giovedì 27 giugno 2013

Luna storta, luna segreta

Ci sono giornate che cominciano male. Con una tristezza nervosa depositata lì, sulla bocca dello stomaco, che si imprime sulla tua faccia anche se non vuoi, anche se non te ne accorgi, e che fa dire a chi ti incontra Cosa c'è che non va?
E tu non lo sai, cosa c'è che non va. O forse lo sai ma non lo vuoi dire. Ché le giornate storte capitano un po' a tutti, e quando capitano uno vorrebbe starsene da solo senza gente che chiede cosa c'è che non va, oppure con un'amica che ti guarda per traverso e poi parla d'altro, delle vacanze in Sardegna, delle scarpe nuove, dello smalto arancione o dell'ultimo libro di De Silva, ché tanto lo sa che non le diresti niente.

E comunque resta lì, quella tristezza nervosa, anche se vorresti scacciarla, e ci provi, e imbottisci valigie di costumi e vestitini, mandi le bambine a giocare in giardino per stare un po' da sola o cerchi di riesumare vecchie sensazioni mangiando un intero pacchetto di patatine al pepe. Invano. Perché sei ostinata anche nella tristezza, la verità.

E poi capita una cosa. E succede sempre così, che basta poco per farti cambiare umore, così poco che uno quasi non ci crede, come se fosse davvero colpa della luna, che la vedi nel cielo bigio prima ancora che cali il sole e poi scompare, e poi torna a farsi vedere quando il buio si fa più intenso, e sparisce ancora dietro le nuvole e ricompare più in là, dove non pensavi, magari più grande, gialla, che quasi non la riconosci.
Così insomma capita che devi fare una cosa. Una cosa qualsiasi, che in realtà non ha importanza, come cosa in sé, voglio dire relativamente al fatto che ti mette nelle condizioni di doverla fare.
Perché per farla, quella cosa, devi prendere il motorino. Mica il tuo, no, ché il tuo non ce l'hai più da un po'
Comunque.
E dunque accendi il motorino, e già il rumore ti mette nostalgia. Poi infili il casco, e c'è passato un secolo da quando non lo mettevi che un po' ti viene da ridere, e ridi di nascosto, un pochino. E sai già che terrai su la visiera, che un po' ti dà fastidio e poi vuoi sentire l'aria in faccia, sempre stato così, e sai già che alla prima buca la visiera sbatterà contro il parabrezza, perché lo guidi così, il motorino, un po' spostata in avanti, seduta sul bordo, con il piede destro appoggiato e il sinistro all'indietro, il tallone sollevato.
E quando acceleri e corri sulla strada dritta stai tornando indietro, con la mente, e senti dentro una felicità quasi stupefatta, e ti senti crescere dentro un sorriso che luccica negli occhi.
E anche se devi fare in fretta, a fare quella cosa che devi fare, vuoi gustartelo del tutto, quel giro in motorino, e allora ti fermi al giallo del semaforo, e quando si affianca un enduro tu lo guardi e pensi Siamo uguali, e il ragazzo sull'enduro non lo sa ma tu senti la sua stessa libertà, anche se non hai quella Ducati là con l'adesivo di Margot ma uno scooter argentato con il parabrezza che sbatte contro il casco. E speri anche che al Teatro Romano ci sia uno spettacolo, così la strada sarebbe chiusa e tu saresti costretta a fare il giro lungo, su per le Torricelle, con tutte le curve e la salita fin su e poi la discesa, e poi al ritorno passeresti per il centro, per fare prima. Invece non c'è nessuno spettacolo, e allora vai dritto, e un po' ti dispiace e un po' no, e quando arrivi al Cesiolo, proprio all'imbocco, senti quell'aria fresca che non ti ricordavi più, l'aria fresca che scende dalla collina nelle sere d'estate, e rallenti.
Poi quando fai la strada a ritroso e segui il corso del fiume ti sembra quasi di non averla fatta da una vita, quella strada lì, e invece ci sei passata alla mattina, a piedi, ma in motorino è diversa, sembra quasi che il fiume ti spinga giù, ti faccia correre di più, e poi ancora un semaforo rosso e un ragazzo su uno scooter più grosso, e io lo so che non c'è storia ma un po' ci faccio a gara, e piego un po' alla curva del cimitero, non tanto che non sono mica brava, a piegare, però un pochino sì, giusto per ritrovare un'emozione che pensavo svanita, e mi sento libera, libera di una libertà segreta, perché quel ragazzo lì col tatuaggio sul braccio non lo sa, non ha idea di come mi senta, nessuno lo sa, e questa cosa, di essere l'unica a sapere della mia libertà, mi dà una vaga ebbrezza, simile alla felicità, un po' come quando da ragazza mi ero tolta reggiseno e mutandine e li avevo ficcati in borsa, perché c'era così caldo che non sopportavo di avere quelle cose addosso, ed ero rimasta nuda sotto il vestito e mi ero sentita libera e trasgressiva, di quella libertà tanto più trasgressiva perché nessuno ne sapeva niente.
E così, mentre faccio finta di cambiare le marce e accelero un po', e sposto la testa fuori dal parabrezza quel tanto che basta per avere l'aria in faccia, come quando sei in moto, per caso guardo in su, nel cielo ancora chiaro, pensando di vedere la luna, ché l'avevo vista, prima, sono sicura, e invece adesso chissà dov'è.

venerdì 21 giugno 2013

Sbavature di prima estate

- Mamma, fammi vedere qui...
- Sì lo so, ho i capelli bianchi. 
- E allora devi andare dalla parrucchiera. 

- Mamma... Sai che hai dei peletti qui. Li devi toiere, velo?
- Eh.

- Panciona panciona! Ma aspetti un bambino? 
- Macheddici!? Ossignur
- Eh, hai la pancia...

- Mamma
- Sì...?
- Con quel vestito... non so... si vede l'inizio delle tettine. Ecco, te lo sistemo. Così. 

Con tre figlie femmine non puoi concederti sbavature.
E l'estate è appena cominciata. Oggi.

giovedì 13 giugno 2013

Di trasformazioni, sparizioni e di altri misteri quotidiani

Da un po' di tempo la Gabbianella, tutte le sere, mi dice la stessa frase. 
Si mette il pigiamino, si infila sotto le lenzuola, beve un po' dal suo bicchiere e aspetta che le dia il bacio della buona notte, con i suoi occhietti tondi allegri spalancati nella penombra.
E poi, assicurandosi di avere il ciuccio in una mano e la moto nell'altra (o la macchinina, la mucca, il telefonino di plastica, l'aereo di carta, o qualsiasi altro gioco in giornata abbia eletto come suo preferito) sussurra a mezza voce È stata una bella giornata, vero mamma?

Ora, se si escludono giornate particolari tipo ieri (festa della Nina in giardino con ben tre piscine), durante le quali la Gabbianella arriva da me trafelata interrompendo il gioco per dirmi che si sta diventendo monto (dice proprio così: Mi sto diventendo monto!), la giornata della Gabbianella è piuttosto ordinaria: sveglia alle sette, colazione, crisi di pianto per vestito, treccine denti pipì, crisi di pianto per le scarpe, passeggiata fino alla fermata del pulmino, scuola, rientro da scuola, merenda, parco giochi se c'è il sole/collage o costruzioni se piove, crisi per vedere PeppaPig mentre le sorelle vogliono vedere Violetta, cena, denti pipì piagiamino. Finita la storia.

Eppure lei, tutte le sere, mi dice È stata una bella giornata, vero?
Che poi non è una vera domanda, in realtà è un'affermazione, seppure con richiesta finale di conferma. E quell'affermazione lì ti fa un po' pensare.

Che magari la tua, di giornata, t'è sembrata una palla, una giornata appesa, con poca voglia di fare in generale e poca voglia di rassettare in particolare, ma poi ti conosci e sai che i letti sfatti ti mettono tristezza e i piatti da lavare fanno disordine, e non puoi semplicemente chiudere la porta per non vedere, come per inciso stai facendo da quattro mesi con quello che era il tuo atelier, la stanza con bagno tutta per te, quello che doveva essere il tuo regalo, un rifugio per ricordarti che anche se hai tre figlie puoi avere un posto per te non solo psicologico, perché se hai un posto fisico solo per te poi trovi anche quell'altro spazio, dentro, mentre adesso quella stanza è diventata un magazzino, s'è trasformata in deposito, lavanderia, stireria, scarpiera, e non riesci più nemmeno a entrarci da tante cose che ci sono perché è diventato un posto dove metti le cose che non vuoi vedere in giro, solo un momento finché non troviamo lo spazio, e poi restano lì perché lo spazio non si trova, non è mica un calzino spaiato, lo spazio, che prima o poi salta fuori, lo spazio o c'è o non c'è, e per fare entrare delle cose devi eliminare delle altre cose, ecco. La stanza tutta per te, per esempio.
E comunque della tua giornata, dopo che hai portato le bambine al campo scuola e te ne sei tornata a piedi, dopo che hai rassettato, dopo che sei andata a prendere le pagelle e le cose in lavanderia, dopo che hai fatto la spesa, raccattato tutte le scarpe (comprese le tue), mangiato gli avanzi un'insalata mista, fatto una lavatrice e magari stirato una camicia (una sola, che fa caldo), insomma non è che ne resti molta, di giornata, prima delle tre e mezza. Nemmeno un po', la verità. Puff! Sparita.

Però, riflettendoci, da quando c'è il sole, cioè da quando non piove più tutti i giorni tutto il giorno, le giornate non sono poi così male.
Perché ti capita di avere voglia di fare una camminata fin su a Castel San Pietro, a vedere la città dall'alto, e la puoi fare, e scoprire che l'aria è così tersa che vedi fino in fondo all'aeroporto.
Oppure ti viene voglia di fare una corsa, e la fai, fino alla diga, a guardare il fiume calmo a destra e impetuoso a sinistra, e togli la musica per sentire il fragore dell'acqua nelle orecchie e chiudi gli occhi per immaginare di essere un sasso e sentire l'acqua addosso.
Oppure prendi un libro e una mela e vai giù in giardino a leggere, ti togli le scarpe e cammini nell'erba fresca, poi ti siedi sulla panchina e leggi finché non hai finito quel libro da 99 centesimi che hai trovato al supermercato, i Tascabili Economici Newton, che una volta avevano quello slogan, 100 pagine 1000 lire e trovavi tutti i classici e anche quelli che non avresti mai letto se non li avessi trovati a mille lire, tipo L'umorismo, Un mangiatore d'oppio, Jettatura o I racconti degli Arabeschi, per dirne qualcuno, e poi avevano smesso di farli, e adesso a rivederli al supermercato a 0,99 euro ti ha messo una strana nostalgia e allora hai comprato Cuore di cane e l'hai letto a piedi nudi in giardino mangiando una mela.

E allora, anche se il tuo atelier è diventato uno sgabuzzino con bagno e la montagna di cose da stirare sta raggiungendo il soffitto, anche se per entrarci devi scavalcare mille mila scarpe nonostante tu ne abbia già eliminate altre mille mila (molte delle quali tue, la verità), anche se stai ad aspettare che l'asciugatrice finisca per piegare la biancheria e sei sempre in crisi di idee quando devi preparare la cena; anche se avresti preferito un aperitivo con le amiche anziché un pomeriggio al campo giochi con conseguente serata di docce e asciugatura capelli e crisi di pianto su una pasta fredda con pomodorini e ricotta; insomma, nonostante la giornata, alla fine dai un bacio alle tue bambine e, prima di socchiudere la porta, guardi la Gabbianella e i suoi occhietti tondi e le dici che sì, è stata proprio una bella giornata. 
Bellissima, amore mio.
E il fatto misterioso è che, in quel preciso momento, lo pensi davvero.

venerdì 7 giugno 2013

Intoppi

Sono in ritardo. Al solito.
Ché invece di andare a correre subito subito come avevo pensato, mi è venuto la sindrome pulitoria e ho fatto una lavatrice e sistemato i letti e lavato i bicchieri e spazzato per terra e per poco non mi metto a lavare i vetri, che non ci si vede fuori e poi penso ci sia la nebbia e invece sono i vetri.
No, dai. I vetri no. Vado a correre, che con tutte queste feste (feste! Vabbè, lasciamo andare) ho mangiato un sacco di patatine e torte e bignè alla crema.

Driiiinn.... Driiiiinnn

- Pronto?
- Buongiorno, Comune di V*, parlo con la Signora Wonder?
- Sì, sono io (di pirsona pirsonalmente, direbbe Catarella. Mi metto quasi sull'attenti)
- Scusi se la disturbo
- Si figuri (stavo solo per andare a correre, ma posso aspettare due minuti. Non di più che poi perdo lo sprint)
- Ci risulta che abbia fatto richiesta di trasporto scolastico per la Gabbianella
- Sì sì, ho fatto l'iscrizione on line. Ho sbagliato la data di nascita, vero? È che il sistema mette in automatico...
- No Signora...
- (eddài con 'sto Signora, ma se sono una ragazzina)
- è che non risulta che sia in regola con i pagamenti precedenti, quindi la sua richiesta è sospesa.
- Maddài? Come sospesa? E la Gabbianella me la lasciate a piedi, porella?
- Le dico che non è in regola
- Ma non ho ricevuto il bollettino...
- Fa niente. Ci deve mandare al più presto quarantuno euro e quaranta per la refezione scolastica.
- Ma non era il trasporto?
- Sì ma lei non è in regola con la refezione. Quarantuno euro e quaranta.
- Ah. Vabbè.
- Lo faccia subito che sistemiamo la cosa al più presto. Poi ci manda un fax.
- SignorSì, va bene. Quarantun euro e quaranta.
- Esatto. Arrivederci Signora
- (Signora tua nonna) Arriverderci.

Subito, sì, però vado a correre, prima. Che poi devo fare una torta per il compleanno della cuginetta e a mezzogiorno escono le ragazze.

Drrriiiiiinnn

- Pronto?
- La Signora Wonder?
- (Di pirsona pirsonalmente) sì
- Sono ancora io, scusi se la disturbo
- Mi dica (mannaggia il tempo che passa)
- Risulta che non ha pagato nemmeno il trasporto, in effetti.
- Ah.
- Deve versare anche 138,60 euro, però in un altro bollettino, quello per il trasporto.
- Va bene. Due bollettini.
- Un bollettino da quarantuno euro e quaranta e uno da centotrentotto e sessanta. Capito tutto?
- Capito, certo.
- Arrivederci, allora
- Buon giorno, sì.

Adesso vado, che mi resta poco tempo.

Driiiinn, driiiiiiiiiiiiiinnn

- Pronto.
- Sono sempre io.
- (Sa che c'avrei giurato? Io pure sono io di pirsona pirsonalmente) Che succede?
- Ci siamo sbagliati, sa. Il trasporto non lo deve pagare.
- Ah. Meglio così. Grazie, eh, arrived...
- Ennò, aspetti un attimo. Quei 138 euro e 60 li deve pagare lo stesso, solo che sono anche quelli per la mensa. Allora dovrebbe fare un bollettino unico di centoottanta euro.
- Ammazza centoottanta euro. Quanto magna la Gabbianella?
- Subito!
- Subito subito? Sarà mica meglio che aspetto dieci minuti, per sicurezza?
- Non faccia la spiritosa, questa è la volta buona.
- Ok. Arrivederci, eh.
- Saluti, Signora.

Vabbè, domani. A correre ci vado domani. 
Però. Mi sorge così, spontanea, una domanda. Sarò mica davvero una Signora

mercoledì 5 giugno 2013

L'ultima settimana

Questa è l'ultima settimana di scuola.
L'ultima. Settimana. Di. Scuola.
Così per inciso, ultima settimana di scuola viene a significare che dalla prossima, di settimana, inizia un periodo piuttosto lungo di adiacenza delle pargole.
Ma andiamo oltre.
Una delle poche, pochissime cose sicure, anzi l'unica vera certezza della vita, è che dobbiamo morire. Lo so, detto così fa impressione, ma qualcuno ve lo doveva pur dire.
Ora, alla luce di questa incontrovertibile verità savonarolesca, che io muoia, alla fine di quest'ultima settimana di scuola, non avrebbe in sé nulla di straordinario, se non l'essere questa l'ultima settimana della mia vita.

Pensate ora. Se voi sapeste che questa sarà l'ultima settimana della vostra vita, fareste come Lutero, e continuereste a vivere come se niente fosse, piantando anche il vostro alberello di mele, o fareste come Vasco Rossi, e berreste ogni attimo col sole sempre in faccia, come se tutti i giorni fosse sabato sera?
Ammetto che il parallelo Lutero/Vasco è un tantino ardito. Allora scambiamo Vasco con Orazio, che fa più intellettuale.

Il fatto è che questa settimana, l'ultima settimana di scuola e potenzialmente l'ultima della mia vita, ha una pianificazione che neanche il tour di Bruce Springsteeen, come ha detto qualcuno.
Martedì. Festa a scuola della Gabbianella. Please portare un dolce. A seguire festa di compleanno per BB, e anche per il Gatto, ma siccome ancora non possiedo il dono dell'ubiquità una festina salta. E martedì è andato.
Mercoledì (vale a dire oggi). Lezione aperta di musica a scuola, con performance dei bambini a cui i genitori sono pregati di prendere parte (non solo con la presenza. Serve anche cantare e ballare e battere le manine). Nel tardo pomeriggio fino a sera, festa di fine anno di tutta la scuola, per la quale siamo invitati a portare due torte (una della quali è già in forno) e due bibite.
Giovedì. Festa di compleanno.
Venerdì. Festa di compleanno. A seguire, cena di classe della prima A. Se vi fosse sfuggito, sottolineo che è venerdì sera.
Sabato. Due compleanni. Cena di classe della seconda A. Se vi fosse sfuggito... Mannò, son sicura che non vi è sfuggito.

Dunque. Se qualcuno mi avesse detto in anticipo che il ruolo di madre prevede questa serie di obblighi parascolastici ci avrei pensato su. 
Avrei fatto l'amore con Control, per esempio.
Perché io non dico che si debba vivere sempre come fosse l'ultimo giorno, godere ogni attimo, carpire il diem (ché poi diciamocelo, il più delle volte non ce l'hai mica il tempo di cogliere l'attimo). Però nemmeno bastonarsi i cabasisi come Tafazzi.
Fate qualcosa per me.
Salvatemi.
Dum loquimur, fugerit invida aetas. 

Uccidetemi. Subito però. Prima di quest'ultima settimana di scuola.