mercoledì 26 agosto 2015

E tu chiamalo fitness

L'atteggiamento degli espatriati nei confronti degli altri espatriati, come ho già avuto modo di sottolineare, è di iniziale completa amichevole apertura.
Poi, con il passare del tempo, fai le tue selezioni personali e alcuni non li vedi più. Ma intanto.
 
In generale, c'è una specie di solidarietà che aleggia, un incrocio di sguardi complici di fronte alle curiosità cinesi, una facilità altrove sconcertante di invitarsi a pranzi, pomeriggi di gioco, tè e altre varie attività per nullafacenti.
Voglio dire, se incontri al parco una filippina con la bambina che ha l'età della tua, mica l'inviti a casa per la merenda. Qui sì.

Comunque, tra le varie attività per nullafacenti, il fitness occupa uno spazio decisamente importante. 
No, non me n'ero mai accorta prima, per il semplice motivo che dove vivevo prima non c'era vita di compound, i vicini, a parte Doris e il Maxdad, erano quasi tutti cinesi arricchiti e ognuno si faceva un po' i fatti suoi. 

Qui invece è molto diverso. In questo mondo di frutta candita, secondo la felice definizione dell'amica Umami, dove i prati sono sempre verdi e l'erba non più alta di tre centimetri, i cespugli tutti rotondi e gli alberi tutti dritti, potresti vivere agevolmente senza mai uscire (che tristezza) e trovare attività ogni giorno diverse per impegnare la tua mente poco fantasiosa e il tuo fisico rammollito.
Che uno pensa, sì, che figata, vado anche io alla mattina presto a correre in palestra, ci vado giusto dopo aver portato le bambine al pulmino, prima delle otto, ci sarà nessuno a quell'ora.
Che sbagliavo non è neanche da dire, ovviamente.
Ma il punto non è tanto il fatto che c'è pieno di gente che suda sul tapis roulant, che fa pesi, vogate, ciclette e panca alle sette e quaranta del mattino.
Il punto è che qui lo fanno seriamente. Voglio dire, la gente qui corre le maratone, va a comprarsi la bici in Canada che costa meno, si fa un'ora di allenamento in vasca prima dell'ufficio, va in Australia per la gara X e in Vietnam per la gara Y.

Vabbè, non mi farò prendere dalla smania olimpica, credo.
Ma intanto lunedì sono andata a correre.

Ve l'ho detto che pioveva? Assì, ve l'ho detto.
Tutta colpa di questo tifone che ne ha fatte di ogni colore, si chiama Goni, che a sentirlo così parrebbe anche innocuo.
Comunque, la notizia è che lunedì sono andata a correre (in palestra, che vi credete, mica ho le branchie). Anzi no, non è mica questa la notizia. Vi spiego. Per tornare a casa ho dovuto affrontare il fiume in piena che scorreva per le strade del compound, e nonostante i miei sforzi per passare da un rallentatore all'altro onde evitare di pucciare i piedi fino alle caviglie, ho dovuto con un certo disappunto arrendermi alla furia degli elementi e ho improvvidamente immerso le mie Mizuno (con i miei piedi dentro) nel suddetto fiume, che per inciso ho scoperto essere un affluente del lago davanti a casa.

La faccio breve. Le mie Mizuno sono morte. Defunte, scollate, kaputt.
Lì per lì ho pensato che potevo anche rimettermele, giusto per fare una corsetta di mezz'ora, e vedere se reggevano ancora, sai mai. Mica posso correre con le zeppe.
E insomma sono lì che racconto questa cosa a Michal, israeliana con look sportivo, mentre saluto con la manina le cucciole sul bus, e lei, occhi nocciola e capelli uguali, come se fosse la cosa più normale del mondo mi dice che ha un paio di scarpe quasi nuove, cioè non rovinate o altro, solo usate un po' ma sembrano nuove, che lei deve buttare perché sai, dopo 500 km è meglio sostituirle, ma mi dispiace tantissimo buttarle perché vanno ancora bene, però se corri così poco sono ok, qualche settimana ancora possono durare, il tempo che ti arrivi il container (glielo dico che nel container non ho altre scarpe da corsa? Naaa, non glielo dico), il numero dovrebbe starti perché io le prendo sempre più grandi, perché poi ti si gonfiano i piedi quando corri per 30/40 km, poi io ne ho tante, mi fa, e non vorrei prendere qualche colpo e infortunarmi, sai, mi sto preparando per l'Ironman a dicembre in Australia...
Ecco.
Così, per darvi un'idea complessiva.

Mi sono sorpresa a dire che era una idea grandiosa, che grazie se mi vanno bene le prendo senz'altro, vedi alle volte il caso. 
Quindi, ho un paio di scarpe nuove. Nike. Di quelle da running, per davvero. Blu e rosa con i lacci giallo fosforescente. 
Le amiche Mizuno le ho salutate con breve ma sentita cerimonia.
Ma pensavo, quando mai in Italia avrei accettato un paio di scarpe usate ma tenute bene da una conosciuta al bar il giorno prima?
Sono cose.

5 commenti:

  1. Quando ero a Shanghai ero incappata in un "piccolo" tifone, e guardavo la gente guadare il fiume in piena che si era formato nella via sotto al mio appartamento in...ciabatte e telo di plastica in testa. Forse per salvaguardare le scarpe dovresti tenere in borsa un paio di infradito di plastica ^_^
    Comunque bella questa cosa della complicità con gente appena conosciuta, no?

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    1. Io odio bagnarmi i piedi quando piove... e poi non sai mai cosa c'è, in quell'acqua lì, son mica torrenti di montagna O_o

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  2. Riespatriare ti ha fatto conoscere nuove cose. In compenso ora hai un paio di scarpe da professionista. E chissà, magari scopriamo che tra un po'di prepari anche tu per l'Ironman...
    In che zona di Shanghai sei andata a vivere, se posso permettermi?

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    1. Sempre la stessa zona, Stefano, Hongqiao (siamo abitudinari...)
      E no, con l'ironman non ce la posso fare, crediammé ;)

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    2. Ok, avevo alcuni amici che abitavano lì... per cui sei comoda al Cialefu!

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