martedì 10 marzo 2020

Cronache dalla Quarantena - Giorno 4

Niente da fare, qui siamo a meta’ strada tra una prigione e un ospedale. Il telefono suona alle 7:23, la dottoressa, o infermiera che sia, mi comunica che alle nove viene a prendere la temperatura. Lo so già. Ma, vorrei dirle, neanche per andare al Panda d’oro mi ci vuole un’ora e mezza per prepararmi. Qui se ci laviamo le ascelle e’ già una conquista. 3.7 minuti e siamo pronte.

Torno a letto, che nella stanza nuova il telefono non sta neanche sul comodino, sta sulla scrivania e mi tocca gattonare fino la’ per farlo smettere di suonare.
Che poi, la dottoressa, o infermiera che sia, e’ molto carina. Dopo due giorni che mi chiedeva la temperatura di “you - the elder - the second - the younger” mi ha chiesto come ci chiamiamo. Sta cercando di imparare a pronunciare i nostri nomi, e si capisce che  fa uno sforzo enorme, ché per i cinesi certi suoni son difficili. La sento che ripete il nome di TheBody mentre si allontana nel corridoio. Io il suo me lo sono scordato 6 secondi dopo che me l’ha detto. Chiamatemi Dory.
Comunque, 35.5, 36.0, 36.3, 36.9. 

Oggi e’ sabato e le tre Appendici vogliono dormire. Mi rimprovero di non aver fatto il programma anche per il weekend, qui rischiamo di ciondolare tutto il giorno tra il divano e il letto. Il fatto che ci siano solo il divano e il letto non e’ una scusante.
Mi metto alla scrivania e lavoro un po’, quando mi giro TheBrain sta dormendo, TheVoice disegna e TheBody cammina per la stanza con le cuffie e l’iPad, ogni tanto dà un calcio alla palla.

Dopo pranzo (quel riso cinese con le verdure non e’ poi male) ci rilassiamo un po’: il che significa che io cerco di leggere ma sono costantemente distratta da milioni di messaggi e loro si attaccano a Netflix. 

Alle 3:55 c’è un’altra consegna. L’amica Ioana mi manda un sacchetto con una “portable gym”. Dicesi portable gym un tappetino da yoga corredato da un aggeggio che se ci sali sopra puoi fingere di fare le scale, solo che fai più fatica. 
Adesso non ho neanche più una scusa. Che culo.
A proposito, chiedo ripetutamente al manager dell’albergo una sostanza per sturare il cesso, un liquido disgorgante, delle pastiglie effervescenti, un’euchessina, ma quelli mi mandano solo dei batuffoli di cotone disinfettanti. Devo avere dei problemi di comunicazione.
All’ennesimo sollecito, mi dicono che devo cambiare camera. Ma e’ l’unica soluzione che sanno trovare? Tra l’altro, mi dicono che cambiamo dalla 402 alla 407, e teniamo la 401. Peccato che il cesso intasato sia nella 401. Faccio cortesemente presente la cosa. Passa mezz’ora di silenzio. Sentiamo il TIN dell’ascensore. Dopo un minuto, bussano alla porta.
L’uomo astronauta è lì davanti, deciso a entrare. 
Dietro alla mascherina, ha la faccia di quel marinaio del K-19 che deve andare nel reattore nucleare per salvare il sottomarino dall’esplosione.
Armeggia per meno di due minuti, e ha risolto. Chiede di lavarsi le mani e di avere un sacchetto di plastica in cui mi invita a mettere i suoi due telefoni, che subiranno un trattamento di disinfezione totale. Chissà se sopravviveranno.

Alle 18:00 inizia il workout in streaming. Costringo le Appendici a partecipare, pena il sequestro dei computer. Non se lo fanno ripetere. 35 minuti di ginnastica, quasi ci vuole la doccia (quasi, eh).

Alle 7:29 arrivano le pizze. Lo so perché il kuaidi mi chiede un codice per la consegna. Alle 7:44 non sono ancora arrivate in camera. Mi viene dapprima il sospetto che se le sia mangiate l’eroe della ventosa, poi il timore che aspetteranno a portarle su alla prima consegna disponibile, vale a dire le 7:30 di domani mattina, con l’orrida colazione. Invece, alle 7:53, il sacchetto e’ depositato alla porta.
Oggi è il nostro giorno fortunato.

La canzone del giorno: Francesco Guccini, Un altro giorno è andato

La frase del giorno: Posso andare in bagno? Prometto che non lo intaso.

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