mercoledì 21 settembre 2011

La proposta di Doris

Doris è una ragazza volitiva, determinata e vulcanica. Con lei mi sono avventurata nei mercati cinesi, nei market di Taiwan e nelle officine dei motorini, perché è convinta che la bicicletta sia pericolosa e che dovrei comprarmi uno scooter elettrico per muovermi nella zona.
    Doris frequenta molti negozi, e compra i pomodori, i funghi e le cipolle al mercato di BeiHong Lu, l'insalata, le patate e le verdure a foglia lunga in quello di HongSong Lu, le uova, l'olio per friggere e la carne nel super di JinHui Lu, il che sarà anche economico ma di certo non è molto pratico. Da quando ha deciso che deve imparare la cucina italiana si sta convincendo che anche il Cialeful, con i prezzi alti e la merce locale mediocre, è pur sempre uno dei pochi supermercati dove si trovano prodotti importati, indispensabili per fare, per esempio, le lasagne.
    Nella mia cucina ha assaggiato la pasta alle melanzane, le crepes (ok, non sono proprio un piatto italiano ma sempre più europeo dei MoonCakes, e poi con la Francia in questo periodo sono in armonia), funghi e zucchine ripiene e un piatto di lasagne che avrebbe sfamato perfino il Cuggino Ivan. Non è molto, come degustazione, per farsi un'idea della cucina italiana, specie se la cuoca è Wondercuoca per necessità e non per passione, ma l'Amica Doris ha apprezzato lo stesso, nonostante qualche appunto sull'uso dei grassi di origine animale in generale e del burro nella besciamella in particolare. Ma cara Amica Doris, le ho detto, mica ti puoi fare problemi di linea quando mangi le lasagne, o pensare al colesterolo mentre sbafi una crepe, suvvia.

Stamattina l'Amica Doris, cappello sempre in testa e ombrello sempre in tasca (cinese mica per niente, sa come va il tempo qui), si è materializzata al mio fianco al semaforo di fronte all'asilo, e con fare misterioso ha detto che doveva parlarmi, e che sarebbe venuta a trovarmi in tarda mattinata.
Alle undici e un quarto, davanti a una tazza di tè con un cubetto della mia torta al cioccolato (avanzo di ieri sera incredibilmente sopravvissuto alla colazione di stamattina) mi dice che ha parlato con suo marito, essendo stata fulminata da un'idea di cui mi vuole rendere partecipe: udite udite, scuola di cucina cinese per espatriati, di cucina italiana per cinesi. Insegnanti, nell'ordine, lei e io.

Non ridete, per piacere.

No, ok, ridete pure. Viene da ridere anche a me, in effetti.

Lì per lì però faccio la faccia perplessa, perché per insegnare a cucinare il primo requisito, direi anche l'unico, è essere capaci di cucinare, il che non rientra tra le mie principali qualità (ne ho delle altre, comunque).
Lei dice che quello che so fare riesce bene, piace e poi ci vogliono piatti semplici, e lo scopo non è tanto guadagnare, dato che non saremmo certo in grado di mantenerci con questa attività, quanto piuttosto divertirsi, fare amicizia, e magari riuscire a pagarsi il parrucchiere.
Ok, dico io, in questa prospettiva le cose cambiano un po', però comunque un altro requisito è che se devi divertirti almeno ti deve piacere passare la mattina ai fornelli, mentre io avrei altri interessi, non so, vorrei studiare il cinese, per esempio.
Benissimo, mi dice lei, se sai parlare un po' di cinese ancora meglio, aiuta a creare più intimità, a rafforzare il gruppo. E poi non lavoravo nelle relazioni pubbliche? Potrebbero essere utili anche quelle...
La ragazza è un osso duro, lo sapevo.
Vabbè, le dico, ci penserò. Purché non mi chieda di fare la torta al cioccolato senza il burro.

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