domenica 28 ottobre 2012

Guida pratica all'occupazione del tempo libero

Io sono una taitai*.
Non che ne vada fiera, ma tant'è, certi status non te li scegli, ti arrivano tra capo e collo e ti tocca tenerteli, anche se non ti ci senti bene per niente.
Ci sono un sacco di taitai, a Shanghai. Millemila. Numeri da far girare la testa. Bisogna pur inventarsi qualcosa per tenerle occupate, no?

- Che ne dici di un corso di ceramica?
- Macché ceramica, Wonder, sei mica la Demi Moore, ché lo so che hai in mente quella scena là...
- Imparare il francese?
- Ma se hai già i tuoi problemi con l'inglese, per non parlare del cinese...
- Qui insegnano come fare i gioielli.
- Mah, forse. Quelli che facevi non sono male. Perché hai smesso poi, non si sa
- Si sa invece. Le perle in giro non sono il massimo con in casa bambini sotto i tre anni. Cucito?
- Ma dai che quello che sai fare ti basta e avanza, per quei due vestiti all'anno!
- La zumba, ecco qua.
- No ecco, non ti ci vedo proprio a fare balletti di gruppo.
- Voglio imparare a ballare il tango.
- Peccato, qui non lo insegnano. E tanto il Bighi non ci viene, con te.
- Fashion style?
- Dimmi che stai scherzando
- Guarda un po'. Recitazione, scrittura, beh, scrittura... yoga, pittura, calligrafia. Insegnano pure a costruire un libro. Primo soccorso non mi pare proprio il caso, che dici? Mosaico, Religioni in Cina, mah. Life skill. Eh, questo sì farebbe comodo. Ma che vorrà dire, life skill, poi?
- …
- ...
- Cosci! l'ho trovato!
- Oddìo che spavento! che hai trovato, Wonder, il Signore? Trova il Signore prima che il Signore trovi te
- Cosci, ho trovato il corso che fa per me. Guarda qui. Lo fanno all'Expat Learning Center.
- Beh, insomma, se proprio devi scegliere... Ne hai mica già abbastanza con il cinese? che poi chissà se servono, quei corsi là. Guarda un po' il corso di cucina cinese, che bell'investimento
- Ma che c'entra. Cucinare non mi è mai piaciuto. L'ho fatto solo per sapere come diavolo si cucinano quelle verdure di cui non sospettavi neanche l'esistenza, prima. Invece questo era proprio quello che volevo fare, solo che non lo sapevo prima di vederlo scritto...


Ogni foto che non fai è un buco nella memoria, diceva una famosa pubblicità. Tanto vale farle bene. 
E così la Wonder si è buttata sulla fotografia.
Franc Péret, francese artistoide dal passato avventuroso, cameramen giornalista nonché fotografo professionista, svela a 10 facce basite i segreti delle loro macchine fotografiche e parla di full freim, pixèl, aperciùr, esposisciòn, trabòl, problèm e finisce tutte le frasi con eh, come l'Amica Francese.
La Wonder, appena entrata in classe, ha identificato un certo numero di taitai ricche e imbrillantate dotate di macchine fotografiche professionali e costosissime di cui non sanno nulla e che espongono con una certa evidenza sul banco. Poi ha conosciuto una ragazza turca che si chiama Burcak e fa gioielli e le sembra già di conoscerla da sempre, un ragazzo canadese che si chiama Matt e a dispetto dell'aspetto da ingegnere è un pittore, una ragazza svizzera che si chiama Anna che crede di aver incontrato in una vita precedente e si diverte un sacco, ride la maggior parte del tempo e, forse, impara anche qualcosa.


*Dicesi taitai donna occidentale nullafacente sposata con un espatriato e dotata di tutti i comfort.

mercoledì 24 ottobre 2012

十四 (shì si)

Che dopo il tredici venga il quattordici sembra ovvio, ma invece non è così scontato, a pensarci.
Perché a mettere insieme trecentosessantacinque giorni fai una fila lunghissima, così lunga che ci potresti fare il giro del mondo cinque volte, per dire, a ottanta giorni per volta.
E magari ti perdi, lungo la strada, al secondo giro, o magari al terzo.
E poi scopri che invece basta tenersi per mano, perché ci si può perdere anche a stare fermi, e allora le tieni strette, e ti senti sicura, in quelle mani. E così passano, i trecentosessantacinque giorni, che quasi non te ne accorgi, e insieme fate un sacco di cose, e quel viaggio lo fate tutti i giorni, anche senza fare il giro del mondo, per dire.

martedì 23 ottobre 2012

Delirio pomeridiano

- Posso regalare questo braccialetto a un mio amico?
- Quale braccialetto, Gatto?
- Mamma cocca me
- Tocca a te, amore?
- Guarda faccio la snail!
- Che fai distesa per terra? Tirati su che pulisci il pavimento!
- La snail, vedi?
- Quello là rosso... Perché l'altro con il cuoricino si è rotto e allora gli do questo qui
- Intanto scrivi lì che numero viene prima del nove. Fammi capire, gli hai già regalato un braccialetto con un cuore?
- Mamma cocca me
- Tocca a te, amore, tocca a te.
- Sì. Quello dell'orsetto di cioccolata della NonnaMimmi. Me l'ha chiesto lui...
- Dai BB vieni a fare i compiti, qui facciamo notte, con 'ste frasi
- Non mi vengono frasi con bell. Posso fare una frase con snail?
- Mamma cocca me, vieni? Dai vieni!
- Arrivo, un momento.
- E come si chiama, questo tuo amico di scuola?
- Si chiama Gecfon e ha i capelli... ehm... gialli. Ma non giallini... gialli gialli
- Come hai detto che si chiama?
- Stasera facciamo uno show. Vieni a vederlo mamma?
- Eccome no, non me lo posso perdere. Dai però adesso con questi compiti.
- Va bene se scrivo The shop can sell pets, fruit and vegetables?
- Che negozio è, che vende animali e verdura?
- Si chiama Gecfon. E ha i capelli gialli
- Mamma cocca meeee.
- Jackson. Bel nome. E ti piace, questo Jackson, mi pare
- Sì. Visto che bene che è venuto l'otto?
- È un negozio fatto così, che vende pets. Va bene? Guarda.
- Pets si scrive pets, non pats. Anche frot e vagtabol sono sbagliati, amore, correggi.
- Ma Jackson è il tuo findanzato?
- BB fai quelle frasi
- Mamma, vieni? Cappa la cacca, hai capito?
- Ossignur, la cacca! E potevi dirlo subito...
- Gatto, guarda come dondola il mio dente!
- BB, ti concentri su quelle frasi per piacere? Ecco. E Gatto... Jackson è il tuo fidanzato?

sabato 20 ottobre 2012

Traguardi

- Ce l'ho fatta. Cosci ce l'ho fatta! Sono cose.
- Sì, ho visto
- Che uno quando comincia mica lo sa, dove arriva.
- Vabbè, che sarà...
- Cosci, la smetti per una volta?
- Non ci penso neanche.
- Lo sapevo. Uh, come mi sei antipatica. La coscienza più fracassapalle dell'universo mondo.
- Non mi mettere in mezzo, Wonder
- Tu sei sempre in mezzo, Cosci, non so se ti vedi
- Vabbè, annuncia la grande impresa.
- Ah, sì, ecco... Siòre e siòri, ho corso cinque chilometri in trenta minuti! Ringrazio gli sponsor, i supporter, i fan. Un grazie speciale alla AleSarda e alla sua tabella e a tutti quanti mi hanno sostenuto in questi due mesi.
- Ma, Wonder, non doveva essere un mese?
- Non sottilizzare, per cortesia. Lasciami finire. Non ce l'avrei mai fatta senza di voi.
- Sembri un tantino retorica
- Ci vuole un po' di enfasi, in certi casi, non lo sai? No che non lo sai, stai sempre nell'ombra, tu, che ti nascondi.
- Adesso ti faccio una foto, immortaliamo il momento storico.
- Ma che, sei impazzita, Cosci? Niente foto, neanche a parlarne.
- Ah, volevo ben dire. Una faccia così stravolta non s'è mai vista. Se corri ancora dieci secondi esplodi
- Sempre a criticare, eh. Corrili te, cinque chilometri, se sei capace.
- Ho corso con te ogni minuto e son fresca come una rosa
- Vuoi che litighiamo? Va' che se mi stufo di te ti schiaccio alla parete come quel menagramo del Grillo Parlante
- Eh! ma sei anche permalosetta però!
- Tantissimo.

E io, che avevo cominciato così, un po' per sfida, ché quando mi metto in testa una cosa poi la devo fare, un po' per emulazione, ché pare che l'attività vada alla grande, qui, che ci sono di quelli che hanno il sistema di monitoraggio collegato wireless che elabora tutti i dati e ci fa pure il grafico, un po' perché era una cosa che non avevo mai fatto, insomma ci sono riuscita.
Contro ogni aspettativa, direi. Soprattutto della Cosci.

giovedì 18 ottobre 2012

Stordimento

I WonderParents sono ripartiti.
L'ayi, efficiente come una guardia svizzera, ha riportato ogni cosa all'aspetto primitivo. Ha ritrasformato la camera degli ospiti in studio, ha liberato il bagno della Wonder dagli oggetti personali del Bighi posizionandoli ordinatamente nel bagno giusto, ha lavato montagne di lenzuola, ha ridotto la tavola allungata, ha eliminato le sedie in più.
Da fuori, sembra quasi che i nonni non siano mai venuti.
Da dentro, invece, i nonni hanno lasciato il segno.
Hanno lasciato una Gabbianella sperduta alla continua ricerca della NonnaMimmi, una scatola di latta con alcuni cioccolatini superstiti, un statuetta orientale, un quadro appeso al muro, un catalogo di libri che adesso il NonnoGP starà cercando con un certo nervosismo e una Wonder così frastornata che ha passato due giorni a non fare niente, oziando tra il divano e il computer, a leggere almeno uno dei ventisette libri che il Nonno ha letto durante la sua permanenza qui e che la Wonder non ricordava nemmeno di avere, a ripassare i blog amici, a prendere il sole sulla terrazza, a comprare svogliatamente verdure e pane morbido.
Perché quando passi due settimane con una programmazione serrata peggio dei viaggi organizzati della ChinaAsiaTour, quando non vuoi perdere nemmeno un minuto e vorresti che loro non si perdessero niente di quello che ti piace, quando alle gite turistiche devi aggiungere la quotidianità della scuola, dei compiti, dei riti serali e le cene e la spesa e vorresti che tutto andasse bene, in ordine, senza sbavature e per quanti sforzi tu faccia è impossibile che succeda, allora arrivi così stremata che poi hai bisogno di decompressione.
Uno, due giorni.
Ok, Wonder, tre giorni. Ma adesso datti una mossa, eh.

martedì 16 ottobre 2012

Maestri, tigri e altri animali

In una delle giornate più dense della sua nuova vita scolastica, vale a dire il Parent teacher interview day, la Wonder ha fatto la conoscenza di un numero spropositato di insegnanti, ognuno dei quali dotato di cartellina con foto e principali notizie sugli allievi.

Il bestiarius docentium comprende:
una gallinona riccia spumeggiante e ballonzolante su un mucchio di fogli e pennelli e colori e matite
una tacchinella scura sorridente ma severa, con la testa persa tra numeri e geometrie
una cavalla con lunghe ciglia e capelli al vento e sorriso a trentadue dentoni
una giraffa con un leggero difetto di pronuncia (aridajie)
una cerbiatta biondocrine occhiglauca
uno scoiattolo dai capelli nerissimi a caschetto
un nerd palestrato (lo stesso dell'anno scorso) vestito in doppiopetto, a metà strada tra un gorilla e un pinguino
una gatta che suona il violino.

E mentre la Wonder passava in rassegna l'intero bestiario della YCIS, i WonderParents con le WonderFiglie andavano a vedere le bestie vere.
Lo zoo, si sa, rappresenta una grande risorsa per la BighiFamily. Sta a due passi, è un parco meraviglioso e in più, se vuoi, puoi anche aggirarti per le gabbie a farti fotografare (tu, in quanto occidentale, sarai sempre più interessante del tapiro, dell'ippopotamo e talvolta pure delle zebre, ed è noto che i cinesi amano molto l'animalier).
Però è uno zoo normale.
Voglio dire, ci sono scimmie, panda, tigri gialle e tigri bianche e pure un tigrotto nuovo con le orecchie bianche, leoni zebre giraffe elefanti, ippopotami rinoceronti e gazzelle, volpi orsi iene e conigli, istrici pantere leopardi pinguini, aquile gufi pappagalli e cigni neri e pellicani e cicogne e pesci mutanti, maialini e capre, serpenti coccodrilli e tartarughe di mare, gorilla e scimpanzé, pavoni, bufali e canguri e lama e cerbiatti e cavalli, asini, struzzi e zebre e un po' di altri animali strani di cui non sai nemmeno il nome. Ma insomma, uno zoo normale.
Tutte quelle bestie là se ne stanno nei loro recinti, che a volte sono proprio delle gabbie, a volte delle gabbie proprio piccole, e tu li guardi da fuori un po' come fai quando osservi le maestre dal vetro, mentre aspetti il tuo turno per entrare.

Però poi c'è anche un altro zoo, a Shanghai.
Wild zoo, si chiama. Lì gli animali sono liberi (un po' come quando c'è la ricreazione, diciamo), e la gente per vederli deve salire su un pulmino con le grate. Secondo fonti ben informate (il MaxDad deve pur fare qualcosa per occupare le sue giornate di casalingus lavativus), lì sopra stai pressato tra i cinesi che mangiano noccioline e sputacchiano semi, e quando arrivi in prossimità di un animale devi sporgerti verso il vetro, cosa che fanno anche tutti i cinesi del pulmino. Come faccia a restare in piedi, il mezzo, è uno dei misteri di Voyager.
Il percorso è lungo. Infatti quando sali, sul pulmino, ti danno un menù, e i prezzi non sono male. C'è pollo, 40 yuan, coniglio a 50, capra a 100, un po' cara per vero. E mentre tu sei lì che pensi a cosa ordinare per pranzo, che ormai son quasi le undici, il cinese dietro di te paga i suoi 40 yaun e sceglie un pollo, quello che volevi tu per inciso, solo vivo e vegeto con tutte le sue piume attaccate, e l'inserviente lo prende e attraverso un buco lo caccia fuori dal pulmino. La gallina comincia a svolazzare e zaff, arriva la tigre e si fa fuori il tuo pranzo.
Oddio, non è uno spettacolo per mammolette, ecco. Però con la capra fa più effetto, credo.
Se poi nessuno paga i 100 yuan della capra, e nemmeno i cinquanta del coniglio, e neanche i quaranta yuan per la gallina, pover'anima, nessuno li vuole tirar fuori, l'inserviente prende il pennuto, lo mostra alla tigre e poi lo nasconde. La tigre se l'ha un po' a male, a veder sparire così il suo snack, e comincia ad aggredire il pulmino a zampate e ringhiate finché qualcuno non caccia i soldi.
Son esperienze, eh.

Così adesso mi viene un'idea luminosa, come a Gru. Ecco. Se vedo ancora quel barboncino color cacchetta venire sulla mia terrazza tutte le mattine a fare pipì, giuro che lo prendo e lo porto al Wild zoo. Qualcuno che mi dà 50 yuan per vederlo nel recinto della tigre lo trovo. E se non lo trovo, ce lo ficco gratis.*


*Nessun animale è stato maltrattato durante la stesura di questo post (almeno a mia insaputa, cit.). Tranquilla, Maraptica. Anche la minaccia di morte al barboncino color cacchetta è tutta una farsa. Per quanto, almeno una scarpata se la merita, secondo me.

mercoledì 10 ottobre 2012

Quando corri

Alle sette e mezzo del mattino l'aria è frizzante, e i movimenti ancora lenti. Le foglie cadono dondolando e lo spazzino sembra aspettare che tocchino terra prima di muovere la sua scopa di rami secchi. Un gatto sta immobile sulla finestra e guarda fuori sbadigliando. Il solito vecchietto con gli occhiali sta immobile come il gatto sulla panchina e legge il suo minuscolo libretto senza mai girare le pagine. Forse in realtà dorme, non legge.

Quando corri, alle sette e mezzo del mattino, senti l'odore dell'umidità della notte ancora nell'aria e il tiepido calore del sole d'ottobre che scalda la pelle.
Capita che incroci un uomo che corre anche lui, come te, e vi guardate senza salutarvi ma con una specie di solidarietà silenziosa. E mentre corri vedi una donna che cammina, con le scarpe nere e i lacci rosa, e i capelli in tinta, e lei ti saluta e poi la rivedi, al secondo giro, e ti saluta ancora e sorride, e un vecchio con una maglietta con su scritto Ya ba da che fa allungamenti e si massaggia le braccia, e una ayi che porta a spasso due cani che annusano intorno.

Quando corri, alle sette e mezzo del mattino, che non è mica tanto presto, le sette e mezza, e hai lasciato a casa una WonderMum che intreccia i capelli della Gabbianella, beve caffè e scrive memorie (è un vizio ereditario) e per la strada un WonderDad che passeggia con passo lento guardando le ginkobilobe (una delle piante più antiche del mondo, dell'epoca preistorica, originaria proprio della Cina, mica balle), mentre corri davvero, dopo le corse metaforiche della mattina, senti il cuore leggero e ascolti il tuo respiro senza pensare a niente, anche se di cose a cui pensare ne avresti parecchie. Oppure pensi a delle cose che non dirai a nessuno, perché anche i pensieri, certe volte, come quella corsa lì della mattina, sono solo tuoi.

Quando corri capita che calpesti le foglie secche, e senti il rumore sotto le scarpe, e poi magari una foglia vola via e capisci che era una farfalla. Nulla è come sembra. Per esempio, se dalle foglie si alzano le mosche capisci che anche quelle non erano foglie.
E tornando a casa vedi una ragazza di circa quindici anni che sta imparando ad andare in bicicletta, e una donna l'aiuta tenendogliela ferma, e lei ci prova a pedalare ma dopo due metri mette giù i piedi e deve ricominciare, e tu pensi che in fondo, allora, c'è ancora speranza che il Gatto Selvaggio impari anche lei ad andare senza rotelline.

E quando hai corso finché non hai più fiato, consumando tutti i minuti della tabella magica, quella tabella che la devi fare proprio com'è scritta altrimenti non vale, quando arrivi davanti a casa e devi proprio entrare, ché ormai quei ventiquattro minuti li hai corsi tutti, quando sei davanti alla porta di casa, allora, anche se vorresti correre ancora un po', ti togli le scarpe e le lasci nell'armadietto, fuori, insieme ai pensieri solo tuoi, così sono pronte per domani.

domenica 7 ottobre 2012

Pechino, Pechino... quante volte ti ho visto su una cartina e ti ho sottovalutato!*

*Cit. 
Chi indovina la citazione (parzialmente modificata) vince un soggiorno di tre giorni nel soggiorno di casa Wonder. Chi indovina dove è stata modificata potrà usare anche il bagno.


Ci sono vari modi per andare da Shanghai a Pechino. Se hai tanto tempo puoi scegliere il dorso di vacca, ti attacchi alle corna e viaggi tranquillo, strade senza traffico. In alternativa ci sono i carretti, ma non sono sicura che siano altrettanto comodi.
Noi, vale a dire BighiFamily con WonderParents al seguito, abbiamo scelto il treno veloce. Gaotie numero 12 delle otto in punto, partenza dal binario 1, da zero a trecentotrè chilometri in sette minuti e dieci, che non sarà l'accelerazione della Ferrari ma almeno ci stiamo tutti. Ché muoversi in sette è mica come dirlo, eh. Bisogna provarlo. Comunque.
In meno di cinque ore arrivi a Beijing.

Che città bislacca.

Tipo che appena arrivi in stazione prendi un taxi che ti porta a FanGuLu, che non è colpa di nessuno se si chiama così ma non è carino, come approccio.
Tipo che poi i taxi si rifiutano di prenderti su, che a far troppi chilometri si perde un sacco di tempo, e anche il traffico stressa, eh.
Tipo che quando ti prendono si ferma il motore e ti tocca scendere.
Che quando gli dici dove devi andare loro ti portano nei pressi, e poi ti dicono Vai per di là, ci vogliono solo cinque minuti.
Che li vedi fermi per strada e sono in pausa.
Che poi mentre sei lì, con metà della truppa (due bambine più la WonderMum), che scongiuri il tassista impassibile di portarti all'hotel, gli fai vedere pure i soldi, cerchi di impietosirlo mostrandogli le bambine piangenti (all'uopo dai qualche scappellotto a caso), e niente, quello non si smuove, e stai quasi per farti prendere dallo sconforto perché anche la gentile famiglia che s'è fermata per aiutarti è tanto carina, ma è coreana e non parla una mazza di cinese, peggio di me, e la cosa non aiuta, mentre sei lì che stai facendo lavorare i due neuroni nel tentativo di trovare una soluzione all'improvviso arriva una signora vestita di blu, che fa parte probabilmente dell'Esercito della Salvezza perché ti accompagna al bus numero 632, e sale con te così ti mostra dov'è che devi scendere, a XiShiBeiLu, che da sola non ci saresti mai arrivata che era quella fermata là, e poi ti mostra dov'è la metropolitana, e per essere sicura entra con te nel treno e ti mostra dove devi cambiare, e tu non sai come dirglielo che adesso sai fare da sola, e fai un pensiero cattivo circa la possibilità che ti si attacchi dietro e ti tocchi mantenerla per tutta la vacanza, e invece poi saluta e sorride e non vuole neanche la mancia, e mentre si allontana ti sembra di vederle sulla schiena delle piume bianche.

Ma poi, dico, quanti sono 'sti cinesi?

Che siamo andati a vedere la zona degli hutong, quei vicoli stretti e poveri dove la gente si inventa ogni giorno come sopravvivere, e c'era pieno di gente, nei vicoli, in riva al lago, sopra i ponti, sotto i ponti, nelle barche, nei locali, sulla strada.
E la città proibita, imponente, maestosa, che ti riempie gli occhi di padiglioni, pagode, statue, bronzi, ponti e scalinate, portali e giardini e tempietti, brulicante di cinesi come un enorme formicaio impazzito.
E la grande muraglia, bella, bellissima la grande muraglia, quel pezzo là a MuTianYu che per arrivarci attraversi la campagna piatta di laghi e piantagioni di pannocchie e poi arrivi in montagna, perché io mica lo sapevo ma la grande muraglia sta in cima alle montagne, seimilaseicento chilometri su e giù a seguire il profilo ondulato come un serpente imbalsamato. Un sacco di gradini, per inciso. Venticinque cinesi su ogni gradino.
E il palazzo d'estate di quella psicolabile dell'imperatrice Cixi, con il lago immenso e i templi e gli alberi secolari e le strade così strette che ci mettono il senso unico, e i tetti decorati e il corridoio dipinto e il ponte a diciassette archi e le ninfee. Neanche una panchina libera.

E comunque, pensandoci, buona l'anatra alla pechinese, con quella pelle dolce laccata e croccante, bello il giro in barca, e il parco Jingshan con quella collina da cui si domina la città. Bella, tragica la piazza Tiananmen, illuminata come se fosse natale, isolata e transennata e immobile e triste anche se è sabato sera e la gente intorno corre e ride e compra bastoncini di frutta caramellata.
Però, ecco, pensandoci, la mia Shanghai mi piace molto di più.

martedì 2 ottobre 2012

Cento sorprese

Va' che sorprese.
Sto via quattro giorni, che da quando sono arrivati i WonderParents siamo travolti dalle attività, che andiamo per mercati, giardini ming, pagode qing, iscrizioni song e un po' tutto quello che finisce in -ng, a prendere l'aperitivo al trentaduesimo piano dell'Hyatt con vista sulla città illuminata (Elixir Shanghai, con vodka e champagne e succo di mirtillo, non vorrei mettervi troppa invidia ma è notevole se bevuto lassù), nelle città d'acqua, nelle città di terra, a mangiare xialongbao, a provare frutti tropicali sconosciuti delle bancarelle, a comprare fischietti a forma di uccellini e ciotole e teiere, a girare come trottole, a fare cento cose al giorno perché quando hai i WonderParents qui e hai poco tempo vorresti mostrare tutto quello che ti piace, e insomma poi torno qui, che mi siete mancati! e che ti trovo? Cento follower. No, dico, cento. One zero zero, direbbe Max Dad.

- Bighi, ho cento follower!
- Cento folli?
- No, Bighi, cento follower. Son quelli che mi seguono, quelli che mi leggono. Mica come te che non mi leggi mai.
- Mpfh. Sempre folli sono. Ti danno un euro ciascuno?
- Bighi, tu non puoi capire. Sono come degli amici veri.
- Cioè, è tutta gente che non conosci? Ecco perché ti seguono...
- Ha ha, che ridere. Guarda che sono cose. È un traguardo, per un blogger.
- Siete mica normali.

- Tu saresti una blogger, Wonder?
- Cosci, non mettertici anche tu.
- No, intendo, come quelle che gli fanno le interviste e dicono La blogger taldeitali nel suo blog vattelapesca... Giusto per farmi un'idea, eh.
- Cosci, smettila. Lo sai bene che non sono mica famosa. Si chiamano blogger quelli che hanno un blog, no? Adesso c'ho pure cento followers (cento! One zero zero. One hundred. I bai. Chissà come si dice follower in cinese).
- Ti sei chiesta perché son diventati cento adesso che è qualche giorno che non scrivi?
- Non ci riesci, Cosci.
- Vabbè. Però in qualità di tua coscienza preferita, nonché unica, ti consiglio di non montarti la testa.
- Eh, lo so. Sei lì apposta per rompermi le palle. Per una volta che volo un po'...
- Cala cala, Wonder. E guarda avanti, che sennò vai a sbattere.

Sarà. Però sono sorprese. Vorrei baciarvi tutti, uno per uno. Grazie, thank you, xièxie.
E comunque sappiate che sono piuttosto gelosa, quindi vi conviene non sparire. La Cosci non approverebbe, ma vi avverto che vi ho catalogati tutti, e ho preparato delle bamboline vudù, nel caso. Pensateci, eh.