mercoledì 28 dicembre 2011

Instanbul giorno uno

La sala della colazione dell'Hotel Obeliscus alle otto è deserta. Un gabbiano cerca col becco briciole di pane battendo col becco sulla vetrata, un passerotto svolazza di tavolo in tavolo e poi si ferma a guardare il mare.
Etienne, giovane e solerte commerciante incontrato sulla via, ci accompagna all'ingresso della Moschea blu, facendoci da guida, e ci lascia sulla porta dove un gatto sembra fare la guardia.

Con le scarpe nel sacchetto e la sciarpa sulla testa entriamo nella moschea, chiusa per due terzi da una ringhiera oltre la quale un uomo sta accuratamente passando l'aspirapolvere.
Grandi lampadari scendono quasi fino a terra, e nient'altro. Alle pareti, bellissime piastrelle decorate contornano finestre e vetrate, il sole riflette sul pavimento strisce di luce colorata. L'aria fredda passa dai portali spalancati e arriva ai piedi scalzi e poi su alle gambe.
Fuori, una lunga fila di rubinetti per lavarsi i piedi e sgabellini di pietra dall'aria gelida, sei minareti dall'aspetto imponente e grandi portali di legno.

Poco distante entriamo nella Cisterna Basilica, grande sala sotterranea dove centoquaranta colonne in fila si riflettono nell'acqua creando strani riflessi. Oltrepassiamo i divanetti dove propongono fotografie in costume da ottomano, il chiosco di cartoline e il Cistern Café con menu fast food. Prendiamo l'audio guida, un auricolare per ciascuno, ridiamo tutto il tempo alla pronuncia della voce recitante che sembra Ollio in versione femminile e lanciamo una monetina nella vasca dei desideri.
Se il mio si avvera ve lo dico.

A Palazzo Topkapi ci sono le guardie armate, ma i turisti sembrano non farci caso. La residenza dei sultani è grande, veramente grande, le stanze dell'harem sono tappezzate di piastrelle più della moschea blu, il famoso pugnale con gli smeraldi ha degli smeraldi così grandi che sembrano finti e il grosso diamante, controllato da una guardia, è egregiamente riprodotto nel museum shop all'ingresso, come gran parte del preziosissimo tesoro dei sultani. Sembra proprio una favola. Da una delle terrazze si vede il canale del Bosforo, e il vento gelido mi fa lacrimare gli occhi. Non posso non farmi immortalare proprio qui, anche se mi è sceso il mascara, anche se il vento gelido mi scompiglia i capelli, anche se ci sono cento persone nella stessa posa, con la stessa aria infreddolita.

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