venerdì 7 ottobre 2011

Shanghai ChangFeng Oceanworld

All'ingresso principale del ChangFeng Park, sulla ZaoYang Lu, gli ambulanti vendono ogni genere di cosa: castagne caramellate, patate dolci e pannocchie, girandole colorate, braccialetti, spiedini di carne alla piastra, hot dog, palloncini, conigli nani, pulcini e pappagallini in gabbia, bolle di sapone, bibite, cappellini. Dentro, il fiume di gente chiassosa non disturba i soliti vecchietti che sonnecchiano sulle panchine o dentro i risciò (motorizzati), un gruppo di persone danza una coreografia tai chi, i pedalò si addensano sul canale, e oltre il ponticello gruppi di giovani sono accampati con le tende sui prati, altri fanno volare coloratissimi aquiloni. Le spose vestite di bianco si fanno fotografare sotto i salici, i bambini soffiano bolle di sapone, i grattacieli si specchiano sul lago, la luce filtra dai rami e disegna figure sulle strade lastricate. Un uomo fa acrobazie con una frusta, una donna canta al suono dell'erhu, violino a due corde molto diffuso. Nelle verande con il tetto a pagoda coppie di anziani ballano, si siedono intorno a chiacchierare o suonano il sax, la fisarmonica, la tastiera. Altri vecchi preparano il tè sui tavolini di pietra, o pescano con i nipotini i pesci rossi delle vasche.

    Lungo il viale che porta all'acquario, meno famoso della ricca struttura di Pudong ma più simpatico, le bancarelle vendono zucchero filato, puzzle in tre dimensioni, pulcini di plastica, lecca-lecca di caramello a forma di gallo, coniglio e dragone, bacchette magiche, anelli magici, piatti con decori scolpiti a mano, cubi di rubik, ombrellini di filo intrecciato, animali di plastica gonfiabile. Con tre bambine al seguito non possiamo resistere per molto.

    Nel teatro strapieno c'è lo spettacolo dei beluga, fanno salti e salutano con le pinne, trasportano l'addestratore sul muso, spruzzano gli spettatori, ballano a ritmo di musica; la foca invece bacia una ragazza, entra ed esce dall'acqua, gioca con la palla, scivola sulla pancia e saluta prima di uscire.

    La giornata è bellissima, i panini morbidi, le bambine allegre, la Gabbianella fa amicizia con una cinesina e le dà pezzetti del suo pane all'uva che la cinesina sembra gradire, i cinesi le fotografano, io pure.

    Nell'acquario non c'è quasi nessuno. Meno male, penso, perché se c'è un museo che va visto in assoluto silenzio è quello dei pesci. Ci sono vasche piccole con pesci minuscoli, vasche medie con pesci giganti, vasche giganti con i pescecani, un tunnel dove i pesci e le tartarughe e le razze passano sopra la testa e su cui tre piccoli squali e una manta si sono addormentati, i pinguini, i rospi, un passaggio segreto su un ponte dondolante con dei coccodrilli finti e un vero temporale tropicale che ti bagna dalla testa ai piedi, finti pipistrelli alle pareti, cavallucci marini, pesci pagliaccio, idoli moreschi, pesci chirurgo e tutta la serie degli amici di Nemo, l'angolo sirenetta disneyana con funghetti-sgabello di fronte alla vasca tropicale alta cinque metri, pesci rossi acquistabili, peluches e gommosi che riproducono gli esemplari dell'acquario in ogni dimensione.

    In tutto questo bailamme di gadget e souvenir ce la caviamo con un puzzle 3D, un gioco di abilità in legno che ha impegnato me e il Bighi per tutta la sera e un paio di penne magiche. Il tassista ci guarda male quando stipiamo il bagagliaio con pallone, racchette da badminton, telo da spiaggia, avanzi di cibo, passeggino e ci infiliamo in macchina con tre palloncini alle cui estremità sono attaccate tre bambine spettinate, stanche e con i baffi di cioccolata. Ma quando vede quanto siamo incasinati e felici non può fare a meno di sorridere.

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