giovedì 2 giugno 2016

Il dispaccio

L’estate del 1946 era appena agli inizi, e finalmente, dopo lunghi giorni di attesa, Marie era riuscita a farsi mandare in villa i tre bauli di indumenti e biancheria necessari per affrontare i successivi tre mesi di villeggiatura, o almeno questo era quello che pensava. Erano da poco passate le otto, la rugiada bagnava l’erba tenera e l’aria ancora fresca e tersa del mattino disegnava i contorni netti del parco. 
L’auto con l’attendente aveva appena varcato il cancello e stava percorrendo la strada sterrata, e Marie, scostata la tenda della camera da letto al primo piano, la seguiva con lo sguardo cercando di scorgere all’interno della vettura il viso familiare del giovane militare. L’auto svoltò sulla curva, e sulla lunga fiancata nera e lucida lampeggiò il riflesso di un raggio di sole. Il bagliore l'accecò per un attimo, ma le permise comunque di distinguere sul sedile posteriore un uomo in abiti civili. Dopo aver lasciato vagare lo sguardo sul parco e sulla villa, lo sconosciuto aveva fissato con insistenza la sua figura, che si stagliava netta nel vano della finestra. 
Ebbe un sussulto. I capelli neri, ancora scarmigliati, le coprivano parte del viso e la vestaglia di seta azzurra lunga fino alle caviglie era stretta da una fascia che sottolineava la vita snella e il seno alto. La donna lasciò andare la tenda e si ritrasse, stupita e perplessa per quella visita inaspettata. 
Corrugò la fronte. Non era abituata a ricevere persone senza esserne preventivamente informata. D'altra parte, riteneva assolutamente ineducato e scortese negare la visita a qualcuno senza sapere prima chi fosse e cosa volesse. E a quell'ora del mattino doveva essere urgente, quanto meno.
Tuttavia si trovava ancora in desabillé, e il disappunto per non essere preparata all'incontro prevalse sulla curiosità.
Rimase ferma per pochi attimi, poi chiamò la domestica suonando il campanello d’argento.
– Forse la Signora… – accennò la ragazza, ma le sue parole rimasero sospese quando lo sguardo severo della donna troncò ogni possibile insinuazione da parte della domestica. Il fatto che il marito fosse assente non le aveva mai impedito di ricevere uomini in casa, e non si era mai preoccupata dell’impressione che avrebbero potuto suscitare in chicchessia le visite maschili che riceveva con una certa regolarità, e in special modo nella servitù, dalla quale pretendeva assoluto rispetto e riservatezza. 
La cameriera stava per lasciare la stanza, desolata per il tacito rimprovero della padrona, ma fu fermata dalla sua voce addolcita. 
Arrivata alla soglia dei quarant'anni, Marie era capace di mescolare affabilità e autorità con una tale straordinaria efficacia che nessuno aveva mai tenuto rancore alla donna per i suoi rimproveri, né aveva mai provato sentimenti che non fossero almeno di servizievole e a volte affettuosa sollecitudine.
– Mi vorresti preparare l’abito color crema, Bettina? Credo che dovrò far aspettare questa persona. Per favore, falla intanto accomodare nel salotto rosa, finché non sarò presentabile… 
“Ci vorrà un po’”, aggiunse tra sé, sedendosi sulla poltroncina di fronte alla toeletta e notando nella specchiera le ombre scure che cerchiavano gli occhi azzurri dalle lunghe ciglia nere, come succedeva ogni mattina da ormai quasi quattro settimane. 

Quando la donna fece il suo ingresso nel salotto, silenziosamente, poco meno di un’ora dopo, la stanza era illuminata dalla luce calda del sole soffusa dalle tende chiare, leggere abbastanza da lasciar intravvedere le chiome verdi dei tigli e del noce oltre il prato. I fiori di lillà nel grande cachepot di ceramica dipinta mandavano un profumo intenso, e il ragazzo, intento a guardare i titoli di alcuni libri lasciati sul tavolino, la testa reclinata per favorire la lettura della costa, non si accorse della sua presenza. Marie, i capelli tenuti fermi da una fascia ricamata, avvolta nell’abito color crema che evidenziava la carnagione chiara, ebbe modo di osservarlo, prima di richiamarne l’attenzione con un colpetto di tosse. 
– Credo che la Sua presenza qui richieda una spiegazione, non trova?

Lui le sorrise di un sorriso forzato, poi fece un inchino e si avvicinò a Marie, che questa volta faticò a celare il turbamento. La lettera che l’uomo le porgeva aveva l’indirizzo scritto a mano, e il suo nome sulla busta era vergato con una scrittura piccola e regolare, nella quale riconobbe immediatamente la grafia del marito.
Da un lato, la cosa la tranquillizzò. Quest’uomo era stato mandato da suo marito, dunque. Come aveva fatto a non pensarci? Era arrivato in macchina con l’attendente, che di certo non si sarebbe mai permesso la libertà di accompagnare uno sconosciuto alla villa.
Marie si avvicinò allo scrittoio, prese un tagliacarte e aprì la busta, volgendosi verso la finestra nel timore che il suo viso potesse tradire i suoi pensieri, poi si scostò in favore di luce, lanciando di sottecchi un’occhiata al giovane che la fissava immobile.

Nella lettera, che, contrariamente alle missive cui il marito l’aveva abituata, era piuttosto asciutta, il re la informava che l'Italia era diventata una Repubblica, e le intimava di abbandonare immediatamente la villa e di recarsi entro il giorno successivo a Cascais, dove l'avrebbe raggiunta. Il tono della missiva non ammetteva repliche.
Il cuore della regina sembrò fermarsi. Esilio, era questo che il dispaccio le intimava. Di colpo, tutto sparì intorno: il ragazzo, i fiori sul tavolo, il sole nel cielo che quel giorno era più azzurro che mai. 
L'Italia, la sua Italia, quell'Italia che lei stessa aveva voluto più consapevole, per cui aveva sperato un futuro di libertà, non la voleva più. Si sentì mancare. Con difficoltà arrivò alla poltrona, si sedette e aspettò che lo stordimento passasse. Il Paese che aveva eletto come sua patria, in cui fin da bambina era stata costretta a vivere e che alla fine aveva imparato ad amare, aveva finalmente trovato il coraggio di liberarsi di quella monarchia ottusa.


Ripiegò con cura il dispaccio, poi alzò lo sguardo verso il giovane, che era rimasto immobile. Sapeva già, lui? Certo, tutta l'Italia sapeva. Ma in fondo, che importanza aveva? Chiuse gli occhi, e, mentre le lacrime le rigavano il viso, sorrise.