giovedì 8 novembre 2012

Never be afraid of change, ovvero Della relatività delle percezioni temporali (pensieri sparsi a margine di una notizia)

Quindici mesi. 
È un periodo lungo, quindici mesi. Ci puoi far nascere un bambino, e anche farlo crescere un po', per dire. Oppure imparare a ballare il tango, ecco.
Che poi invece il tempo passa così in fretta che quasi non te ne accorgi. E anche quando cambi continente, e ti ritrovi a vivere, che so, in Cina, e prima di partire hai un po' paura ma sei anche eccitata e curiosa; quando riempi scatoloni di libri, vestiti, lenzuola e scarpe, e fai spazio anche alle biciclette, ma non pensi di portare via le foto anche se poi capirai che ne avevi bisogno, di quei ricordi; quando lasci il lavoro che ti piace perché ti aspetta una vita diversa, e quel lavoro non ti può aspettare; quando ti prepari a cambiare vita, insomma, anche solo per tre anni, e ti trascini dietro i brandelli della vita di prima, a farti un po' di compagnia, non ti rendi mica conto che il tempo passa in fretta.
E invece sono già passati quindici mesi. 

E in quindici mesi scopri che la Cina è un paese immenso, e che ancora non sei capace di trasformare una carta geografica in terra vera. Scopri che i cinesi sono curiosi, come i bambini, e che se uno sconosciuto guarda nel tuo carrello quando fai la spesa, o ti chiede quanto hai pagato la tua borsa nuova, o vuole sapere quanto pesi e cosa mangi e dove stai andando è perché qui la privacy non esiste, neanche quando fai la pipì.
Capisci che per loro non ci sono filtri, e gli occhi, quegli occhi che ti fissano fino a crearti imbarazzo, che ti scrutano con l'interesse morboso dei bambini, gli occhi sono così sottili perché vogliono vedere lontano senza farsi guardare dentro.
Perché i cinesi sono bambini. Vogliono macchine costose e potenti, e ci mettono il poggiatesta di peluches. Indossano le scarpe coi tacchi a spillo, la minigonna di finta pelle e in testa un cerchietto con un fiocco rosa. Sono cocciuti ed egoisti, maleducati, prepotenti e furbi proprio come certi bambini. Fanno promesse che infrangono con sconcertante facilità, nascondono i cocci e fanno finta di niente, coprono l'immondizia con un muro di fiori, perché ciò che vedi è più importante di ciò che sei.

Però impari anche, in quindici mesi, che si può trasportare una vita intera su un carretto, per le strade della città; che si può passare la giornata in un negozio di due metri per tre, e dormirci, e mangiarci, e viverci, e continuare a sorridere. Scopri che i cinesi sono coraggiosi, e possono lasciare un lavoro e uno stipendio sicuro per inseguire il sogno di girare in bicicletta e fare fotografie. Che si buttano nelle imprese più strane senza paura, perché hanno poco da perdere, e ricominciano ogni volta che quel poco lo hanno perso con la stessa facilità con cui un bambino si rialza dopo una caduta. Che non c'è un'età per cambiare le cose, e la vecchiaia è uno stato mentale. Perché il cambiamento non li spaventa, e sono preparati al sole e alla pioggia, al freddo improvviso e alla solitudine, e le sventure non li scalfiscono più.

E sono tanti, quindici mesi. Perché a volte basta un'ora, per innamorarsi (specie in primavera), ma a volte ci vuole un po' di più.

Di Shanghai non ti innamori.
È una città immensa, contraddittoria. Ha lo skyline più bello del mondo, ai cui piedi si srotola un tappeto di povertà e miseria. Le vetrine luccicano di perle e oro e borse e vestiti, i grattacieli risplendono di luci multicolori nel buio del tardo pomeriggio come un perenne, gigantesco, affascinante albero di natale, e quando si spengono, alle dieci di sera, ti stupisci di quanto possano essere tristi e grigi. Lungo i marciapiedi, sulle case, sotto le tettoie, nelle verande, su lunghi bastoni fuori dalle finestre sono appesi i panni ad asciugare. Lenzuola, mutande, pantaloni e reggiseni dondolano sullo sfondo dei grattacieli, sulle cui vetrate si riflettono le pubblicità di profumi e le insegne dei fast food. Su quei marciapiedi, proprio sotto la biancheria, la gente siede su minuscole seggiole e mangia da ciotole improvvisate sputando semi e avanzi, vende patate distese su cartoni per terra, cavoli verdi incastrati tra le grate della finestra e banane ammucchiate su una sedia di legno, e lascia che le galline becchettino intorno foglie d'insalata e chicchi di mais. Nei vicoli stretti la gente vive fuori casa, dorme sulla motocicletta, si lava nelle bacinelle con l'acqua del canale, cucina spadellando verdure nel wok, appende anatre e pesci a seccare al sole e lascia che i cani ne annusino l'odore.

Di Shanghai non ti innamori, no.
È lei che ti conquista, un po' alla volta, con la sua vitalità, la sua cultura, la sua aria internazionale, i suoi parchi pieni di coppie che danzano, i viali con le statue di bronzo, i quartieri pieni di locali, di motorini elettrici, risciò e biciclette a scatto fisso. Con le sue strade sopraelevate, il caldo torrido di certi pomeriggi d'estate e il frinire assordante delle cicale, l'inaspettato blu del cielo e il vento forte che scompiglia capelli e pensieri. Con il suo miscuglio di razze e culture che si incontrano per caso e fanno un pezzo di strada insieme. Respiri diversità, qui, oltre che una gran quantità di smog. Sperimenti le altezze vertiginose dei grattacieli e percepisci nei palazzi il lusso vero, la ricchezza senza pudore. Ti aggiri tra negozi vuoti di clienti ma pieni di commessi, dentro alberghi dai soffitti così alti che fai fatica a guardare in su.
E in quindici mesi impari a sentirla, questa città, che ti corteggia come un amante finché non fa breccia nel tuo cuore. E così impari a mangiare con le bacchette, a cucinare con tre tipi di salsa di soia e a cuocere anche l'insalata, e compri dolci ripieni di fagioli rossi e di alghe. Impari a parlare una lingua difficile e magari anche a capirla un po', a sorridere a chi ti guarda e a diffidare di chi vuole offrirti una tazza di tè, specie se è vestito bene.
Impari a scansarti se passa un motorino sul marciapiede, e a farti strada scampanellando in bicicletta, un po' come il venditore di castagne col suo carretto. Impari che a sederti sui talloni a ben vedere si sta anche comodi. Mangi bàozì mentre cammini, compri dai venditori ambulanti pannocchie arrostite e spiedini di frutta e palloncini colorati, hai sempre un libro in borsa perché le distanze sono lunghe e i fazzoletti in tasca perché i tassisti guidano da cani.

Impari che si può stare su una panchina a leggere un libro dalle pagine bianche, perché le parole immaginate sono sempre più belle di quelle scritte. Impari che a scriverle con l'acqua, quelle parole, avranno la forza del vento e il calore del sole che le asciuga.
Impari che sei tu lo straniero, l'esotico, in un mondo dove per te tutto è strano e bislacco, immobile da millenni come un tronco di gimkobiloba eppure mutevole come una nuvola bianca.

Impari che è facile, incredibilmente facile, conoscere persone nuove che come te hanno lasciato la loro casa e la loro vita di prima, e sono tutte persone in gamba, e il confronto ti fa bene. E scopri che l'amicizia a volte è inaspettata e bella come una scatola di cioccolatini. Perché l'hai sempre sentita a pelle, l'affinità, ma non ti aspetti di trovarla dall'altra parte del mondo, con gli occhi a mandorla o l'inglese di Boston, con l'inflessione francese o l'accento milanese, per dire.

E capisci che ci hai messo troppo tempo, ad abituarti alla tua nuova vita, col pensiero che il tempo sarebbe stato abbastanza, perché ce ne mette, a passare, il tempo. E ci sono delle cose che hai fatto, che hai visto, che hai imparato, ma troppe ancora che vorresti fare, e vedere, e imparare, e le hai sempre rimandate, perché ce n'è di tempo, almeno altri quindici, venti mesi, pensavi, anche di più.
E invece.

37 commenti:

  1. di certe frasi che hai scritto, oggi ne avevo proprio bisogno.

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  2. io l'ultimo paragrafo ce lo avevo che gironzolava per la testa da un bel po', fa affetto leggerlo nero su bianco.

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  3. L'ho letto tutto d'un fiato. Adesso respiro a fondo.

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  4. e invece???... O.o
    aspetto il lieto fine...

    bellissimo post
    :*
    roberta

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    1. grazie pupa!
      il fine non so, ma la fine c'è, proprio qui vicina...;)

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  5. Un post magnifico, corro che mi si brucia la lonza...ma non potevo mollarlo fino alla fine.
    Grazie

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  6. Quello che hai scritto è talmente bello che ora me lo rileggo. E poi lo pubblico sulla mia pagina fb, se non ti dispiace.

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  7. cara Wonder, sei sempre ineguagliabile quando scrivi, hai scritto e descritto i pensieri sparsi, che così sparsi non sono visto che sembra proprio un fare il punto della situazione, ma la notizia qual è? cos'è che ti fa scrivere "E invece."?
    l'AleS

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  8. Mi piacerebbe leggere un romanzo, che parla di una tizia che voleva fare un lavoro fantastico, ma che invece ha seguito il cuore e ha fatto un altro lavoro, ancora più fantastico, scoprendo un giardino incantato con (sicuramente) qualche spina che però ha saputo tenere a bada. E c'era il principe celeste e bibì bibò e bibè che li facevano tanto ridere. E tra mille risate e qualche rara lacrima trattenuta, vissero una bella avventura e la fecero vivere anche ai loro affezionati lettori.

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    1. nonna beta, sei gentile!
      se fossi capace lo scriverei, un libro ;)

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    1. vista così è meglio. io qui a pensare che finisca, l'avventura...

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  10. Grazie! Come se avessi visto anch'io, e sentito, annusato e tutto il resto.

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  11. sei proprio bravina!
    papà

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    1. he he, diciamolo alla Tacconi, che magari mi dà 6+ ;)

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  12. spero che alla fine della tua avventura metta insieme tutte le emozioni e ci regali un bel libro. anonimo non veneto

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    1. non so se son pronta, ché qui alla fine ci siamo già vicini!

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  13. E questo potrebbe essere tranquillamente il primo capitolo del libro! Non anonima ma veneta! ;)

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    1. ma vi siete consorziati?
      dai che avrei già almeno cinque lettori... sempre se convinco la sorella che non mi legge mai

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    2. Mi sono semplicemente sentita chiamata in causa in quanto veneta non anonima!
      Pretendo la copia con autografo, grazie! ;)

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  14. TORNI?
    Guarda che c'è dell'esotico anche nel cesiolo......

    Allora, torni?
    nel dubbio sgombro il tuo atelier dai miei stendini per la biancheria!

    Tua sorella, quella che non legge mai

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    1. ecco, sì, magari compra anche le gocciole per la colazione...

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  15. ah sì confermo! una delle cose più esotiche, modo gentile per non dire strane, sono talune mamme all'uscita di scuola....
    l'AleS

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    1. c'è una domanda alla quale DEVI RISPONDERE e non è solo TORNI? o DOVE VAI? ma PERCHE' NON SCRIVI UN LIBRO di tutto questo periodo?
      Un abbraccio
      Luciana da Milano

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    2. @AleS: me ne ricordo un paio, in effetti. una veramente gnocca, l'altra veramente stramba. due simpatiche, però, si faceva un bel trio. si farà un bel trio...

      @Luciana: il fatto è che ho già scritto un blog, la gente poi s'annoia, no?

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  16. stai tornando...sono molto happy! Silvia d'Arbizzano ti aspetta con bicchiere in mano

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