venerdì 20 marzo 2020

Cronache dalla Quarantena - Giorno 14

Esco domani.
Mi sveglio con questo pensiero, alle 7:50, quando battono alla porta per l’orrida colazione, dopo una notte irrequieta. Chiudo gli occhi due minuti e quando li riapro sono le 8:40. 
Controllo la posta, i messaggi, le notizie, lavoro (sconsigliabile, dal letto).
Quando TheBody si sveglia facciamo colazione, prendiamo la temperatura (36.5, 36.1). Guardo fuori dalla finestra. C’è un uccello sul ramo più alto dell’albero, sta lì fermo, a guardarsi intorno, gira ogni tanto la testolina con piccoli scatti. Aspetto per vedere se spicca il volo, ma no, sta fermo sul ramo.
TheBody prepara la valigia, con la mente è già fuori. Palleggia, saltella, fa corsa sul posto come se si stesse riscaldando per la partita. 
Io lavoro. 
La dottoressa gentile che cercava di imparare i nomi delle appendici è stata sostituita da due infermieri che passano una volta ciascuno e fotografano i numeri che io ho segnato sul foglio. Neanche la fatica di ricopiarli. 

Alle 11:13 arriva TheVoice, alle 11:27 TheBrain. Ci siamo tutte. 
Facciamo progetti per domani, ognuno dice la sua ma poi TheBrain definisce il programma, e quando TheBrain definisce un programma bisogna seguirlo alla lettera. Quindi domani colazione da Starbucks, poi a casa a disfare valigie, pranzo a casa, relax e poi ci prepariamo, ci vestiamo bene, no come qua in quarantena, e andiamo a mangiare da Seve. Ipse dixit.
Le valigie sono pronte davanti alla porta, compresa una recapitata dall’ingegnere che serve per metterci dentro tutte le cose che ci hanno portato. Solo la mia aspetta è ancora aperta in attesa dello spazzolino e della crema antirughe.

Mi rendo conto che davvero esco domani quando chiama la dottoressa per fare il controllo dei passaporti e preparare il foglio di “rilascio”. Ci serve un documento che attesti che abbiamo fatto la quarantena, con quello possiamo rientrare nel nostro compound, e dovrò mostrarlo anche per tornare in ufficio, o andare dal dentista, o fare altre cose che richiedano una distanza ravvicinata, tipo andare dal parrucchiere. Ecco, questa sarebbe una attività urgente che non ho inserito nel programma di domani.

Chissà come sarà, domani. Perché esco, domani. Mi sento come quell’uccello sul ramo più alto, che si guarda intorno e aspetta di volare via.

La citazione del giorno: Libertà vo cercando ch’è sì cara/ come sa chi per lei vita rifiuta (Dante, Inferno)

La canzone del giorno: Erik Grönwall, Higher

giovedì 19 marzo 2020

Cronache dalla quarantena - Giorno 13

Giorno tredici. Serpeggia una certa sensazione di provvisorietà. Sarà l’emozione della quasi fine, ma stamattina TheBody non riesce a dormire e si premura di farmelo sapere alle 5:45. Cerco di dormire ancora, ma lei me lo ripete ancora alle 6:32. Le sono grata per queste intime confessioni, purtuttavia preferirei che mi parlasse che so, della sua cotta per Kail, magari in un orario compreso tra le 10:30 e le 21:00. 
Si riaddormenta alle 7:13 ma io ormai sono sveglia. Mi trasferisco sul divano per evitare di svegliarla, lavoro, ascolto i rumori del corridoio. Voci sparse, Tin, disinfettante, Toc Toc orrida colazione, silenzio.

E’ lunedì, un lunedì lavorativo per me, vacanziero per le appendici. Le lascio dormire, almeno non stanno al computer e io mi concentro sul mio lavoro. Alle 11:03 arrivano quasi in simultanea le due appendici distaccate e il pranzo. E niente, proprio non ce la faccio a mangiare il pranzo in scatola, mi dà la nausea solo l’odore. Mi preparo un caffè, biscotti simil gocciole (questo si trova qua), fragole. 

Lavoro. Mi sento frustrata perché la scadenza di domani salterà. E’ la prima volta che succede in un anno e mezzo, e mi rendo conto che la situazione dell’ultimo mese è stata difficile e del tutto straordinaria, ma mi sento anche di non aver lavorato in maniera efficace. Se i collaboratori non collaborano, la responsabilità è anche mia. 

Mi faccio un panino con la Nutella, che ha sostituito il barattolo vuoto di crema gianduia Pernigotti.

Non succede niente. Ma proprio niente. Non sono dell’umore di disincastrare le appendici incastonate sul divano a guardare Mamma Mia.
Cantano, loro, tutte le canzoni del film. Ma quante ce ne sono? Non c’è una conversazione che duri più di tre minuti, poi parte la musica.
Leggo le notizie, c’è il virus dappertutto, non si parla d’altro. Leggo e mi sembra che ci sia una dilagante follia collettiva. 
Mi arrabbio al pensiero di gente egoista che non prende sul serio l’isolamento. Anche qui, eh, ci sono i furbi che vogliono tornare ma fanno di tutto per evitare la quarantena.
Sarà che io mi sto facendo il mazzo a stare chiusa qui dentro, con l’odore del pranzo che mi si appiccica addosso, la moquette zozza, il cibo accatastato, due adolescenti in pieno trionfo ormonale e una perennemente incazzata, ma il pensiero di uscire e poter correre anche il minimo pericolo perché qualche pirla ha fatto il furbo mi fa girare vorticosamente le palle. 
Quindi per cortesia, chi non è disposto a farsi la quarantena se ne resti dov’è, in Italia, Francia, Spagna, Germania o Vattelapesca. 

Per cena ordiniamo ravioli, spaghetti e hamburger. Non abituatevi, appendici, che quando si torna a casa si mangia tutti la stessa cosa. Mi sento stanca.
Faccio una sessione di Homefit in streaming, almeno mi distraggo un po’ e sfogo la tensione che mi si sta accumulando dietro la scapola sinistra. La doccia successiva dura 20 minuti, ma mi sembra di non riuscire a togliermi di dosso uno strato appiccicoso. Ci vuole uno scrub.

La citazione di oggi: “Tutti sanno sempre cos'è la verità, come se la verità fosse carta igienica o qualcosa di cui hanno una provvista nella dispensa. Man mano che cresci, capisci che non esiste la verità. Esistono solo le stronzate, stratificate. Uno strato di stronzate sopra un altro. E quello che fai nella vita una volta cresciuto è solo la scelta dello strato di stronzate che preferisci che diventino le tue stronzate. Ecco. Capito?” (Dustin Hoffman, Eroe per caso)

La canzone di oggi: Rudimental, These days

mercoledì 18 marzo 2020

Cronache dalla quarantena - Giorno 12


Un’altra domenica.
E niente, oggi non devo lavorare quindi siamo libere di condividere la noia.
Per evitare di essere preda di Netflix per 12 ore consecutive, anche perché personalmente non ne posso più di computer e telefono, decidiamo in maniera quasi unilaterale (plurale majestatis) di fare 45 minuti di computer/iPad e 45 minuti di “altro” non meglio specificato. Dopo breve petizione, i minuti sono estesi a 50 così TheVoice riesce a vedere una puntata intera di Strange things.

Quindi dopo il brunch (ci sto prendendo gusto) giochiamo a Cluedo, versione portatile regalo dell’amica Ale, scritto così piccolo che ogni volta devo togliermi gli occhiali per leggere la cartina e rimetterli per vedere la scacchiera. Questa cosa un po’ mi fa ridere (metti togli metti togli), un po’ non tanto, e poi comunque vince sempre TheBrain, non ci si diverte neanche più. 
Poi libere di guardare dispositivi elettronici (pochi messaggi in quest’ora, solo 46, quasi mi sento abbandonata), poi altro round di giochi a carte, TheBody che si altera perché TheVoice canticchia in continuazione (stiamo diventando intolleranti), TheVoice che si innervosisce perché TheBody le fa il verso e però non canta correttamente (stiamo diventando anche suscettibili), poi ancora Netflix/youtube/telefono (ora di pace e silenzio assoluto), in loop. 

Ma anche voi non riuscite a staccarli dal computer, sti ragazzi? Che ne è dei puzzle infiniti delle giornate d’inverno, dei libri, delle costruzioni con i lego, dei diari segreti? Non ci sono più i diari segreti, quelli dove disegnavi e scrivevi e ci mettevi il lucchetto che in verità non era neanche così facile da aprire e se perdevi la chiave capace che non lo potevi usare più? 

Ma poi, devo essere onesta. Anche io, che ho bisogno di tranquillità, di silenzio, di solitudine, tutto sommato non è che sono così dispiaciuta che se ne stiano buone a guardare tutta la tredicesima stagione di Gray’s Anatomy o i video deficienti di TikTok e youtube, purché non mi bisticcino nelle orecchie o non corrano per la stanza rischiando per altro di fratturarsi la fronte sull’angolo del comodino. 
Cerco di parlare un po’, ma se in tempi normali le reazioni sono piuttosto tiepide, in tempi di virus non si sa bene di cosa parlare, se non di virus, il che francamente ci deprime un po’.
E d’altra parte, non c’è neanche più il rito del pranzo ad agevolare la conversazione, mangiamo in vaschette di plastica, se va bene, sedute sul divano, come certe figure di depressi cronici di certi film americani, e non posso mica chiedere, mentre spostiamo di lato il riso bollito con le verdure e togliamo dalla confezione di plastica una preziosissima fetta di salame per poi addentare un panino asciutto, che ci devi bere dietro una bottiglia intera di acqua, non posso mica chiedere “Cosa avete fatto oggi?”, che mi prendono per deficiente.

Comunque, la notizia vera è che forse (forse) riaprono le scuole ai primi di aprile. Ci danno 3 settimane di preavviso, di cui una di vacanza che dovrebbe agevolare il rientro delle famiglie a Shanghai e contemporaneamente sostituire/anticipare lo spring break, che cade appunto per Pasqua, per evitare la possibilità che, non appena tornati al campus, si debba stare di nuovo a casa.. 
Detta settimana di vacanza sostitutiva anticipata è la prossima.
Prevedo serissime difficoltà di concentrazione nei giorni di lunedì e martedì, o in alternativa utilizzo massivo di Netflix.

La canzone di oggi: Vasco Rossi, La noia

La frase di oggi: Ma nell’ora che non guardiamo Netflix dobbiamo per forza fare qualcosa insieme?

martedì 17 marzo 2020

Cronache dalla quarantena - Giorno 11

Sabato, pigrizia, sonno.
Dormo fino alle 8:30, TheBody accanto a me ronfa fino alle 10:55, le appendici in sede distaccata citofonano alle 11:30. Se vi state chiedendo se c’è qualcosa sotto, la risposta è sì.
Ieri sera c’è stata una breve discussione (breve per i canoni della quarantena dove il tempo si dilata all’infinito). TheBody, un po’ per gioco, provoca: 
- Scommetto che non siete capaci di stare neanche un’ora senza telefono.
- Parli tu che sei sempre attaccata all’iPad, replica TheBrain. 
- Sì ma io non ho il telefono
- Beh io ce l’ho ma non lo guardo mai il telefono, si inalbera TheVoice.

E niente, vi risparmio il resto anche perché quando bisticciano shiftano all’inglese e parlano così veloci che non ci sto dietro neanche volendo, figuriamoci quando non ho voglia.
Comunque il risultato della discussione è una challenge 1 day no computer.
Adesso si capisce perché han dormito fino a mezzogiorno.
Sospetto, per altro, che abbiano finito tutte le stagioni delle loro serie preferite nei giorni precedenti.
E quindi oggi niente computer, niente iPad, niente telefoni. Per loro, ché io devo lavorare (le scadenze se ne fregano del virus). Chi perde, domenica fa da servant alle altre. Mi sembra un buon deterrente.

Dopo il brunch (non è che mi dispiace, questa soluzione di dormire fino alle undici e fare il brunch, anche perché a dirla tutta anche solo l’odore del riso con le verdure comincia a darmi la nausea), dopo il brunch dicevo inizia la maratona Monopoli, con annesse incazzature per altro, poi si passa a Cluedo, breve giro di carte. 
Saltano sul letto e giocano a palla, vietato farla cadere. Seguono gridolini di gioia e improperi sparsi.

Merenda. Tagliuzzo delle verdure (sedano e ravanelli). Le appendici sgranocchiano e cominciano a risentire dell’astinenza.
Cluedo, Monopoli, carte. Chissà perché snobbano Pictionary. 

Faccio la mia sessione di HotelFit in streaming, ma nessuna di loro vuole partecipare. Preferiscono saltare sul letto.

- Ma tu mamma quando non c’erano i telefonini cosa facevi?
(Io non me lo ricordo cosa facevo. Leggevo? Mi ricordo che leggevo un sacco. E poi?  guardavo la TV? Mica tanto, al massimo un’ora al giorno. Disegnavo, forse. A carte no, non ci giocavo. Ho imparato all’università da quell’animale da bisca della mia compagna di appartamento, perché a casa mia le carte erano vietate, un gioco da bar, che orrore). 
Tutte e tre spalmate tra divano e poltrone, chi a gambe distese, chi a testa in giù, chi appallottolata come un gatto, sono palesemente annoiate. 
TheBrain ne ha approfittato per schiacciare un pisolino, il che ha provocato le ire di TheBody, che ritiene scorretto far passare il tempo dormendo, dato che è più facile non usare il computer, se dormi. TheVoice cerca di mantenersi neutrale e tace. 

E qui si vedono le dinamiche di gruppo. Alleanze, attacchi, difese, vittimismo sparso, sarcasmo a mucchi, offese, pianti, accuse, ritrattazioni, ritirate, non ci sono sbattimenti di porte ma solo in virtù della mancanza di porte, a esclusione di quella del bagno che però non chiude bene, e non dà soddisfazione, a sbatterla.
Oh, un bel litigio di quelli che facevo io con le mie sorelle. Ecco cosa facevo, quando non c’erano i telefonini.

La canzone del giorno: Gloria Gaynor, I will survive


La frase del giorno: Sai quella legend che dice che quando ti piace qualcuno le cose nere degli occhi diventano più grandi? Ecco, adesso sono piccolissime.

lunedì 16 marzo 2020

Cronache dalla quarantena - Giorno 10

Uno pensa che ormai è quasi fatta, e mentalmente è preparato al fatto che manca poco, che ormai è quasi finita, 10 su quattordici sono andati. E poi ti fai i calcoli e mancano ancora 5 notti, e 5 giorni, a fare 14, e sembra che i conti non tornino. 
Un po’ come quando si parlava della fine del millennio, era tra il 1999 e il 2000 o tra il 2000 e il 2001? Robe che ci si menava, eh. L’anno zero conta? Come conta? 
Adesso invece conta di più il paziente zero. 

La mattina comincia con una videochiamata di Andrea, amica superfit che abita nel mio stesso compound (vi parlerò del mio compound, prima o poi), che alle 8:50 mi chiede notizie della mia quarantena. Rispondo che non ho avuto tempo neanche di una “ravviata”, lavarmi figuriamoci, vestirmi non se ne parla, ho la faccia imbogonà e d’altra parte oggi per carità divina ho dormito fino alle 7:40 esatte, e presa dall’entusiasmo sono rimasta nel letto. Chissà cosa avrà pensato Andrea, bionda germanica piena di energia, della sottoscritta appena sveglia che combatte coi capelli a carciofo.

Cosa si diceva dell’abbruttimento in cui si cade durante la quarantena? Eccola qua.
Ma poi, mica mi trucco, qui dentro. Alla faccia del “devi essere bella per te stessa”. (Chi l’ha detta sta panzana). In verità i trucchi ce li ho anche, ma ho dimenticato lo struccante, quindi in ogni caso no, niente trucco.
E comunque, ve lo dico dall’alto dell’esperienza dei miei 10 giorni di isolamento, a voi principianti - che vi potete concedere il lusso, tra l’altro, di portare fuori il cane (so di gente disposta a condividere un monolocale con un alano adottato all’uopo), questa cosa che si sta in casa, da soli o adiacenti che sia, per tutto il giorno e tutta la notte non c’è trucco che vi farà migliori di quello che siete: questa situazione vi mette a nudo, vi mostrerete così come siete, senza infingimenti, senza veli. E non sto parlando dei vestiti.

E a tale proposito, mentre guardavo le impostazioni di privacy di Facebook (va bene la nudità, interiore s’intende, ma ci sono anche dei limiti), scopro una funzione che permette di scegliere cosa fare del tuo account “dopo la tua scomparsa” (cit).
Cioè, che faccio, mi scrivo l’elogio funebre e lo posto a scadenza? 
Scelgo di eliminare l’account o di farlo commemorativo? E com’è la commemorazione? Tipo piena di fiori e listata di nero? Vorrei una cosa elegante, eh, non pacchiana, e non sentitevi in dovere di dire qualcosa, per carità. La gente dice un sacco di falsità, dei morti. Ci posso mettere la musica? Che quella l’ho già scelta da mo’.

Comunque, per adesso sto bene, eh. 36.0 la mia temperatura di oggi.

La citazione del giorno: “Niente è più facile che sopportare con forza d'animo le sventure altrui” (Somerset Maugham, Il filo del rasoio)


La canzone del giorno: Shaun Davey, Hear me