere la cartina e rimetterli per vedere la scacchiera. Questa cosa un po’ mi fa ridere (metti togli metti togli), un po’ non tanto, e poi comunque vince sempre TheBrain, non ci si diverte neanche più. 
Poi libere di guardare dispositivi elettronici (pochi messaggi in quest’ora, solo 46, quasi mi sento abbandonata), poi altro round di giochi a carte, TheBody che si altera perché TheVoice canticchia in continuazione (stiamo diventando intolleranti), TheVoice che si innervosisce perché TheBody le fa il verso e però non canta correttamente (stiamo diventando anche suscettibili), poi ancora Netflix/youtube/telefono (ora di pace e silenzio assoluto), in loop. 

Ma anche voi non riuscite a staccarli dal computer, sti ragazzi? Che ne è dei puzzle infiniti delle giornate d’inverno, dei libri, delle costruzioni con i lego, dei diari segreti? Non ci sono più i diari segreti, quelli dove disegnavi e scrivevi e ci mettevi il lucchetto che in verità non era neanche così facile da aprire e se perdevi la chiave capace che non lo potevi usare più? 

Ma poi, devo essere onesta. Anche io, che ho bisogno di tranquillità, di silenzio, di solitudine, tutto sommato non è che sono così dispiaciuta che se ne stiano buone a guardare tutta la tredicesima stagione di Gray’s Anatomy o i video deficienti di TikTok e youtube, purché non mi bisticcino nelle orecchie o non corrano per la stanza rischiando per altro di fratturarsi la fronte sull’angolo del comodino. 
Cerco di parlare un po’, ma se in tempi normali le reazioni sono piuttosto tiepide, in tempi di virus non si sa bene di cosa parlare, se non di virus, il che francamente ci deprime un po’.
E d’altra parte, non c’è neanche più il rito del pranzo ad agevolare la conversazione, mangiamo in vaschette di plastica, se va bene, sedute sul divano, come certe figure di depressi cronici di certi film americani, e non posso mica chiedere, mentre spostiamo di lato il riso bollito con le verdure e togliamo dalla confezione di plastica una preziosissima fetta di salame per poi addentare un panino asciutto, che ci devi bere dietro una bottiglia intera di acqua, non posso mica chiedere “Cosa avete fatto oggi?”, che mi prendono per deficiente.

Comunque, la notizia vera è che forse (forse) riaprono le scuole ai primi di aprile. Ci danno 3 settimane di preavviso, di cui una di vacanza che dovrebbe agevolare il rientro delle famiglie a Shanghai e contemporaneamente sostituire/anticipare lo spring break, che cade appunto per Pasqua, per evitare la possibilità che, non appena tornati al campus, si debba stare di nuovo a casa.. 
Detta settimana di vacanza sostitutiva anticipata è la prossima.
Prevedo serissime difficoltà di concentrazione nei giorni di lunedì e martedì, o in alternativa utilizzo massivo di Netflix.

La canzone di oggi: Vasco Rossi, La noia

La frase di oggi: Ma nell’ora che non guardiamo Netflix dobbiamo per forza fare qualcosa insieme?

martedì 17 marzo 2020

Cronache dalla quarantena - Giorno 11

Sabato, pigrizia, sonno.
Dormo fino alle 8:30, TheBody accanto a me ronfa fino alle 10:55, le appendici in sede distaccata citofonano alle 11:30. Se vi state chiedendo se c’è qualcosa sotto, la risposta è sì.
Ieri sera c’è stata una breve discussione (breve per i canoni della quarantena dove il tempo si dilata all’infinito). TheBody, un po’ per gioco, provoca: 
- Scommetto che non siete capaci di stare neanche un’ora senza telefono.
- Parli tu che sei sempre attaccata all’iPad, replica TheBrain. 
- Sì ma io non ho il telefono
- Beh io ce l’ho ma non lo guardo mai il telefono, si inalbera TheVoice.

E niente, vi risparmio il resto anche perché quando bisticciano shiftano all’inglese e parlano così veloci che non ci sto dietro neanche volendo, figuriamoci quando non ho voglia.
Comunque il risultato della discussione è una challenge 1 day no computer.
Adesso si capisce perché han dormito fino a mezzogiorno.
Sospetto, per altro, che abbiano finito tutte le stagioni delle loro serie preferite nei giorni precedenti.
E quindi oggi niente computer, niente iPad, niente telefoni. Per loro, ché io devo lavorare (le scadenze se ne fregano del virus). Chi perde, domenica fa da servant alle altre. Mi sembra un buon deterrente.

Dopo il brunch (non è che mi dispiace, questa soluzione di dormire fino alle undici e fare il brunch, anche perché a dirla tutta anche solo l’odore del riso con le verdure comincia a darmi la nausea), dopo il brunch dicevo inizia la maratona Monopoli, con annesse incazzature per altro, poi si passa a Cluedo, breve giro di carte. 
Saltano sul letto e giocano a palla, vietato farla cadere. Seguono gridolini di gioia e improperi sparsi.

Merenda. Tagliuzzo delle verdure (sedano e ravanelli). Le appendici sgranocchiano e cominciano a risentire dell’astinenza.
Cluedo, Monopoli, carte. Chissà perché snobbano Pictionary. 

Faccio la mia sessione di HotelFit in streaming, ma nessuna di loro vuole partecipare. Preferiscono saltare sul letto.

- Ma tu mamma quando non c’erano i telefonini cosa facevi?
(Io non me lo ricordo cosa facevo. Leggevo? Mi ricordo che leggevo un sacco. E poi?  guardavo la TV? Mica tanto, al massimo un’ora al giorno. Disegnavo, forse. A carte no, non ci giocavo. Ho imparato all’università da quell’animale da bisca della mia compagna di appartamento, perché a casa mia le carte erano vietate, un gioco da bar, che orrore). 
Tutte e tre spalmate tra divano e poltrone, chi a gambe distese, chi a testa in giù, chi appallottolata come un gatto, sono palesemente annoiate. 
TheBrain ne ha approfittato per schiacciare un pisolino, il che ha provocato le ire di TheBody, che ritiene scorretto far passare il tempo dormendo, dato che è più facile non usare il computer, se dormi. TheVoice cerca di mantenersi neutrale e tace. 

E qui si vedono le dinamiche di gruppo. Alleanze, attacchi, difese, vittimismo sparso, sarcasmo a mucchi, offese, pianti, accuse, ritrattazioni, ritirate, non ci sono sbattimenti di porte ma solo in virtù della mancanza di porte, a esclusione di quella del bagno che però non chiude bene, e non dà soddisfazione, a sbatterla.
Oh, un bel litigio di quelli che facevo io con le mie sorelle. Ecco cosa facevo, quando non c’erano i telefonini.

La canzone del giorno: Gloria Gaynor, I will survive


La frase del giorno: Sai quella legend che dice che quando ti piace qualcuno le cose nere degli occhi diventano più grandi? Ecco, adesso sono piccolissime.

lunedì 16 marzo 2020

Cronache dalla quarantena - Giorno 10

Uno pensa che ormai è quasi fatta, e mentalmente è preparato al fatto che manca poco, che ormai è quasi finita, 10 su quattordici sono andati. E poi ti fai i calcoli e mancano ancora 5 notti, e 5 giorni, a fare 14, e sembra che i conti non tornino. 
Un po’ come quando si parlava della fine del millennio, era tra il 1999 e il 2000 o tra il 2000 e il 2001? Robe che ci si menava, eh. L’anno zero conta? Come conta? 
Adesso invece conta di più il paziente zero. 

La mattina comincia con una videochiamata di Andrea, amica superfit che abita nel mio stesso compound (vi parlerò del mio compound, prima o poi), che alle 8:50 mi chiede notizie della mia quarantena. Rispondo che non ho avuto tempo neanche di una “ravviata”, lavarmi figuriamoci, vestirmi non se ne parla, ho la faccia imbogonà e d’altra parte oggi per carità divina ho dormito fino alle 7:40 esatte, e presa dall’entusiasmo sono rimasta nel letto. Chissà cosa avrà pensato Andrea, bionda germanica piena di energia, della sottoscritta appena sveglia che combatte coi capelli a carciofo.

Cosa si diceva dell’abbruttimento in cui si cade durante la quarantena? Eccola qua.
Ma poi, mica mi trucco, qui dentro. Alla faccia del “devi essere bella per te stessa”. (Chi l’ha detta sta panzana). In verità i trucchi ce li ho anche, ma ho dimenticato lo struccante, quindi in ogni caso no, niente trucco.
E comunque, ve lo dico dall’alto dell’esperienza dei miei 10 giorni di isolamento, a voi principianti - che vi potete concedere il lusso, tra l’altro, di portare fuori il cane (so di gente disposta a condividere un monolocale con un alano adottato all’uopo), questa cosa che si sta in casa, da soli o adiacenti che sia, per tutto il giorno e tutta la notte non c’è trucco che vi farà migliori di quello che siete: questa situazione vi mette a nudo, vi mostrerete così come siete, senza infingimenti, senza veli. E non sto parlando dei vestiti.

E a tale proposito, mentre guardavo le impostazioni di privacy di Facebook (va bene la nudità, interiore s’intende, ma ci sono anche dei limiti), scopro una funzione che permette di scegliere cosa fare del tuo account “dopo la tua scomparsa” (cit).
Cioè, che faccio, mi scrivo l’elogio funebre e lo posto a scadenza? 
Scelgo di eliminare l’account o di farlo commemorativo? E com’è la commemorazione? Tipo piena di fiori e listata di nero? Vorrei una cosa elegante, eh, non pacchiana, e non sentitevi in dovere di dire qualcosa, per carità. La gente dice un sacco di falsità, dei morti. Ci posso mettere la musica? Che quella l’ho già scelta da mo’.

Comunque, per adesso sto bene, eh. 36.0 la mia temperatura di oggi.

La citazione del giorno: “Niente è più facile che sopportare con forza d'animo le sventure altrui” (Somerset Maugham, Il filo del rasoio)


La canzone del giorno: Shaun Davey, Hear me

domenica 15 marzo 2020

Cronache dalla quarantena - Giorno 9

L’allenamento di ieri deve aver prodotto dei risultati, perché mi sveglio che sono già le 7 e 21. 
Ma anche a voi capita che scorrete le immagini di Instagram e vi fanno la pubblicità del kit di handcraft? ricamo, pittura, maglia… Mai visti tanti bricolage com durante questa quarantena. 
Stamattina ho sentito il tin dell’ascensore, saranno state le 8 e 13, e poi un rumore come di aspirapolvere. Incuriosita, apro la porta e vedo l’Astronauta Disinfettante (noi qui abbiamo l’Astronauta Fattorino che porta il cibo, l’Astronauta Netturbino che porta via la monnezza, l’Astronauta Infermiere che ti chiede la temperatura e l’Astronauta Disinfettante, appunto, che spruzza tutto il corridoio con una botticella appesa sulla schiena e lascia un rivolo bagnato che viene assorbito dalla moquette. Mi ritiro quasi subito, l’odore penetra nei polmoni e se poi tossisco sai mai che mi prelevino per accertamenti. Provo a guardare fuori dallo spioncino, ma è tutto bagnato e non si vede niente se non un’ombra offuscata e deformata dal vetro sporco.

Temperatura di stamattina: 35.9, 36.0, 36.4, 36.8. 

TheBody è accigliata. Accigliata è un eufemismo, non so se si è capito. Non c’è più pane e non trova niente che possa piacerle per la colazione. Non lo yogurt alla fragola, non quello alle bacche di goji (e vabbè, lì le do anche ragione), non le banane né i biscotti secchi su cui spalmo generose quantità di crema gianduia Pernigotti, che sta quasi per finire per inciso, non altri biscotti, non il tè Lipton etichetta gialla né il succo di arancia. Latte non ne abbiamo, che poi non avendo il frigo ci fa delle colture di muffa da far invidia al CNR. Ma non è che sia colpa della quarantena. Anzi, mi ero quasi dimenticata che è così quasi tutte le mattine. 

In breve. La prima notizia di oggi è che mi hanno recapitato il laptop dell’ufficio. La solerte collega Olga fa di tutto per mettermi nelle condizioni di lavorare bene. O forse di lavorare tout court. Non ho più scuse.

La seconda notizia è che per la prima volta abbiamo barato e consegnato i dati della temperatura della mattina come se fossero quelli del pomeriggio. Sono trasgressioni.

La terza notizia è che ho messo la portable gym, sotto forma di uno stair stepper, si chiama così quell’attrezzo dove ti metti in piedi e fai le scale da fermo, questo attrezzo, dicevo, che mi ha portato Ioana l’altro giorno insieme con un tappetino da yoga, l’ho messo davanti alla finestra, e ho guardato fuori e ho visto un airone bianco e due uccelli neri e bianchi e anche un cane che annusava per terra, e qualche macchina sul cavalcavia là in fondo, e ho pensato che c’è vita, là fuori. 
Che magari ce lo dimentichiamo, ci sentiamo come in un film di internati, che non sai niente di quello che succede fuori, e se lo sai ti sembra che non ti riguardi, come se le cose che succedono non potessero toccarti, e certe volte addirittura pensi che non succeda niente, fuori, che il mondo si fermi intorno, che la gente abbia smesso di mangiare bere camminare baciarsi lavorare, tutti immobili come nell’incantesimo della Bella Addormentata. Solo che qui a svegliarti ci pensa l’Astronauta Fattorino che ti porta l’orrida colazione.


La citazione di oggi: “Può darsi che avere in mano il simbolo della propria libertà dia una felicità superiore a quella di possedere la libertà vera” (Haruki Murakami, Kafka sulla spiaggia.

La canzone di oggi: David Gilmour, High hopes


La frase di oggi: Oggi ho uno Zoom Meeting con la Chinese class alle tre. Ma devo essere fashionably late.

sabato 14 marzo 2020

Cronache dalla quarantena - Giorno 8

Mi sveglio alle 6:18, al rumore della cascata. Decido che è troppo presto, e mi impongo di dormire ancora un po’. Funziona. Vedi alle volte, a essere imperativi. Mi sveglio di nuovo alle 7:37. Cincischio un po’ immaginando la vita fuori dalle tende chiuse, e sono già le 8:19. Mi suona la sveglia.
Perché, vi ricordate lo schema delle attività, il timetable, quella cosa che serve a dare un ritmo alla nostra giornata? Ecco, quello prevede la sveglia alle 8:19.

Mi alzo, preparo un po’ di colazione, sveglio TheBody, ci prendiamo la temperatura, telefono alle due appendici fuori sede. 
In bagno sono perversamente attratta dalla bilancia. Perché un hotel mette una bilancia in camera? Che bisogno c’è. Una settimana di riso al vapore e verdure cotte, e non ho perso neanche mezzo chilo.
Mi faccio il caffè nespresso lungo doppio, ci mangio quattro gran cereale al cioccolato e mi sento già meglio. Alla faccia della bilancia.
Lavoro bene e mi sento produttiva. Ho 88 email della scuola da smaltire. Ok, ho trascurato un po’ il topic, recentemente, ma ne arrivano una media di cinque al giorno, per ognuna, cercate di capire.
Le appendici fanno i compiti senza bisticciare. Saltiamo praticamente il pranzo. Io continuo a lavorare e loro giocano a Cluedo. 
Alle 5 e qualcosa mi addormento e dormo per un’ora, variamente interrotta da rumori, luci, voci. Mi sveglio un po’ incazzata, ma l’umore migliora alle 6:25, quando arriva la cena: un hamburger con patatine fritte per TheVoice, pasticcio ovvero lasagne per TheBody, insalata di mango e avocado per TheBrain e me. Ci va di lusso. 

Alle 8:45 faccio una sessione di homefit, il nuovo trend del workout da casa. Il mio è ovviamente un Hotelfit, lo spazio è anche ridotto ma me lo faccio andare bene. In pratica, ti colleghi tramite zoom e fai una video chiamata, con il coach che ti dice alza la testa abbassa il sedere muovi il bacino tieni le gambe dritte, il tutto in diretta streaming per chi non può andare in palestra. Mi sa che tra un po’ viene di moda anche lì da voi.

Le appendici non vogliono stare tutte insieme nel lettone a parlare, stasera. Quando vado a letto, mi viene un po’ di malinconia. Lo so che siamo stanche. Sono stanca. So che dovrei essere più partecipe, stare di più con loro, intendo fare cose insieme, parlare, giocare, ma quando mi stacco dal computer ho solo voglia di stare da sola, leggere, riposare il cervello, non sentire più niente. Mi sforzo di pensare alle cose belle della giornata, e già il fatto che non sia successo niente di negativo è di per sé positivo, ma mi sento una mosca nel bicchiere. 
Il tempo mi scivola addosso e mi sembra di sprecarlo.

La citazione del giorno: “E fieramente mi si stringe il core, /A pensar come tutto al mondo passa, /E quasi orma non lascia”. (Giacomo Leopardi)


La canzone del giorno: Lukas Graham, 7 years

venerdì 13 marzo 2020

Cronache dalla Quarantena - Giorno 7

Il settimo giorno. Pare il titolo di un film de paura.

Mi sveglio alle 6:28. E niente, 4 ore di sonno. Sarà che sto sempre seduta/sdraiata? A fine giornata il mio Garmin segna 2042 passi, dove li avrò mai fatti. Ah sì, c’è quella portable gym che mi ha portato (appunto) Ioana, ci sono salita su per 5 minuti e 44 secondi.
Me la prendo con calma. Doccia, stretching, i soliti mille messaggi.
Orrida colazione sulla maniglia, temperatura (36.5, 36.0, 35.9, 35.5), colazione vera intorno alle 10, prima delle 10:30 non si lavora. Dov’è finita la nostra routine? Lo schemino di attività? E io lo sapevo che no l’avremmo seguito, quegli schemi lì servono per toglierti il senso di colpa subito e fartelo venire dopo.

Arriva il pacco richiesto con un po’ di verdura (un peperone per TheVoice, carote e cetrioli), pane formaggio e salame, e mentre scarto una sottiletta per preparare i panini alle appendici che pigolano sempre più piano, mi attardo a pensare alla situazione di altri “internati” come me, in diversi alberghi della città, a chi è da solo, senza sentire voci per tutto il giorno, sotto le coperte nel letto con la sola compagnia di un libro, magari senza collegamento internet e mi dico che culo quelli lì, pensa a me, tortura cinese, farmi stare in 30 metri quadrati con 3 Appendici per 15 giorni! Haha, scherzo eh. 
So che ci sono persone che non possono ricevere nulla dall’esterno, neanche l’acqua, neanche una stufetta per scaldarsi che non c’è il riscaldamento. 
Penso che in fondo siamo fortunate. Siamo insieme, non ci manca niente, dormiamo, lavoriamo e studiamo, giochiamo anche, e insomma, c’è di peggio.

E adesso che non sta neanche succedendo più niente stiamo sperimentando il privilegio della noia. Non guardiamo neanche più fuori dalla finestra, sarà inconscia autodifesa. Il passo successivo sarebbe l’ozio. Non fare niente e non sentirsi in colpa. Pensare, al limite. Ma ormai, temo, non ne siamo più capaci. E poi c’è Netflix.

Verso mezzanotte al vicino gli si inceppa lo sciacquone. Come fa a non accorgersi del casino… forse non può farci niente. Le tubature cinesi sono tortuose. 
Leggo ancora un po’, all’una e mezza spengo la luce e mi addormento al rumore di una cascata.

La citazione del giorno: “Come farti capire che c'è sempre tempo?/[…]Che sarebbe meglio costruire ponti,/ Che su di essi si va all'altro lato e si torna anche,/ Che ritornare non implica retrocedere, /Che retrocedere può essere anche avanzare,/ Come farti sapere che nessuno stabilisce norme salvo la vita?/ Come farti sapere che c'è sempre tempo?” (Mario Benedetti)

La canzone del giorno: The bare necessities (Phil Harris)


La frase del giorno: Io parlo in fretta sennò tutti mi interrompono. Poi però mi interrompono per dire “Cosa?”. Ma non so, io capisco benissimo quello che sto dicendo.

giovedì 12 marzo 2020

Cronache dalla Quarantena - Giorno 6

Il telefono non suona. Non sento bussare alla porta per l’orrida colazione. Mi sveglio, dopo cinque ore di sonno, da sola. Ma porc… Starò mica invecchiando? Che i vecchi, si dice, dormono poco. E’ che ieri sera mi sono intrippata a leggere questo libro, I leoni di Sicilia, e non riesco a smettere.

Non voglio svegliare TheBody, che dorme pacifica nel letto insieme a me.
Scrivo un po’, controllo i messaggi, sono già le otto e mezza. Sento un rumore fuori dalla porta, sembra che stiano passando l’aspirapolvere invece stanno disinfettando, l’astronauta spruzza i corridoi, porte e pareti e pavimenti moquettati, che sembra Libero con il ramato in quel film di Pieraccioni. 

Sveglio le appendici, preparo la colazione (si fa per dire…), poi passa la dottoressa per la temperatura. 35.5, 36.1, 35.6, 36.2. Stiamo ancora bene.
Non succede niente. A parte che mi rendo conto di essere in ritardassimo con le scadenze, dobbiamo pubblicare domani e non so ancora cosa. Questa quarantena mi confonde, non so più che giorno è, mi sembra di avere un sacco di tempo e invece il tempo passa uguale. 
Mi concentro, lavoro fino alle 13:00, non sento neanche quando bussano alla porta per il pranzo. Mangiamo, riprendo a lavorare mentre le appendici giocano a Monopoli, TheBody stila un elenco di attività casalinghe dalle quali vorrebbe guadagnare un po’ di remimbi (60 al giorno, secondo il suo personalissimo progetto).
Più tardi, quando assegno i soldi a ciascuna attività (apparecchiare, sparecchiare - che vale di più - rifare il letto, piegare la biancheria) lei sta zitta, mi guarda accigliata, segna sul quaderno. Poi dichiara: “Mamma, hai messed up tutto il mio budget”.

Per cena ci portano il solito riso con le verdure e il pollo. Siccome sono le sei e sto ancora lavorando, le confezioni restano lì impilate nei loro sacchetti, il vapore si condensa sui coperchi di plastica. Verso le otto ci portano dei sandwich, dei panini con l’insalata e la frittata. Forse si sono accorti che non mangiamo. I succhi di melagrana che ci sono nei sacchetti si rivelano essere yogurt al Goji. Sono sempre più colpita dalla simpatia (in senso etimologico) delle persone intorno. Non so chi abbia mandato questo sacchetto, e lo vorrei ringraziare, ma il corridoio è già vuoto.

E’ già tardi quando ci ritroviamo sul letto, tutte e quattro assieme, e ridiamo stringendoci, sormontandoci, annusandoci e pestandoci addosso, ed e’ il momento più bello della giornata.

La citazione del giorno: “Passa il tempo… eppure è come in treno. Passiamo noi, non il tempo, paesaggio vano che nel vetro al sol si schiara e al gelo viene meno.” (Reiner Maria Rilke)

La canzone del giorno: Metallica, Nothing else matters.

mercoledì 11 marzo 2020

Cornache dalla Quarantena - Giorno 5

Oggi e’ domenica*. La cosa non turba minimamente la dottoressa, che avendo trovato il telefono staccato (che geniale trovata), alle 8:13 sta battendo preoccupata alla porta nel tentativo di comunicarci che ci chiederà la temperatura alle 9:00. E niente, mi alzo, infilo una felpa, ché non sta bene aprire la porta in déshabillé. Lei guarda la mia faccia, devia lo sguardo sui capelli, e poi mi dice: “facciamo le 10?”. Certo sì, facciamo alle 10.
Oggi e’ domenica (l’ho già detto?) e non abbiamo niente da fare. La cosa, secondo alcuni recenti studi, parrebbe essere foriera di creatività, ma temo che l’unica attività che faremo sarà leggere (io) e guardare Netflix (le appendici). Poco male, a volte va bene anche così.
Facciamo colazione con i biscotti Grancereale al cioccolato (dovrebbero scriverlo sulla confezione che creano dipendenza), il caffè nespresso, succo d’arancia, pane e crema gianduia Pernigotti. 
Dopo colazione, restiamo così, senza fare niente, a guardarci un po’, a parlare un po’, forse assonnate, forse un po’ stufe. Stiamo passando la fase critica tipo settimo anno di matrimonio.
Ci facciamo dei selfie, cerco di rallegrare la truppa ma non sono brava a cantare e le appendici non apprezzano. “Sei imbarazzante”, mi dicono. Per una volta sono tutte e tre d’accordo.
Mi telefona il console, venuto “di persona pirsonalmente” all’hotel dove ovviamente non lo fanno entrare. Lo rassicuro sulla nostra salute fisica e mentale. E’ l’unico momento significativo della giornata (fate un po’ voi).
Mangiamo svogliatamente poche bacchettate (direi forchettate ma usiamo le bacchette) di riso e verdure, ma non abbiamo appetito. Magari una parmigiana di melanzane ce lo farebbe venire, ma non siamo nel caso.
Ah già, la temperatura. 35.7, 36.5, 36.7, 36.1. Nessun sintomo, per la cronaca.
Il pomeriggio scorre lento su letto e divano, con l’unica eccezione della sessione streaming di HomeFit (35 minuti), ed è già ora di cena. Cioè sono le 18:03.
Anche stasera non c’è molto appetito. Mi preoccuperei di questa inappetenza, se non fosse che abbiamo sgranocchiato mandorle e biscotti tutto il pomeriggio.
L’evento straordinario arriva piuttosto tardi, quando ormai penso che non avro' niente da raccontare: sono passate le 9:43 quando un’astronauta (con l’apostrofo, trattasi di donna) ci bussa alla porta e scarica in stanza 4 casse di mele e 4 sacchetti contenenti frutta secca, tè, caffè solubile, altri cibi non ben identificati, un panda di peluche, un libretto su Shanghai e un garofano rosso.
C’è un biglietto che accompagna il dono. Con su scritto, in cinese e in inglese:
My dear Friend,
The inconvenience of the time being
It is for the health of you, of me, of everybody.
So, thank you for everything!
Quarantine against virus is not isolation of warm hearts.
We are right here with you,
Because we know, warm hearts WARM hearts.
(Shanghai People Association for Friendship with Foreign Countries, Pudong New Area New Social Stratum Association) 
La canzone del giorno: Dean Martin, That’s Amore
La frase del giorno: Mamma mia, ma tu puzzi! Annusa le ascelle… Ah no, sono io.


*Le cronache sono pubblicate con un paio di giorni di ritardo. Ma non è che cambia tanto eh.

martedì 10 marzo 2020

Cronache dalla Quarantena - Giorno 4

Niente da fare, qui siamo a meta’ strada tra una prigione e un ospedale. Il telefono suona alle 7:23, la dottoressa, o infermiera che sia, mi comunica che alle nove viene a prendere la temperatura. Lo so già. Ma, vorrei dirle, neanche per andare al Panda d’oro mi ci vuole un’ora e mezza per prepararmi. Qui se ci laviamo le ascelle e’ già una conquista. 3.7 minuti e siamo pronte.

Torno a letto, che nella stanza nuova il telefono non sta neanche sul comodino, sta sulla scrivania e mi tocca gattonare fino la’ per farlo smettere di suonare.
Che poi, la dottoressa, o infermiera che sia, e’ molto carina. Dopo due giorni che mi chiedeva la temperatura di “you - the elder - the second - the younger” mi ha chiesto come ci chiamiamo. Sta cercando di imparare a pronunciare i nostri nomi, e si capisce che  fa uno sforzo enorme, ché per i cinesi certi suoni son difficili. La sento che ripete il nome di TheBody mentre si allontana nel corridoio. Io il suo me lo sono scordato 6 secondi dopo che me l’ha detto. Chiamatemi Dory.
Comunque, 35.5, 36.0, 36.3, 36.9. 

Oggi e’ sabato e le tre Appendici vogliono dormire. Mi rimprovero di non aver fatto il programma anche per il weekend, qui rischiamo di ciondolare tutto il giorno tra il divano e il letto. Il fatto che ci siano solo il divano e il letto non e’ una scusante.
Mi metto alla scrivania e lavoro un po’, quando mi giro TheBrain sta dormendo, TheVoice disegna e TheBody cammina per la stanza con le cuffie e l’iPad, ogni tanto dà un calcio alla palla.

Dopo pranzo (quel riso cinese con le verdure non e’ poi male) ci rilassiamo un po’: il che significa che io cerco di leggere ma sono costantemente distratta da milioni di messaggi e loro si attaccano a Netflix. 

Alle 3:55 c’è un’altra consegna. L’amica Ioana mi manda un sacchetto con una “portable gym”. Dicesi portable gym un tappetino da yoga corredato da un aggeggio che se ci sali sopra puoi fingere di fare le scale, solo che fai più fatica. 
Adesso non ho neanche più una scusa. Che culo.
A proposito, chiedo ripetutamente al manager dell’albergo una sostanza per sturare il cesso, un liquido disgorgante, delle pastiglie effervescenti, un’euchessina, ma quelli mi mandano solo dei batuffoli di cotone disinfettanti. Devo avere dei problemi di comunicazione.
All’ennesimo sollecito, mi dicono che devo cambiare camera. Ma e’ l’unica soluzione che sanno trovare? Tra l’altro, mi dicono che cambiamo dalla 402 alla 407, e teniamo la 401. Peccato che il cesso intasato sia nella 401. Faccio cortesemente presente la cosa. Passa mezz’ora di silenzio. Sentiamo il TIN dell’ascensore. Dopo un minuto, bussano alla porta.
L’uomo astronauta è lì davanti, deciso a entrare. 
Dietro alla mascherina, ha la faccia di quel marinaio del K-19 che deve andare nel reattore nucleare per salvare il sottomarino dall’esplosione.
Armeggia per meno di due minuti, e ha risolto. Chiede di lavarsi le mani e di avere un sacchetto di plastica in cui mi invita a mettere i suoi due telefoni, che subiranno un trattamento di disinfezione totale. Chissà se sopravviveranno.

Alle 18:00 inizia il workout in streaming. Costringo le Appendici a partecipare, pena il sequestro dei computer. Non se lo fanno ripetere. 35 minuti di ginnastica, quasi ci vuole la doccia (quasi, eh).

Alle 7:29 arrivano le pizze. Lo so perché il kuaidi mi chiede un codice per la consegna. Alle 7:44 non sono ancora arrivate in camera. Mi viene dapprima il sospetto che se le sia mangiate l’eroe della ventosa, poi il timore che aspetteranno a portarle su alla prima consegna disponibile, vale a dire le 7:30 di domani mattina, con l’orrida colazione. Invece, alle 7:53, il sacchetto e’ depositato alla porta.
Oggi è il nostro giorno fortunato.

La canzone del giorno: Francesco Guccini, Un altro giorno è andato

La frase del giorno: Posso andare in bagno? Prometto che non lo intaso.

lunedì 9 marzo 2020

Cronache dalla quarantena - Giorno 3

Il messaggio che ho mandato ieri al manager dell’hotel chiedendo di non essere svegliata alle 7:30 per l’orrida colazione ha forse sortito i suoi effetti: ci bussano alla porta, con meno veemenza, alle 8:13. Lo leggo sul mio Garmin inutile. Essendo che so che e’ l’orrida colazione mi concedo il lusso di girarmi dall’altra parte, che e’ quella dove c’e’ in carica il telefono. Mossa sbagliata. Ho l’istinto di prenderlo e leggere i messaggi. Rispondo. Quando riguardo l’orologio sono le 9:07. Ma si puo’ passare le ore cosi’?

Telefono alle ragazze: sono sicura che stiano ancora dormendo, per il fatto che non mi hanno chiesto cosa vogliono da Starbucks.
Ma oggi niente Starbucks, oggi si fa colazione con il caffe’ della macchina Nespresso (pubblicita’ progresso) che ci ha mandato la Keren. Aggiungo le gocciole dark (parliamone), pane nero e crema gianduia Pernigotti (no, non mi pagano. Ma mi aspetterei una fornitura a vita).

Alle 10:28 stiamo ancora ciondolando con lo spazzolino da denti in mano, che nel caso di specie non serve a spazzolare i denti ma a spalmare la crema gianduia Pernigotti sul pane nero. Dalla parte del manico. Com’era? Necessita’ aguzza l’ingegno, e qui niente posate. (Lo spazzolino, sia detto per gli schifiltosi, era confezionato nel suo sacchetto di plastica. Se mi ci lavo i denti ci potrò spalmare la crema, no?).
Visto che il tempo vola anche in quarantena, decidiamo di fare una schedule, un timing, come si chiama? Un programma dettagliato delle attività giornaliere.

Ore 8:00/9:00 sveglia (lo so, lo soooooo)
Ore 9:00/10:00 colazione e lavaggio sommario almeno delle ascelle e dei denti/cambio da pigiama a tuta (importante vestirsi). Chi vuole può perfino fare la doccia.
Ore 10:00/12:30 scuola/lavoro
Ore 12:30 pranzo
Ore 13:00 relax/lettura
Ore 13:30/16:30 scuola/lavoro
Ore 16:30/17:00 relax/workout
Ore 17:00/18:00 relax/gioco
Ore 18:00/19:30 relax/Netflix/youtube
Ore 19:30 cena
Ore 20:00/22:00 relax/Netflix/youtube (lo so, lo soooo. Venite voi a negoziare).
Vivo nella utopistica speranza che le aree relax si mescolino tra loro.

Comunque, a parte l’arrivo della macchina Nespresso, l’evento della giornata e’ stato l’otturamento contemporaneo dei cessi di entrambe le stanze. No, dico, ci vuole una certa capacita’, altro che China’s got talent. 
Segnalato il problema alle 2:53, non otteniamo risposta se non alle 4:57. 
La risposta e’ in realtà una domanda, perché mi chiedono in quale stanza si trovi il cesso bloccato. Entrambe due, vorrei dire citando il lessico famigliare, ma quando parlo italiano in presenza delle Tre Appendici devo essere corretta. Altro silenzio tombale che mi fa pensare che un’epidemia improvvisa possa aver sterminato tutti la’ fuori. Eh lo so, sono incline al catastrofismo.
Alle 8:27 faccio presente che il problema non e’ stato ancora risolto. Quale problema?, mi chiedono.
No, vabbè. 
Alle 9:27 (che precisione cronometrica) mi dicono che stanno cercando di risolvere, di non preoccuparmi. Me li vedo, vestiti da astronauti, a rompere lo stecchino e dare pacche sulle spalle a quello che ha pescato il più corto. 
Staranno facendo il brainstorming, come si stura un cesso senza entrare in una stanza? Sono questi i problemi che danno per entrare alla facoltà di ingegneria? 
Alle 10:58, quando TheBody si tiene le mani sulla cicci e dice che non ce la fa più, ci prospettano la soluzione di cambiare stanza.
Annùa? Ancora? No ma dico, uno sturacessi vecchio stampo da passarmi dalla porta no? Appena lo dico, sembra che le nubi si dissolvano, sento la voce del Divino che benedice la mortale intelligenza, poi più prosaicamente sento battere alla porta e l’uomo della luna mi passa l’agognato strumento.
Alle 11:16 uno dei due cessi e’ sturato. All’altro ci pensiamo domani.

La canzone del giorno: Jovanotti, Io penso positivo

La frase del giorno: Ho preso un 4 in humanities. Beh, dai, 4 e’ meglio di 2, no?