giovedì 20 dicembre 2012

Fogli sparsi

Ho la casa vuota.
Il frigo con qualche tristissimo avanzo.
Le valigie pronte sulla porta.

I traslocatori hanno ripulito tutto, passando come cavallette e imballando meticolosamente tutto quando ostacolava il cammino. Pure la borsa con i passaporti, che m'è toccato far riaprire tre scatole. Pure i disegni sparsi sulla scrivania nell'ultima performance artistica delle bambine.
Se non ci do un occhio mi imballano pure la Gabbianella.

Siamo arrivati con 15 scatoloni, ripartiamo con 76. E pensare che ero convinta di aver fatto pulizia buttando un sacco di cose vecchie. 


Nello studio vuoto, sul muro dove c'erano disegni e quadri e un planisfero, è rimasto attaccato un foglietto stampato al computer. 
C'è scritto If you want something in your life you've never had you have to do something you've never done
L'ho staccato con cura.

martedì 18 dicembre 2012

Disappointment

Non sarà come al platano, ma le chiacchiere da bar che si fanno alle sette e ventisei della mattina alla fermata del BusEnorme con il MaxDad e Nora hanno dei risvolti di qualche utilità.
Per esempio, ho saputo oggi che per andare al concerto di Natale della scuola della BB dovevo prenotare i biglietti. Meglio tardi che mai. Per quanto, nella fattispecie non fa molta differenza.

Cioè, per andare a
fotografare mia figlia che simula di suonare il violino (chissà se riuscirò a vederla, ché sarà in ultima fila) confusa tra mille mila altri bambini che performano Bianco Natale vestiti da pinguini (sic), bisogna attrezzarsi come alla Scala.
Qui prendono le cose un po' troppo seriamente.

E a complicare le cose sembra che di biglietti non ce ne siano più. Potrò entrare, mostrando il tesserino di riconoscimento, solo dopo che sono entrati tutti quelli con il biglietto.
Ora, la BB sarà in ultima fila, io pure, mi ci vuole uno zoom 8 chilometri per immortalare dignitosamente l'evento.

Ma la cosa più grave in questi giorni di armadi all'aria e calzini spaiati, di sacchetti di regali di quadri di porcellane, di smistamento di imbustamento, in questi giorni di nostalgia e corse e passeggiate solitarie, di shopping sfrenato e cene di avanzi, di ribaltamento di materassi e di pensieri, la cosa più grave, dico, è che non trovo più il mio tubino nero bellissimo costosissimo in fibra di bambù comprato da Madame Pure che pensavo di indossare a Natale, oltre che in un milione di altre occasioni per cui si presta un tubino nero in fibra di bambù.
Sono cose.

venerdì 14 dicembre 2012

Non so se ce la faccio. Considerazioni a margine di un sopralluogo, domande retoriche e nota tecnico-organizzativa indirizzata al comitato accoglienza

Son venuti quelli del trasloco.
A fare un sopralluogo, dicono. Perché mica basta una lista dettagliata con il numero esatto di calzini, quadri e cucchiaini e loro valore approssimativo.
Ennò. Loro devono venire di persona.
Bravi, che magari ho preso delle misure sbagliate, sai mai che ho contato 56 calzini e invece sono 63.
Facciamo il giro delle stanze. Indico quello che resta, quello che parte. E già mi viene un po' di malinconia.
Comunque. Mi dicono che vengono martedì a imballare tutto. Serve il passaporto per le dichiarazioni doganali, quindi se partiamo giovedì (Nota Bene: partiamo giovedì, non venerdì come erroneamente comunicato, e quindi arriviamo venerdì 21 alla solita ora, sia detto per inciso così il comitato accoglienza si prepara e fa spostare la prestazione della fanfara), se partiamo giovedì, dicono, il passaporto ce lo restituiscono mercoledì, giusto in tempo per la partenza.
No, dico io, ma imballate tutto tutto?
Tutto quello che spedite, sì.
Ci portate via i calzini? Le posate? Bicchieri piatti tavolo sedie e pure le candele, che fanno così atmosfera?
Tutto.
Peluches? cubi di legno? matite colorate?
Yes.
Ah. 
Però a me non so mica se mi sta tanto bene, che imballate tutto di martedì.
A parte il fatto che martedì c'è la festina di fine anno del Gatto, hai presente cosa succede se non vado?
Ma poi, noi si può anche mangiare per tre giorni di seguito con le mani, e bere coca cola dalla lattina seduti sul tappeto sul divano, ché quello è della sciura proprietaria e resta qui, e poi se anche vengono le formiche amen.
Però, ecco, tre notti tutti e cinque in un letto senza coperte e senza cuscini, quella la vedo già più dura, la verità.

giovedì 13 dicembre 2012

Sette giorni

Siamo a -7.
Non di temperatura, di giorni.
Giorni che mi restano prima di tornare.
E in questi sette giorni, giusto per semplificarmi la vita, ho due concerti di natale, due festine di fine anno, un pigiama party e una festa di compleanno.
E ho solo tre figlie, per inciso.
Però siccome non vogliamo farci mancare niente, nemmeno le cinesate di fine anno, la mia amica Umami mi ha regalato un paio di ciglia finte, di quelle professional, che potrò sfoggiare sabato alla festa di addio (poteva mancare, una festa di addio?) e pure a Natale durante il pranzo con i parenti, sempre che non si stacchino prima, ché la ragazza ci ha raccomandato di non sfregarle, ma non ci ha mica detto cosa succede a piangere (ormai lo sapete, sono una piagnona, e d'altra parte son figlia di mia mamma, scusa, eh, Piangimmi, ma tra tutte le doti che hai proprio questa cosa delle lacrime facili mi dovevi passare...).
Comunque, mentre mi arrovello su come trovare il tempo per andare a comprare quel po' di regali di natale che mi mancano (non facendo una lista, in realtà non ho idea di quanti ne manchino, ma è sempre meglio abbondare), ecco che mi arriva una email che mi propone Un esperto per i miei problemi, 24 ore su 24, a soli 16 euro e 50 al mese
Se è carino ci faccio un pensiero, se non altro per farmi da facchino mentre passo dal mercatino di DongTai lu al supermall di Nanjing lu, così mi resta un braccio libero per fermare un taxi.

domenica 9 dicembre 2012

Sto facendo una lista

Pare che la lista che ho fatto, contenente più o meno tutti gli oggetti che intendo riportare/portare/importare/esportare in Italia, non vada bene.
Non contiene tutte le informazioni necessarie al disbrigo delle formalità doganali.
Devo essere più precisa.
Oltre al numero esatto di calzini, devo dichiarare anche il loro valore approssimativo.
Cioè, considerando che un paio di collant 40 den mi costa 8 euro, e però è evidentemente usato quindi deprezzato, posso stabilire con una certa sicurezza il valore dei collant 40 denari che ho nel cassetto. In ogni caso, possedendo anche collant 30 denari, oltre che alcuni esemplari 70 den o addirittura di lana, la questione si fa più spinosa.
Potrei anche decidere di eliminarne alcuni, per fare prima.
In ogni caso, ho scoperto di avere un discreto capitale nel cassetto delle calze.

La stessa operazione va fatta, ovviamente, non solo per i calzini del consorte (per il quale, a essere sincera, l'operazione matematica risulta più semplice essendo lui affezionato a un solo tipo di calza di cotone ritorto, esclusivamente nera, del valore di euro 7,80 al paio, ovviamente deprezzato), e per quelli delle bambine, che mi sembra di aver contato in 65 paia (e son tre, che vi devo dire? i piedi crescono in fretta), ma, dicevo, anche per tutti gli ammenicoli che ho avuto l'avventatezza di acquistare e posizionare sulle mensole della libreria e del mobile in cucina (e meno male che ho solo questi due piani d'appoggio).

Ma poi, quel centinaio di libri che mi ritrovo quanto varranno? Alcuni assai poco, in verità, nonostante il prezzo di copertina. Ma tant'è, a loro che gli frega, mica possiamo sindacare anche su quello, no? Magari posso mettere un prezzo politico, diciamo 10 euro a pezzo così facciamo conto tondo, eh? Che certi libri, anche se sono usati, mica si deprezzano. Alle volte, anzi, con tutte quelle orecchie che ci metto per ricordarmi i passaggi che mi piacciono, i ricordi chiusi dentro, le pagine rovinate e magari un po' scritte, alle volte, dico, valgono anche di più che da nuovi.
Comunque.
E poi questa lista è piuttosto lunga e ogni minuto mi sembra di doverci aggiungere qualcosa che mi son scordata, e io le liste non le sopporto.
Voglio dire, la lista della spesa non la faccio quasi mai, e infatti torno a casa con un sacco di cose che non servono e di norma senza quelle per cui ero uscita.
La lista dei regali di natale nemmeno, però finisce sempre che qualcosa m'invento per quello che resta escluso. E poi confido sul fatto che conta il pensiero. 
E io penso un sacco, proprio.
La lista delle cose che ho fatto, di quelle che mi piacerebbe fare, di quelle che devo fare, dei posti che ho visto, dei buoni propositi... qui uno volendo va avanti all'infinito, con le liste.

Una volta però l'ho fatta, una lista.
Adesso potrei farla al contrario.
Potrei dire, per esempio, quello che non mi mancherà della Cina.
Vediamo.
1. Lo scaracchiamento e lo sputazzo. Ecco questo son sicura che non mi mancherà.
2. Anche il rutto libero, mi sa.
3. L'orrido stinky tofu, che se lo chiamano stinky ci sarà ben un motivo.
4. Il frastuono dei clacson. Che certe volte mette proprio il nervoso, certe altre ti fa venire un mezzo infarto, e poi è assolutamente inutile, ché nessuno si sposta nemmeno se strombazza un autotreno.
5. ...
Boh.
Ecco, ho già finito.

Cerco di convincermi che sia perché non amo fare liste, ma in realtà sospetto che il motivo sia diverso.

lunedì 3 dicembre 2012

38 minuti

C'era veramente un mondo, a quella corsa lì.
Le strade chiuse, il traffico bloccato, fiumi di gente con gli ombrelli le plastiche i cappelli, perché le previsioni dicevano che no, non sarebbe piovuto, ma invece pioveva. E noi a scendere dal taxi fermo nella fila di taxi bloccati, a camminare tra le macchine e poi tra la gente e poi a correre schivando motorini macchine pullman pozzanghere perché sennò si arriva in ritardo alla partenza, e poi la banda, gli aquiloni e i palloncini che volano in cielo, un cielo grigio che nasconde i palazzi le torri i grattacieli e una partenza in mezzo a parrucche, mantelli, bandiere e fiaccole di carta, e l'Aamico di fianco a correre con me, a ridere di quello che corre all'indietro, di quelle con il costume da dalmata, di quello vestito da robot, lui che s'è messo in testa un cappellino con la girandola in cima, a commentare quello con i polpacci come prosciutti, quello in canottiera, il poliziotto che ferma quello che vuole per forza attraversare la corsa, a dirmi che ormai siamo a metà strada, a raccontarmi il percorso come se l'avesse fatto mille volte, a indicarmi i negozi, la gente ai bordi che grida qualcosa che sembra pia-no pia-no! e invece chissà cosa dice, a controllare l'orologio e dirmi di aumentare il passo, io che già arranco così ma non vorrei fare brutta figura e allora ci provo, ma sono senza fiato e l'Aamico ne ha di fiato, quanto ne hai? E allora io vorrei anche dirgli vai pure avanti, eh, ci vediamo là, ché lui c'avrebbe un passo che io non riesco a tenere, e lo vedo che scalpita che vorrebbe andare più veloce, e poi gli faccio perdere il tempo, che magari lui ci tiene un po' anche se è una corsa per ridere, però poi penso che con tutto quel casino ci perdiamo di sicuro, e allora non glie lo dico, e invece l'Aamico mi prende per un braccio e mi dice ce la fai a correre di più, vedi? e così arriviamo in fondo, oltre quel gonfiabile blu con scritto finish, e lui continua a parlare e io riprendo fiato, un po' alla volta, e son passati 38 minuti, e intanto ha smesso di piovere e io finalmente riesco a sorridere anche da fuori di quel sorriso che avevo dentro da un po'.
E poi andiamo a vedere là cosa fanno, dentro al cortile dell'exhibition center, e c'è un muro dove si possono attaccare dei biglietti con delle frasi, e due ragazze sul palco che fanno ginnastica e la gente si ferma sotto e copia la ginnastica, e uno stand dove danno una medaglietta, e poi danno anche l'acqua e allora ne bevo una bottiglia, e poi mangiamo una brioche da Wagas al Portman e ci scaldiamo perché cominciamo ad avere freddo, e poi dico ma lo sai che non ci siamo fatti neanche una foto? e un po' mi dispiace perché anche se ho il pettorale e la maglietta e altri gadget una foto è una cosa diversa, e poi non mi ricordo se l'ho detto ma ho pensato grazie di aver corso con me.

venerdì 30 novembre 2012

30220 (funny things)

Eccomi qua, all'East Asia Exhibition Hall, 800 LingLing lu, all'ombra dello stadio, con il mio cartoncino blu per ritirare il pettorale.
Sembra di stare a una fiera. E mica me l'immaginavo che era una festa. Mi danno il numero, uno anche per l'Aamico che corre con me, e una maglietta rossa niente male, una dry fit della Nike che a comprarla ti costa 640 yuan.
Insieme mi consegnano anche un foglio con le istruzioni. Tipo che devo presentarmi alla partenza tra le sei e 45 e le sei e 55, che devo correre fino al traguardo e poi levarmi dai piedi, che devo indossare vestiti colorati e un bel make up e magari anche una parrucca così la fun marathon è ancora più funny.

Vabbè, passiamo oltre. Ma questo bib, che per inciso mi sembra di carta, non è che se piove si scioglie prima della fine? Lo dico perché son due settimane che guardo le previsioni, e dicon che piove, eh, vi avverto. Comunque, come lo attacco alla maglietta, il numero? Ci metto la colla? Ché a quelli che corrono la marathon glie l'han dati, gli spilloni per attaccarlo, l'ho visto...
Sicché vago un po' finché mi fermo al punto vip della Nike, scrivo un po' dei miei dati e in cambio mi danno un sacchetto con dei bottoni per il pettorale, una ricarica telefonica da 300 yuan e un porta iphone da braccio.
- Ce l'ho mica, l'iphone, per correre uso l'ipod nano. Hai un porta ipod nano? No eh? Come dici? Me lo faccio regalare dal fidanzato? Eh, sì, dai, che idea. Intanto dammi uno di 'sti cosi anche per l'Aamico, va', che se torno che io ce l'ho e lui no finisco male. I dati del mio Aamico, dici? Mah, questi presi a caso andran bene, no?...
Ok, perfetto, ora posso andare. Passo di qua, che c'è della musica. Che fanno? Una sfilata? Va' quello con la tutina tutta ciucciata e le mutande gialle, sarà mica bello? Quanto son maaaaagri 'sti modelli, bianchi come il latte, sorridi va' che ti stan facendo una foto...
Faccio il giro di qua, meglio, non vorrei entrare nell'obiettivo di questo stuolo di fotografi che hanno l'entusiasmo di una carota al vapore.

Che c'è qui dietro? Oddio un maratoneta, da quanto sei fermo lì con la bandiera in mano? Ah, no, è di cera. Ma sant'iddio, gli han fatto pure i peli sotto le ascelle!
Qui che c'è? La maratona di Atene, fico! Magari l'anno prossimo, eh?
E qua? Auricolari per iphone a soli 1960 yuan. Grazie, non ce l'ho l'iphone. Come dici? Te lo fai regalare dal fidanzato? Glie lo dirò, sì.
Qui c'è la fila, vediamo cosa fanno. Lanciano scarpe contro un muro. Non mi pare che l'attività richieda grande destrezza. Ah, no, vedi, c'è il trucco, devi farle restare attaccate al gancio sulla parete. Vinci un paio di calzini. Vabbè, anche no.
E questi? sembrano mica normali, a dar pugni al vento. Che a guardarli da fuori anche quelli che giocano con la wii sono ben strani.
Bevande energetiche. Tè dello yunnan. Gioielli. Scarpe da collezione. Polizze assicurative. Centro massaggi.
Ok, ho visto abbastanza. Meglio se torno verso casa.

Però, a pensarci bene, questi delle polizze sono lungimiranti...
Facciamo un po' di chiarezza, eh, visto quello ch'è successo qui.
Vi do una dritta, anzi due, nel caso.
Come foto vorrei quella della carta d'identità. Lo dico perché a qualcuno non venga in mente di usare quella del passaporto, ché ci tengo, io, a far bella figura coi posteri.
E come canzone, questa, o questa, o questa. Al limite anche questa.
Ah, un'altra cosa. Mettetevi pure una parrucca, che fa più funny.

martedì 27 novembre 2012

Un'ora sola (La differenza tra qui e là)

Ieri sono andata in HuaiHai Lu, bella strada piena di negozi di lusso e mall e gente, una strada effervescente che di sera ha un sacco di luci e lucine, che però ci sono tutto l'anno mica solo a Natale, e di giorno gli schermi che proiettano questa pubblicità della Shanghai Marathon dove ci sono dei ragazzi-cartoon che corrono, e uno c'ha la testa come la pearl tower, uno ce l'ha a forma di raviolo, uno diventa la financial tower, e insomma dovrebbe essere la Shanghai che corre, credo.
È una strada lunghissima, con un sacco di vetrine bellissime. Un sacco di bancomat, anche, che a volte son utili.
È che sono scesa dalla metro con un paio di fermate di anticipo, mica tante. Ho camminato un'ora, e io di solito non cammino mica lenta, e sono passata di fianco a bei ristoranti, tipo Le Cuivre, dove mangi in piatti lunghi e stretti e bevi vino francese sotto lampade rotonde di legno intrecciato, poi vicino alla JiaoTong University e alla biblioteca, e fuori dalla biblioteca c'è la riproduzione del Pensatore di Rodin e un sacco di scale perché è una biblioteca monumentale e dentro ci sono anche dei bar e una vetrata piena di piante a cascata e una specie di fontana con un libro fatto a scala che forse sarà la scala della conoscenza, chissà. Poi lungo la strada ho trovato delle cabine del telefono rosse, e dentro ci sono dei telefoni gialli, ed è strano perché tutti i cinesi hanno i telefonini, anche due a testa, e quelle cabine non le usa più nessuno mi sa, e poi locali, e ambasciate con le guardie in divisa impettite come statue, una scultura enorme di una chiocciola con sopra un elefante, chissà che vuol dire, se ce l'ha un significato, e un taxi di Londra però giallo con un finto Tower Bridge con le insegne della Twinings, e insomma ho camminato un'ora, un'ora dico, prima di arrivare al Nike Store, che poi è lo sponsor della Shanghai Marathon, dove mi sono comprata una maglia da running. Ché insomma per quella corsa là ci vuole qualcosa di nuovo, no?
Lo so che non corro la Marathon, e neanche la Half Marathon. 
Diciamo una StraShanghai, a star larghi. 
Però mi volevo gratificare, ecco. E se anche è costata una follia, quella maglia lì, va bene lo stesso, che a volte le follie vanno in coppia.

E comunque poi ho pensato Va' che roba, che qui puoi camminare un'ora lungo la stessa strada, e neanche farla tutta, ché poi si era fatto tardi e io non son andata più in là del Nike Store, son tornata indietro, ma la strada non era mica ancora finita.

E invece , pensavo, in un'ora vado fino a Montorio. Oppure al Porto. Capace che se cammino in fretta arrivo anche fino a San Massimo.
Sono cose.

lunedì 26 novembre 2012

Il gusto proibito del bambù

- Ma, Gatto, avevi da preparare i compiti di topic! Qui c'è scritto che domani devi portare l'habitat del tuo animal...
- Sì
- Ah, ecco, sì. L'hai fatto?
- Cosa?
- L'habitat amore, hai fatto l'habitat per il tuo... che avevi scelto, il panda se non sbaglio.
- Noo.
- Mi pareva, infatti. E vogliamo farlo o vai senza compito?
- No! facciamolo!
- Allora dai, dobbiamo metterci qui subito. Vediamo... Io lo farei di carta, tipo origami, che ne dici?
- No no no! Di carta non mi piace.
- Non ti piace. Allora lo facciamo col pongo?
- Ma non lo voglio col pongo!
- E con qualcosa lo dobbiamo pur fare!
- La maestra ha detto che lo possiamo fare col lego.
- Ma noi il lego non ce l'abbiamo. A parte che sarebbe difficile fare un intero habitat... vabbè comunque non ce l'abbiamo, il lego, il problema non si pone.
- Allora come facciamo?
- Stai calma Gatto. Adesso ci penso. Per esempio, ce l'hai ancora il peluches della scuola?
- Quello con la maglietta e il cappello?
- Sì. Gli togliamo il cappello e anche la maglietta, che i panda ce l'han mica, in natura, e usiamo quel panda lì.
- Ok. Abbiamo finito? Posso mettere un fiocco rosa al panda? Così è più bello
- Amore, no. Il panda non ha magliette e nemmeno fiocchi, in natura. E poi dobbiamo fare l'habitat, ricordi? Dove vive il panda?
- Nel... bambù.
- Nelle foreste di bambù, sì. Dobbiamo fare la foresta di bambù. Hai qualche idea?
- …

- Non avevo dubbi. Cosci, dammi una mano tu
- Io un'idea ce l'avrei, però...
- Dai spara, che qui siamo in difficoltà con la tempistica
- Ci vuole una scatola, e poi indovina, il bambù. Siamo in Cina, sarà mica difficile trovare il bambù.
- Che vorresti dire?
- Eddài Wonder, esci, vai qui dietro che c'è il boschetto di bambù, ne tagli un paio e hai la tua foresta
- Cosci, ti faccio notare che sono le cinque del pomeriggio, c'è un buio della madonna e sta diluviando. E non so se ti è mai capitato, ma non è mica tanto facile tagliare una canna di bambù, basta mica il coltellino svizzero.
- E allora lascia la tua bambina senza topic project, che ti devo dire.
- Quando parli in inglese sei ridicola.
- E da che pulpito. Comunque la sostanza non cambia, Wonder. E guarda che il tempo passa, ti conviene non pensarci troppo.
- Non ho nemmeno gli stivali da pioggia, mannaggia...

La Wonder, munita di ombrello, impermeabile e coltello da macellaio che sbuca dalla tasca, si muove furtiva verso il boschetto di bambù, accompagnata da un Gatto perplesso che cerca di mascherare una lieve inquietudine.
Se una delle guardie la trova a prendere a sciabolate la boscaglia avrà il suo bel daffare a spiegare perché. Senza contare cosa dovrebbe inventarsi se qualcuno la vedesse uscire dal boschetto con un paio di canne di bambù lunghe due metri sulla spalla. Confida nella pioggia, nel buio e nell'aria di tramortita indifferenza che sa mettersi in faccia quando fa qualcosa di proibito.

Il che accade piuttosto di rado, non crediate. Tipo quella volta che ha rubato una mela dall'albero, la più buona della sua vita, che se la ricorda ancora.

mercoledì 21 novembre 2012

Piattini di riso e pianto

Ecco, è successo.
E prima o poi doveva capitare, lo sapevo.
Ché quando parti hai voglia di vedere tutti gli amici, e salutarli, e dirgli che ti ricorderai di loro, e che quando verranno in Italia, e che quando tu andrai in Francia, in Giappone, in America, a Taiwan, quando tornerai a Shanghai...
E allora prendi il telefono e inizi a scorrere la rubrica, e vedi dei nomi, mica sono tanti, quei nomi lì, che nella tua scheda cinese ci sono solo gli amici nuovi, e non sono mica tanti gli amici nuovi.
Veramente ci sono anche dei nomi che non ti ricordi bene a quale faccia appartengano, ma quelli sono pochissimi.
E poi mentre scorri la rubrica pensi adesso chiamo l'Amica Francese, e state al telefono un'ora e promettete di vedervi, prima di partire. E anche Doris, che adesso ha una pancia che sembra una balenottera con gli occhiali rossi, che da quando è incinta non vi vedete più tanto perché è sempre stanca, ma quando vi vedete vi abbracciate, pancia permettendo.

E mentre sei lì che scorri tutti i nomi arriva un messaggio, e sono Li Jie e Tamao che ti invitano a pranzo. E allora vi trovate nella lussuosa hall dell'hotel Millennium, e tu arrivi con le borse della spesa con la verdura e la toilet paper, e non è mica molto fashion andare in giro con la toilet paper ma qui in Cina non ci fa caso nessuno, nemmeno nella hall lussuosa dell'hotel Millennium.
E al secondo piano c'è un ristorante cinese dove mangiate ravioli e maiale dolce e anatra arrosto e pollo e manzo al peperoncino e noci zuccherate al sesamo, perché ordina Li Jie e tu hai voglia di provare tutto quello che sai che non mangerai più, perciò assaggi anche un pezzetto di piccione che ha proprio l'aspetto di un piccione, becco compreso, e anche le zampe di gallina, mollicce, con quelle ossa minuscole che si rompono in bocca e pare facciano così bene alla pelle, e il tofu spugnoso con i funghi e le arachidi, e la tapioca piccante, e usi le bacchette e scopri che sei diventata piuttosto agile, e non perdi più il cibo in mezzo alla tavola, e bevi il tè al gelsomino e ridi nel sentire che Tamao non andrà a Londra con suo marito perché fa troppo freddo e soprattutto perché ha il saggio di Hula Hoop, può mica perderselo anche se è principiante e la metteranno in fondo, là dietro un po' nascosta, e poi scopri che Li Jie ha una camera tutta rosa anche se ha trentacinque anni perché il feng shui dice che le donne senza marito devono circondarsi di quel colore lì, che è il colore dei fiori di pesco che con il loro profumo attraggono i mariti, e diciamo proprio così, i mariti, e ridiamo.
E poi Li Jie ordina un sacco di dolci, tutti quelli del menù così li posso provare prima di andare via, dice lei, e noi diciamo che è troppa roba e lei dice che se non mangiamo noi mangia lei, e poi dice anche che dovrebbe dimagrire per trovare i mariti e allora ridiamo ancora, e arrivano delle vaschette con una zuppetta di fagioli rossi dolci, una zuppetta di riso cotto nell'alcol di riso, una zuppetta con delle palline gelatinose arancioni, delle specie di tortine con delle palline gelatinose blu, dei quadrati di iced jelly con della frutta secca e degli involtini di crema alla banana.
E poi mi regalano due piattini cinesi, uno con i disegni azzurri di Tamao e uno di Li Jie con gli stessi disegni però in rosa, per via del feng shui, e mi dicono che così mi ricordo di loro, e allora realizzo che probabilmente non le rivedrò più, e aggiungo probabilmente ma solo per sentirmi meglio perché in realtà so che non le vedrò più, nonostante le promesse, nonostante i voli low cost, nonostante questa minchiata della globalizzazione, perché la Cina è lontana e anche il Giappone, e mi viene da piangere e penso che non mi servono i piattini per ricordarmi di loro, e ci abbracciamo e anche a Tamao viene un po' da piangere, e le do io un fazzoletto perché non se l'aspettava mica, di piangere un po', Li Jie invece sta seria, non ride nemmeno, e le cinesi quando sono tristi ridono di un riso finto e imbarazzato, invece lei non ride, mi guarda solo con gli occhi neri e mi dice Dimmelo se hai bisogno di qualcosa, io sono qui.
E così poi prendo la mia bicicletta e le guardo andare via e girarsi e salutare con la mano, e pedalo verso casa con la mia toilet paper e la verdura e i piattini cinesi, e mentre pedalo mi arriva un messaggio, I'll miss u, dice, e a me viene un groppo e poi sento le lacrime che scendono, e non è che mi cola il naso come quando piango tanto ma le lacrime sì, e provo a fermarle ma niente, si scioglie anche il mascara e non piove nemmeno che avrei la scusa per la faccia tutta bagnata, e penso va' che scema, e provo anche io a ridere di quel riso finto ma non funziona, e però poi penso anche che fa lo stesso, ché se non importa a nessuno di una ragazza con la verdura e la toilet paper nella lussuosa hall dell'albergo Millennium a chi mai potrà importare di una ragazza che pedala con dei piattini cinesi e la faccia bagnata di lacrime.

lunedì 12 novembre 2012

Filosofia delle idee, QI e diversivi domenicali

Dicono che cambiare idea sia sintomo di intelligenza.
Tu per esempio hai una convinzione radicata, che hai maturato nel corso di anni di esperienze, e sei sicura che sia giusto, quello che pensi, proprio perché si tratta di un'idea empirica, di una condizione praticamente scientifica, un ragionamento che deriva dalla sperimentazione quotidiana, ecco. Che poi può capitare che arrivi ad avere certe idee anche senza averne un'esperienza pratica, non dico mica di no. Anzi. Si chiama deduzione, ecco, e ha un po' a che fare con l'intuito, e si sa che a noi donne l'intuito ci piace un casino.
Comunque.
Tu sei una persona tutta d'un pezzo, credi nelle tue idee e il compromesso ti sembra una debolezza, una finzione, che alla fine magari mette d'accordo tutti ma non accontenta nessuno. E se anche poi ti ci adatti, al compromesso, resti intimamente, profondamente convinta che la tua idea sia quella giusta, e ti senti in colpa con te stessa per aver abdicato, quando capita.

Però dunque arrivi a un punto in cui qualcuno ti convince a cambiare idea. Tu, per quanto sia affezionata a quell'idea là e cerchi di difenderla in ogni modo, alla fine ti accorgi che ha qualche pecca, che c'è un buco qua che fa acqua, un tarlo là che la corrode, e che le tue esperienze, quelle che ti avevano consentito di elaborare la tua idea con una certa sicurezza, in fondo sono parziali, sono relative, ecco, e quindi, in definitiva, potrebbero essere sbagliate.

E quindi capita alle volte che io sia indotta a cambiare idea. Però quando capita non è che rimpiango l'idea di prima. La saluto, adieu, la ricordo come una vecchia amica con cui alla fine hai scoperto di non avere così tanto in comune, e basta, di solito. Largo al nuovo.

Così succede che una domenica mattina cambi idea.
Che prima pensavi no, non se ne parla, poi sai che casino, lo so già come va a finire, son già stanca adesso che son solo le nove e mezza, ché alle nove e mezza hai già fatto la colazione il bagno asciugato i capelli la vestizione i disegni e due origami per tre bambine e adesso ti mancano ancora quattro ore prima del pomeriggio con gli amici al parco, e a loro è venuta questa smania di pulizia e si son già litigate le due scope di casa però sono state così brave a spazzare la sala e anche la cucina sotto il tavolo, e in qualche modo bisogna pur fargliele passare, quelle quattro ore, e allora magari, mentre loro fanno quello, pensi che potresti buttarti sul divano a leggere due pagine del libro appena iniziato, e poi ti viene in mente quello che diceva la Bis Nonna alla NonnaMimmi nella stessa situazione, e la Bis Nonna diceva che è meglio approfittarne, di quei desideri lì, e insomma alla fine ti convinci che va bene, adesso sono grandi abbastanza, forse, scacci via quella tua idea retrograda e le metti su due sgabelli davanti al lavello, e così una lava i piatti con la schiuma e l'altra li sciacqua e li mette ad asciugare. Però i coltelli li togliamo, eh, ché con quelli si fan male pure i grandi.

E poi, quando son passati venticinque minuti e in realtà non hai letto molto, di quel libro appena iniziato, ma in compenso sai tutto della Snoring Beauty e anche qualcosa di Fox per ogni giorno della settimana, ché non sei mica riuscita a convincerla, la Gabbianella, a leggerseli da sola quei libri là; dopo che empiricamente hai avuto modo di riflettere piuttosto a lungo sul fatto che questa ostinazione nel tenersi le proprie idee è tipica dei bambini, in tutta evidenza; poi dunque torni in cucina, e ti avvedi che in effetti, a ben guardare, cambiare idea a volte non è una mossa molto intelligente.

giovedì 8 novembre 2012

Never be afraid of change, ovvero Della relatività delle percezioni temporali (pensieri sparsi a margine di una notizia)

Quindici mesi. 
È un periodo lungo, quindici mesi. Ci puoi far nascere un bambino, e anche farlo crescere un po', per dire. Oppure imparare a ballare il tango, ecco.
Che poi invece il tempo passa così in fretta che quasi non te ne accorgi. E anche quando cambi continente, e ti ritrovi a vivere, che so, in Cina, e prima di partire hai un po' paura ma sei anche eccitata e curiosa; quando riempi scatoloni di libri, vestiti, lenzuola e scarpe, e fai spazio anche alle biciclette, ma non pensi di portare via le foto anche se poi capirai che ne avevi bisogno, di quei ricordi; quando lasci il lavoro che ti piace perché ti aspetta una vita diversa, e quel lavoro non ti può aspettare; quando ti prepari a cambiare vita, insomma, anche solo per tre anni, e ti trascini dietro i brandelli della vita di prima, a farti un po' di compagnia, non ti rendi mica conto che il tempo passa in fretta.
E invece sono già passati quindici mesi. 

E in quindici mesi scopri che la Cina è un paese immenso, e che ancora non sei capace di trasformare una carta geografica in terra vera. Scopri che i cinesi sono curiosi, come i bambini, e che se uno sconosciuto guarda nel tuo carrello quando fai la spesa, o ti chiede quanto hai pagato la tua borsa nuova, o vuole sapere quanto pesi e cosa mangi e dove stai andando è perché qui la privacy non esiste, neanche quando fai la pipì.
Capisci che per loro non ci sono filtri, e gli occhi, quegli occhi che ti fissano fino a crearti imbarazzo, che ti scrutano con l'interesse morboso dei bambini, gli occhi sono così sottili perché vogliono vedere lontano senza farsi guardare dentro.
Perché i cinesi sono bambini. Vogliono macchine costose e potenti, e ci mettono il poggiatesta di peluches. Indossano le scarpe coi tacchi a spillo, la minigonna di finta pelle e in testa un cerchietto con un fiocco rosa. Sono cocciuti ed egoisti, maleducati, prepotenti e furbi proprio come certi bambini. Fanno promesse che infrangono con sconcertante facilità, nascondono i cocci e fanno finta di niente, coprono l'immondizia con un muro di fiori, perché ciò che vedi è più importante di ciò che sei.

Però impari anche, in quindici mesi, che si può trasportare una vita intera su un carretto, per le strade della città; che si può passare la giornata in un negozio di due metri per tre, e dormirci, e mangiarci, e viverci, e continuare a sorridere. Scopri che i cinesi sono coraggiosi, e possono lasciare un lavoro e uno stipendio sicuro per inseguire il sogno di girare in bicicletta e fare fotografie. Che si buttano nelle imprese più strane senza paura, perché hanno poco da perdere, e ricominciano ogni volta che quel poco lo hanno perso con la stessa facilità con cui un bambino si rialza dopo una caduta. Che non c'è un'età per cambiare le cose, e la vecchiaia è uno stato mentale. Perché il cambiamento non li spaventa, e sono preparati al sole e alla pioggia, al freddo improvviso e alla solitudine, e le sventure non li scalfiscono più.

E sono tanti, quindici mesi. Perché a volte basta un'ora, per innamorarsi (specie in primavera), ma a volte ci vuole un po' di più.

Di Shanghai non ti innamori.
È una città immensa, contraddittoria. Ha lo skyline più bello del mondo, ai cui piedi si srotola un tappeto di povertà e miseria. Le vetrine luccicano di perle e oro e borse e vestiti, i grattacieli risplendono di luci multicolori nel buio del tardo pomeriggio come un perenne, gigantesco, affascinante albero di natale, e quando si spengono, alle dieci di sera, ti stupisci di quanto possano essere tristi e grigi. Lungo i marciapiedi, sulle case, sotto le tettoie, nelle verande, su lunghi bastoni fuori dalle finestre sono appesi i panni ad asciugare. Lenzuola, mutande, pantaloni e reggiseni dondolano sullo sfondo dei grattacieli, sulle cui vetrate si riflettono le pubblicità di profumi e le insegne dei fast food. Su quei marciapiedi, proprio sotto la biancheria, la gente siede su minuscole seggiole e mangia da ciotole improvvisate sputando semi e avanzi, vende patate distese su cartoni per terra, cavoli verdi incastrati tra le grate della finestra e banane ammucchiate su una sedia di legno, e lascia che le galline becchettino intorno foglie d'insalata e chicchi di mais. Nei vicoli stretti la gente vive fuori casa, dorme sulla motocicletta, si lava nelle bacinelle con l'acqua del canale, cucina spadellando verdure nel wok, appende anatre e pesci a seccare al sole e lascia che i cani ne annusino l'odore.

Di Shanghai non ti innamori, no.
È lei che ti conquista, un po' alla volta, con la sua vitalità, la sua cultura, la sua aria internazionale, i suoi parchi pieni di coppie che danzano, i viali con le statue di bronzo, i quartieri pieni di locali, di motorini elettrici, risciò e biciclette a scatto fisso. Con le sue strade sopraelevate, il caldo torrido di certi pomeriggi d'estate e il frinire assordante delle cicale, l'inaspettato blu del cielo e il vento forte che scompiglia capelli e pensieri. Con il suo miscuglio di razze e culture che si incontrano per caso e fanno un pezzo di strada insieme. Respiri diversità, qui, oltre che una gran quantità di smog. Sperimenti le altezze vertiginose dei grattacieli e percepisci nei palazzi il lusso vero, la ricchezza senza pudore. Ti aggiri tra negozi vuoti di clienti ma pieni di commessi, dentro alberghi dai soffitti così alti che fai fatica a guardare in su.
E in quindici mesi impari a sentirla, questa città, che ti corteggia come un amante finché non fa breccia nel tuo cuore. E così impari a mangiare con le bacchette, a cucinare con tre tipi di salsa di soia e a cuocere anche l'insalata, e compri dolci ripieni di fagioli rossi e di alghe. Impari a parlare una lingua difficile e magari anche a capirla un po', a sorridere a chi ti guarda e a diffidare di chi vuole offrirti una tazza di tè, specie se è vestito bene.
Impari a scansarti se passa un motorino sul marciapiede, e a farti strada scampanellando in bicicletta, un po' come il venditore di castagne col suo carretto. Impari che a sederti sui talloni a ben vedere si sta anche comodi. Mangi bàozì mentre cammini, compri dai venditori ambulanti pannocchie arrostite e spiedini di frutta e palloncini colorati, hai sempre un libro in borsa perché le distanze sono lunghe e i fazzoletti in tasca perché i tassisti guidano da cani.

Impari che si può stare su una panchina a leggere un libro dalle pagine bianche, perché le parole immaginate sono sempre più belle di quelle scritte. Impari che a scriverle con l'acqua, quelle parole, avranno la forza del vento e il calore del sole che le asciuga.
Impari che sei tu lo straniero, l'esotico, in un mondo dove per te tutto è strano e bislacco, immobile da millenni come un tronco di gimkobiloba eppure mutevole come una nuvola bianca.

Impari che è facile, incredibilmente facile, conoscere persone nuove che come te hanno lasciato la loro casa e la loro vita di prima, e sono tutte persone in gamba, e il confronto ti fa bene. E scopri che l'amicizia a volte è inaspettata e bella come una scatola di cioccolatini. Perché l'hai sempre sentita a pelle, l'affinità, ma non ti aspetti di trovarla dall'altra parte del mondo, con gli occhi a mandorla o l'inglese di Boston, con l'inflessione francese o l'accento milanese, per dire.

E capisci che ci hai messo troppo tempo, ad abituarti alla tua nuova vita, col pensiero che il tempo sarebbe stato abbastanza, perché ce ne mette, a passare, il tempo. E ci sono delle cose che hai fatto, che hai visto, che hai imparato, ma troppe ancora che vorresti fare, e vedere, e imparare, e le hai sempre rimandate, perché ce n'è di tempo, almeno altri quindici, venti mesi, pensavi, anche di più.
E invece.

Non ho l'età

Il fatto è che uno pensa di poter fare delle acrobazie, magari solo per infilarsi tutta giuliva un paio di jeans nuovi in cui mai avrebbe pensato di poter entrare, a guardarli, e poi si ritrova con uno strappo alla schiena che potrebbe, dico potrebbe, pregiudicare la preparazione atletica per quel traguardo là, non so se mi spiego.
E quel ch'è peggio, non è nemmeno l'unica ragione per cui mi sento un po' giù, in questi giorni. 

martedì 6 novembre 2012

Va' che notizia. Le migliori selezionate per voi #2

L'aspettativa di vita a Shanghai è arrivata a 82,5 anni. Niente male, qui i vecchietti sanno tenersi in forma. Secondo la Shanghai Gerontological Society (ebbene sì, esiste una Gerontological Society. Non sanno più cosa inventarsi) in città ci sono millecentocinquantasei centenari. A oggi, diciamo. Poi domani chissà. Comunque. La reginetta dei centenari è Li Suqing, 113, che secondo quanto dice la sorella di solito è di buon umore e si arrabbia difficilmente. L'uomo più vecchio è un sarto (in pensione, evidentemente) di 110 anni. La benemerita società gerontologica sciangaiese dichiara che i vecchietti hanno in comune alcuni tratti: sono tranquilli, non si arrabbiano, di mentalità aperta, mangiano un po' di tutto, fanno esercizio regolare e vanno d'accordo con i loro famigliari. Questa in effetti è la parte più difficile.

A proposito di arzilli vecchietti, Zhu Shumei, minuscola nonnina di 76 anni, ha passato 20 anni a giocare a basket nei campi dell'università, dopo aver divorziato dal marito. E pur guadagnando 437 yuan al mese, ne ha spesi 500 (circa 60 euro) per comprare un pallone. Quando si dice la passione.

E a proposito di passione, non ce l'avete voi una passione? Per esempio l'arte?
Dite la verità che non vedete l'ora di fare un po' di pittura dal vivo. Ditelo, che vi ha sempre affascinato l'idea della modella ignuda che ammicca dallo sgabello su cui sta appesa come un cardellino, cinguettando pure anche se solo nella vostra mente, oppure languidamente distesa su un canapè, che il canapè si usa solo per farci stendere le languide modelle.
Ennò. Volete fare i pittori? Le modelle ve le sceglie il docente, e guai a chi si lamenta.
Questo mese fate pratica sul nudo maschile.
Naaaaa, ragazze, amici gai, niente gridolini per cortesia. Il modello selezionato questo mese si chiama Li Jun, e si metterà a nudo per voi nei campus universitari. È originario dello Changdu, ha 84 anni e si diverte un sacco. I figli non gradiscono, il che non aiuta nella lunga strada verso i 100 anni. Pare però che l'attività, oltre a fargli guadagnare qualche spicciolo, gli abbia restituito una certa vitalità. Almeno a prima vista.

Numeri a caso.
Per le strade e le superstrade di Shanghai vengono raccolte ogni giorno 8 tonnellate di immondizia, per la maggior parte lanciata dal finestrino. Adesso mi spiego la quantità di addetti che prelevano l'immondizia non solo dai parchi, ma anche dalle tue stesse mani. Qualcuno aspetta impaziente che tu abbia finito di bere dalla tua bottiglietta per sottrarti il prezioso contenitore. Uno in meno da raccogliere schivando una porche o un tir in corsa.


Mi fanno gentilmente notare dalla regia che anziché *porsche* ho scritto *porche*, le quali *porche* si differenziano dalle famose auto per essere (cit.) "suine o giovani dai facili costumi".  Immagino che scontrarsi con una scrofa non sia gradevole, per quanto sia probabilmente sempre meno pericoloso che essere investiti una *porsche*, mentre si può facilmente immaginare che le altre tipologie di *porche* riscuotano maggiore successo in fatto di investimenti fisici.

venerdì 2 novembre 2012

Like a movie star

Succede che mi trovavo in taxi, imbottigliata nel traffico delle cinque e mezza di un qualsiasi pomeriggio di Shanghai, col cellulare in mano a mandare messaggi d'amore, e poi ho guardato fuori dal finestrino. 
Il fatto è che non mi succede spesso, di trovarmi da sola in taxi nelle luci del tardo pomeriggio, e ho provato un'improvvisa sensazione di estraniamento, come se mi stessi guardando da fuori.
E ho visto le luci delle strade e dei negozi, e le vetrine e le insegne e la gente passeggiare, e ho incrociato gli occhi di un uomo fermo al semaforo, e poi ho visto la mia immagine riflessa nel vetro, e c'era una donna con un trench chiaro e il viso illuminato dalle luci dei palazzi, e i capelli che lo coprivano un po', e allora per un attimo, un momento breve come un battito di ciglia, mi è sembrato di essere in un film.
Uno di quelli vecchi, che un cellulare come il mio ormai non ce l'ha più nemmeno mio nonno.

domenica 28 ottobre 2012

Guida pratica all'occupazione del tempo libero

Io sono una taitai*.
Non che ne vada fiera, ma tant'è, certi status non te li scegli, ti arrivano tra capo e collo e ti tocca tenerteli, anche se non ti ci senti bene per niente.
Ci sono un sacco di taitai, a Shanghai. Millemila. Numeri da far girare la testa. Bisogna pur inventarsi qualcosa per tenerle occupate, no?

- Che ne dici di un corso di ceramica?
- Macché ceramica, Wonder, sei mica la Demi Moore, ché lo so che hai in mente quella scena là...
- Imparare il francese?
- Ma se hai già i tuoi problemi con l'inglese, per non parlare del cinese...
- Qui insegnano come fare i gioielli.
- Mah, forse. Quelli che facevi non sono male. Perché hai smesso poi, non si sa
- Si sa invece. Le perle in giro non sono il massimo con in casa bambini sotto i tre anni. Cucito?
- Ma dai che quello che sai fare ti basta e avanza, per quei due vestiti all'anno!
- La zumba, ecco qua.
- No ecco, non ti ci vedo proprio a fare balletti di gruppo.
- Voglio imparare a ballare il tango.
- Peccato, qui non lo insegnano. E tanto il Bighi non ci viene, con te.
- Fashion style?
- Dimmi che stai scherzando
- Guarda un po'. Recitazione, scrittura, beh, scrittura... yoga, pittura, calligrafia. Insegnano pure a costruire un libro. Primo soccorso non mi pare proprio il caso, che dici? Mosaico, Religioni in Cina, mah. Life skill. Eh, questo sì farebbe comodo. Ma che vorrà dire, life skill, poi?
- …
- ...
- Cosci! l'ho trovato!
- Oddìo che spavento! che hai trovato, Wonder, il Signore? Trova il Signore prima che il Signore trovi te
- Cosci, ho trovato il corso che fa per me. Guarda qui. Lo fanno all'Expat Learning Center.
- Beh, insomma, se proprio devi scegliere... Ne hai mica già abbastanza con il cinese? che poi chissà se servono, quei corsi là. Guarda un po' il corso di cucina cinese, che bell'investimento
- Ma che c'entra. Cucinare non mi è mai piaciuto. L'ho fatto solo per sapere come diavolo si cucinano quelle verdure di cui non sospettavi neanche l'esistenza, prima. Invece questo era proprio quello che volevo fare, solo che non lo sapevo prima di vederlo scritto...


Ogni foto che non fai è un buco nella memoria, diceva una famosa pubblicità. Tanto vale farle bene. 
E così la Wonder si è buttata sulla fotografia.
Franc Péret, francese artistoide dal passato avventuroso, cameramen giornalista nonché fotografo professionista, svela a 10 facce basite i segreti delle loro macchine fotografiche e parla di full freim, pixèl, aperciùr, esposisciòn, trabòl, problèm e finisce tutte le frasi con eh, come l'Amica Francese.
La Wonder, appena entrata in classe, ha identificato un certo numero di taitai ricche e imbrillantate dotate di macchine fotografiche professionali e costosissime di cui non sanno nulla e che espongono con una certa evidenza sul banco. Poi ha conosciuto una ragazza turca che si chiama Burcak e fa gioielli e le sembra già di conoscerla da sempre, un ragazzo canadese che si chiama Matt e a dispetto dell'aspetto da ingegnere è un pittore, una ragazza svizzera che si chiama Anna che crede di aver incontrato in una vita precedente e si diverte un sacco, ride la maggior parte del tempo e, forse, impara anche qualcosa.


*Dicesi taitai donna occidentale nullafacente sposata con un espatriato e dotata di tutti i comfort.

mercoledì 24 ottobre 2012

十四 (shì si)

Che dopo il tredici venga il quattordici sembra ovvio, ma invece non è così scontato, a pensarci.
Perché a mettere insieme trecentosessantacinque giorni fai una fila lunghissima, così lunga che ci potresti fare il giro del mondo cinque volte, per dire, a ottanta giorni per volta.
E magari ti perdi, lungo la strada, al secondo giro, o magari al terzo.
E poi scopri che invece basta tenersi per mano, perché ci si può perdere anche a stare fermi, e allora le tieni strette, e ti senti sicura, in quelle mani. E così passano, i trecentosessantacinque giorni, che quasi non te ne accorgi, e insieme fate un sacco di cose, e quel viaggio lo fate tutti i giorni, anche senza fare il giro del mondo, per dire.

martedì 23 ottobre 2012

Delirio pomeridiano

- Posso regalare questo braccialetto a un mio amico?
- Quale braccialetto, Gatto?
- Mamma cocca me
- Tocca a te, amore?
- Guarda faccio la snail!
- Che fai distesa per terra? Tirati su che pulisci il pavimento!
- La snail, vedi?
- Quello là rosso... Perché l'altro con il cuoricino si è rotto e allora gli do questo qui
- Intanto scrivi lì che numero viene prima del nove. Fammi capire, gli hai già regalato un braccialetto con un cuore?
- Mamma cocca me
- Tocca a te, amore, tocca a te.
- Sì. Quello dell'orsetto di cioccolata della NonnaMimmi. Me l'ha chiesto lui...
- Dai BB vieni a fare i compiti, qui facciamo notte, con 'ste frasi
- Non mi vengono frasi con bell. Posso fare una frase con snail?
- Mamma cocca me, vieni? Dai vieni!
- Arrivo, un momento.
- E come si chiama, questo tuo amico di scuola?
- Si chiama Gecfon e ha i capelli... ehm... gialli. Ma non giallini... gialli gialli
- Come hai detto che si chiama?
- Stasera facciamo uno show. Vieni a vederlo mamma?
- Eccome no, non me lo posso perdere. Dai però adesso con questi compiti.
- Va bene se scrivo The shop can sell pets, fruit and vegetables?
- Che negozio è, che vende animali e verdura?
- Si chiama Gecfon. E ha i capelli gialli
- Mamma cocca meeee.
- Jackson. Bel nome. E ti piace, questo Jackson, mi pare
- Sì. Visto che bene che è venuto l'otto?
- È un negozio fatto così, che vende pets. Va bene? Guarda.
- Pets si scrive pets, non pats. Anche frot e vagtabol sono sbagliati, amore, correggi.
- Ma Jackson è il tuo findanzato?
- BB fai quelle frasi
- Mamma, vieni? Cappa la cacca, hai capito?
- Ossignur, la cacca! E potevi dirlo subito...
- Gatto, guarda come dondola il mio dente!
- BB, ti concentri su quelle frasi per piacere? Ecco. E Gatto... Jackson è il tuo fidanzato?