domenica 19 ottobre 2014

Colazione con sirena

- Mamma, sai che ieri ho visto la sirena
- Dai? Davvero? Quella con la coda?
- Ma noo...
- Allora quella dell'ambulanza?
- Mi passi la nutella?  
- Guarda che hai già mangiato abbastanza
- No, era...
- Quella dei pompieri!
- Noo!
- Vuoi ancora latte?
- Era quella che faceva ninooooo ninooooo?
- Ma no! Non capite... quella che aveva un nome!
- Mi passi la nutella mamma?
- No amore il panino te lo faccio io
- Allora era quella che faceva uuuuuuuuuu?
- Quella della pulizia?
- Si dice polizia, Gatto
- Uffa però ci metti tanta nutella
- Non era quella della polizia?
- NO
- e neanche quella dell'ambulanza quando uno si fa male?
- Allora era quella con la coda di pesce, che vive nel mare...
- Ma no, vedi, non era quellaaaa! Non capite...
- Ok Gabbianella, non arrabbiarti. Hai ragione, su, non piangere, non ti abbiamo lasciato parlare. Dai, raccontaci quello che hai visto.
- Era la sirena, quella vera... quella col nome...
- …
- …
- Ehm, Gabbianella, sai qual è il punto? È che noi conosciamo due tipi di sirena. Una è quella che fa rumore, hai presente? ninooo niinoooo! quella che fa la lucina sopra le macchine; una è quella che ha il corpo metà ragazza e metà pesce, con la coda di pesce, no? Come la sirenetta, che ha un nome e si chiama Ariel, e ha delle sorelle che hanno un altro nome che comincia con la a, una si chiama Atina, poi le altre non mi ricordo...
- Ma no, lei è una vera, una ragazza!
- Ah, ok. Allora. Vediamo. È la mamma di qualcuno, di una compagna?
- Sì, è la mamma di... come si chiama... della Marghe.
- Amore! Ho capito! È vero, lei, sai, sembra proprio una sirena, ma è che si chiama Serena. Il suo nome è Serena, con la e, ecco. Vuoi un biscotto?

Il brainstorming durante la colazione della domenica mattina, con caffè, marmellata, il pane e la nutella dà dei risultati stupefacenti.

mercoledì 1 ottobre 2014

Pensieri sparsi in cima a una scala traballante

La vita di campagna è piuttosto faticosa, la verità.
C'è sempre l'erba da tagliare, i rami da potare, le rose e i limoni da abbeverare, la ringhiera da ridipingere, un muretto da ricostruire, l'edera da sradicare, senza contare la normale gestione della casa, tipo dare la cera ai pavimenti, che la nonna ci tiene tanto.
La Wonder ha sempre cercato di sottrarsi alle varie incombenze imboscandosi in qualche anfratto del giardino con una sdraio e un libro, rendendosi di fatto sorda alle più o meno esplicite richieste di intervento.
La sordità indotta è un fatto ereditario. Quando legge, la Wonder riesce ad astrarsi completamente e non sente più niente, esattamente come il nonno, pur non soffrendo di alcun disturbo reale dell'udito. Diciamo che si tratta di un meccanismo di autodifesa.
Comunque.
L'altro giorno l'aria fresca dell'ultima domenica settembrina ha costretto la Wonder a piazzare la sdraio in un punto del giardino piuttosto esposto, il che le ha garantito un angolo di sole tiepido, quasi caldo, ma l'ha per contro messa all'evidenza della nonna Mimmi, presa dal raptus pulitorio. Terminato il capitolo, la Wonder è stata cooptata per la pulizia delle grondaie della cappella.
Munita di guanti e palettina si è arrampicata sull'ultimo gradino della scala, vagamente instabile, la verità. E, guardando a turno il tetto e il terreno, ha cominciato a pulire.

La cappella, che è ancora consacrata, era stata costruita in memoria della sorellina della bisnonna, morta di appendicite a cinque anni. Gualdrada, si chiamava. Che per via di nomi, la fantasia dei secoli scorsi era di molto più fervida di oggi, alla faccia dei vari Kevin, Maicol, Chanel e Davis.

(E infatti anche il bisnonno aveva un nome strano, che l'ho scoperto solo dopo che è morto il nonno, che per inciso si chiamava Cesare ma tutti lo chiamavano Gino, vai a sapere. E siamo arrivati al cimitero, in cima alla collina, che pioveva un pioggia sottile e un po' fredda e il vento piegava gli ombrellini leggeri, e quando hanno aperto la tomba per metterci la bara del nonno hanno tirato fuori una scatola di metallo grigio, e l'hanno appoggiata lì di fianco alla lapide mentre calavano con le corde il nonno, e allora io ho chiesto al papà che era lì di fianco a me, chiuso nel suo impermeabile blu e gli occhiali pieni di goccioline di pioggia, gli ho chiesto Cos'è quella scatola papà? E lui guarda la scatola e mi sembra che si muova al rallentatore mentre si sistema il cappello che non gli ripara gli occhiali dalla pioggia leggera, e mi dice quasi sorridendo Quella lì? Quello è il nonno Celidonio.
Il mio bisnonno si chiamava Celidonio. Per dire).

Allora, mentre sono arrampicata sulla scala con la paletta in mano per pulire le grondaie della Gualdrada, che sono piene di aghi di pino e terriccio e tutte intasate, mentre con la paletta raschio via quel po' di muschio e con un legnetto cerco di sturare il tubo, e non è mica tanto facile perché il tubo ha due angoli che seguono la forma del tetto e il terriccio si ferma lì e il bastoncino invece è dritto, e non va molto in giù; mentre sposto la scala e un po' alla volta faccio tutto il giro e ripulisco tutte le grondaie, e una scopro che è anche bucata che quasi era meglio se ci restava un po' di terriccio che magari serviva a tappare il buco; mentre con l'acqua della pompa faccio scivolare via gli ultimi grumi di terra e sento quel rumore di sgorgo e dal fondo della grondaia esce la terra e poi finalmente solo l'acqua, mi viene da pensare, ancora lì appesa sulla scala, un po' in bilico, a certi grumi che si formano nella testa, e nel cuore, che magari si riuscissero a togliere raschiandoli via con una paletta e un po' d'acqua; che forse è perché nella testa e nel cuore ci sono tanti angoli, e i grumi si fermano lì, e non hai mica un bastoncino da usare, per sciogliere quei grumi lì, sarà per quello che è più difficile.