lunedì 15 aprile 2013

Quello che il curriculum non dice (Come trovare le parole giuste - parte prima)

Saranno più di dieci anni che non scrivo un curriculum.
Quella cosa lì che se vuoi trovare un lavoro devi mandare all'orbe intero, il quale con tutta probabilità non si prenderà nemmeno il disturbo di guardarlo, e però almeno ci devi provare altrimenti fai la figura di quell'ebreo della barzelletta che pretendeva di vincere alla lotteria senza comprare il biglietto.

Allora ho ripreso in mano quello vecchio, per vedere di modificarlo con il resoconto dettagliato degli ultimi dieci anni, e anche perché, diciamoci la verità, mica mi ricordo tutto quello che ho fatto, le date, le cose, le persone.
Le persone un po' di più, ma insomma.
E quindi ho ripreso questo curriculum, e me lo son rigirato tra le mani (si fa per dire, perché era un file pdf) e ho scoperto che non mi ci riconosco più, in quei fogli lì.
Che ho fatto delle cose che, dal punto di vista pratico, non mi serviranno più, delle altre che non mi sono mai servite, alcune che mi sono piaciute, altre che ho fatto perché costretta dagli eventi. Insomma, alla fine leggendo la mia vita in due facciate mi sono accorta che sono fatta di cose che viste una per una, a dirla tutta, non sono mica io.
Eppure.
Vai su questi siti web dove ti consigliano cosa scrivere, ché c'è sempre qualche esperto che ti dice cosa devi dire e cosa no, e scopri allora che va bene quello che hai fatto, sì, ok, le tue esperienze professionali, gli studi, però chi legge è più interessato a sapere quello che sai fare, cioè le capacità, e anche le tue caratteristiche, cioè come le sai fare.
E non intendono se sai ricamare a punto croce. In realtà, nella sostanza, ti chiedono di dire chi sei. E qui ci devi riflettere un po'.
Il fatto è che si fa fatica a dire chi sei, in due pagine.

Si fa fatica a dire che il tuo sogno era lavorare in una casa editrice, che sei rimasta a Milano dei mesi bussando alle porte che non si aprivano, e nel frattempo andavi in quella fabbrica di tessuti d'alta moda a fare telefonate in francese, sapendo dire in francese uno smozzicato Sce t'èm, per il semplice motivo che da quando eri al liceo avevi imparato a dire Ti amo in tutte le lingue possibili, perché non si sa mai (e anche quando hai studiato il cinese hai cercato come si dice Ti amo, guarda un po' come restano radicate certe abitudini), la quale espressione comunque non era di grande utilità nella fabbrica di tessuti d'alta moda e quindi digitavi il numero nella vana speranza che dall'altra parte non ci fosse la persona che cercavi altrimenti oltre a dire Sce vudré parlé avec Monsier Christiàn e O revuàr, mersì dovevi inventarti anche altro per dire che era pronto il campionario. E poi andavi alle fiere a spiare di nascosto i campionari della concorrenza girando per gli stand e ostentando una improbabile aria professionale e ti inventavi una sartoria dal nome curioso per farti dire i segreti delle stoffe, e poi magari andavi alle sfilate dove c'erano le modelle altissime bellissime e modelli strabellissimi che poi ragazzi così non ne hai mai più incontrati e vicino a loro ti sentivi bassa (bassa!) e inadeguata e provinciale.
E infatti non le dici mica, queste cose qui, nel curriculum. Però, pensandoci, andare a vedere le colate di plastica colorate che si trasformano miracolosamente in paillettes non è la stessa cosa che fare l'editor, e ci vuole anche una certa fantasia per parlare lingue che non conosci, se non sei posseduto.

Ecco, allora puoi dire di essere adattabile e creativa.

Non puoi neanche dire che dopo aver fatto mille stage non pagati o sottopagati hai deciso che era ora di guadagnare qualcosa, e allora hai lavorato in una società di assicurazioni agricole e inserivi dati dalla mattina alla sera davanti a un computer, unica laureata, e hai imparato a memoria mille mila codici di pere william abate coscia decana e pesche precoci e tardive e mele stark renette golden e poi non ne potevi più, tutti i giorni a inserire codici e a discutere di grandine e a studiare i comuni dell'Emilia Romagna e a respirare fumo passivo.

Perché sei paziente, scrivilo pure lì, ma la pazienza ha un limite, lo sanno anche i sassi.

E allora hai mollato le pere le mele le pesche e sei andata a inserire dati in biblioteca, ché almeno lì non c'eran codici da imparare a memoria, solo libri da catalogare, e succedeva che ogni tanto ne trovavi uno che ti incuriosiva e ti mettevi a sfogliarlo, e poi a leggerlo e alla fine dovevi metterlo giù e continuare a schedarli, i libri, altrimenti finiva che perdevi il senso del tempo e il custode ti chiudeva dentro, nei depositi della biblioteca, e allora era un casino, primo perché, staccando lui le luci, tu perdevi le schede che non avevi salvato, e ti saliva il nervoso, e poi perché quando ti ritrovi al buio di un deposito un po' di paura ti viene, anche se sai che ci sono solo libri, lì dentro, e quando arrivi alla porta con la maniglia antipanico e la spingi e già pensi che devi dirgliene quattro, al custode, succede invece che ti ritrovi nella scala interna e la porta si chiude dietro di te e non si può più tornare indietro, e quella scala lì è senza finestre, buia come il buio più nero, e anche la porta per uscire dalla scala è chiusa a chiave, e allora per un attimo ti prende il panico e cominci a battere con i pugni a quella porta di metallo e a gridare ma nessuno sente, e un po' ti viene da piangere ma poi ti calmi anche perché a battere i pugni sulla porta l'unica cosa che guadagni sono i lividi sulle mani e sui polsi (dannato braccialetto d'argento rigido).
Allora pensi che non l'hai detto a nessuno, che sei andata in biblioteca, e il cellulare non c'era mica, a quel tempo (il che certe volte costituiva anche un discreto diversivo), ma qualcuno prima o poi si accorgerà che non torni a casa, e comunque al limite dovrai stare lì fino al giorno dopo, mica in eterno, e però non puoi neanche lavarti i denti e fare la pipì. Pensi proprio così, che non puoi lavarti i denti e all'indomani saresti in condizioni poco presentabili, con l'alito fetente e la schiena rotta a dormire sui gradini e neanche un posto dove fare la pipì.

Poi però, dato che non puoi fare altro, provi a pensare a come uscire, e ti viene in mente che hai visto un pannello con delle chiavi appese, da qualche parte, e magari una di quelle apre la porta chiusa a chiave. E a tentoni ti muovi lungo il muro, scendendo piano le scale, tastando il muro che neanche il tuo fidanzato, il muro freddo e un po' umido e ruvido, e ci stai così vicino che senti l'odore, del muro, un odore freddo di muffa e cemento, finché non trovi quel pannello e le chiavi, e ne prendi una e la senti in mano fino a riconoscerne mentalmente la forma, la tieni dritta con la sinistra e con la destra cerchi la serratura, trovi la maniglia e poco più sotto eccola lì, la serratura, ma la chiave non entra.
La butti per terra, così sei sicura che non la riprendi per sbaglio. Ne cerchi un'altra, questa ha una targhetta attaccata, entra ma non gira. Butti anche questa.
Ne provi un po', con calma, cercando di inserirle con cura, senza forzare. E sei sicura che una di quelle chiavi aprirà quella porta.
Quando la porta finalmente si apre torni a vedere. C'è una luce nella stanza. Adesso sai esattamente dove ti trovi e sai anche come fare per uscire in strada. E corri come se per tutto quel tempo ti fosse mancata l'aria e non la luce, e quando sei fuori un senso di sollievo ti distende le spalle, respiri l'aria fredda dell'inverno e cominci a camminare tra la gente, quella gente che non sa cosa ti è successo, che passeggia tra le vetrine e non si accorge di te, non sa l'angoscia che hai provato, mentre tu sei stata per tutto quel tempo al centro dei tuoi pensieri.
Però sei fuori, ed è quello che conta.

Così, omettendo per ovvie ragioni il panico iniziale, puoi anche scriverci, sul curriculum, che sei portata alla soluzione dei problemi, per esempio.
E aggiungi anche che sei aperta e comunicativa, perché sei sicura che se avessi incontrato il custode, all'uscita, non avresti tergiversato e l'avresti mandato a cagare, sicuro.

(continua)

13 commenti:

  1. oddio che angosciaaaa!!! dai, però il giorno dopo l'avrai trovato il custode, e lì...ti prego, dicci che gliele hai cantate!!

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  2. Che fetente questo custode. Brividi!
    Scrivere il curriculum è una delle cose più difficili al mondo. .'al lupo!

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    1. eggià, veramente difficile.
      e poi quando hai finito e l'hai spedito pensi che avresti potuto fare diversamente, meglio, più lungo, più corto, più, meno...

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  3. Sai fare tante cose. E sei tante cose. Solo che, spesso, troppo spesso, ognuno vede quelle degli altri e non le proprie. Mentre per quanto riguarda il curriculum, sono poco fiduciosa (e mi auguro di sbagliarmi) che a qualcuno interessi davvero quello che c'è scritto, come è scritto e cosa trasmette. Non qui, non a quelli a cui il curriculum arriva. Ma questo è un problema mio. Continua così. E buona fortuna...che non guasta mai! ^^

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  4. questo curriculum non ti servirà, temo.
    non perché sia scarso, anzi, è perfetto, uno dei migliori curriculum (curricula?) che abbia mai letto.
    ma non per trovare lavoro, no, ma per trovare marito.
    peccato che esista già un mr. WD.. e ci sono le piccole..
    ma è proprio così importante trovare un lavoro? tu sei il prototipo della mamma donna moglie che tutto riesce a fare e che non ha paura di nulla. siamo così certi che il mondo abbia bisogno da te di qualcosa di diverso?
    naturalmente non so di che cosa sto parlando, è chiaro che se cerchi un impiego hai i tuoi motivi.
    però mi piaceva dirlo.
    :)

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    1. Perchè il punto dovrebbe essere se il mondo ha bisogno di qualcosa di diverso da lei? Il punto, forse, è se lei ha bisogno di qualcosa di diverso dal mondo.

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    2. c'è che ho voglia di avere dei soldi miei da spendere senza pesare sul bilancio familiare.
      vorrei sentirmi libera di comprare uno smalto verde che metterò due volte, un libro nuovo anche se ne ho ancora dieci da leggere, un costume per l'estate anche se ne ho un cassetto pieno, quella crema di elie saab che ha un profumo meraviglioso.

      ma il punto è che certe volte vorrei essere altro, non mamma, non moglie, e dimostrare che ci riesco.

      forse il punto è che vorrei qualcosa di diverso da me stessa...

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    3. Il punto è proprio quello essere diversi da mamme e mogli e dimostrare di esserne capaci, perché per noi mamme ci si ferma solo a questo? Solo al l'essere mamme invece che persone che hanno diritto di fare quello che vogliono? In bocca al lupo per il curriculum ;) se fai consulenze nello scriverne chiedo consiglio :)

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    4. scaviamo ancora un po'?
      forse, ad esempio, c'entra il fatto che l'essere umano è contraddistinto da due cose: ci si adatta a tutto, se necessario, ma si aspira sempre a qualcosa di più, se possibile.
      è una cosa insita in quel che siamo, e forse è anche il motivo per cui la razza umana è quello che è, almeno su questo pianeta.
      e allora non serve trovare un motivo, il motivo è che sei umana. prima che donna, prima che mamma, prima che moglie.
      il che significherebbe che anche trovando il miglior lavoro del mondo entro poco tempo sarai spinta ad avere qualcosa di più, o di diverso..

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  5. Se siamo come siamo lo dobbiamo in gran parte al nostro vissuto. Evidentemente non ci si riconosce più in determinate situazioni, è come guardarsi in uno specchio, adesso ci si vede per intero e quando si ripensa al passato non ci si può vedere in toto, perché è come vedersi riflessi in un frammento di questo specchio. Se ti ci fossi guardata all'epoca nello specchio, anche allora ti saresti vista per intero. Guardarsi ora è come mettere insieme tutti quei frammenti, parziali, sbeccati, opachi o quant'altro. Peggio sarebbe se invece ti ci ritrovassi ancora in quei frammenti... ma wonder, te lo sei scelto tu il nome, quindi in fondo sai bene quel che vali!
    mi permetto di dire a Red che, seppur ignorando il suo sesso, il suo sembra proprio il discorso che farebbe un uomo. E quanto alle creme e al resto Wonder, forse non ci pensi abbastanza, ma attualmente godi del lusso per eccellenza: il tempo! che se ti stressi meno, vengono anche meno rughe!
    L'AleS

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    1. lo so, lo so.
      mica voglio un lavoro perché mi annoio.
      mica ne cerco uno purché sia.
      e il tempo in cui non lavori si dice "libero", il che dovrebbe indicare una certa libertà.
      ma non è che mi senta tanto libera, la verità.
      però ci penso, eh. per via delle rughe, più che altro ;)

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