lunedì 22 agosto 2011

fake market

Nanjing XiLu è la parte a ovest della lunghissima Nanjing Lu, meno famosa della pedonale a est Nanjing DongLu ma ugualmente densa di negozi di lusso delle marche europee più prestigiose (da Gucci a Max Mara, da Burberry a Chanel, da Armani a Ralph Lauren compreso un concessionario di Aston Martin), che si alternano a pasticcerie e ristoranti, gioiellerie e negozi di antiquariato, beauty farm fashion e souvenir di lusso. Così uno se vuole può farsi un'idea, prima di arrivare al numero 580, dove c'è il mercato del falso.

    Pare di entrare in un centro commerciale normale, ma i tre piani dell'edificio sono intasati di negozi di due metri per tre assolutamente ingombri della merce più varia, e assolutamente ripetitivi. Borse, orologi, occhiali, magliette e vestiti soprattutto, ma anche telefonini e accessori vari (se mai avrò un Iphone voglio la copertura di brillanti in versione completa di rosellina e cuore in rilievo), scarpe, bacchette e servizi da tè, portafortuna e scacciaguai, sciarpe e pennelli per la calligrafia, aquiloni, penne usb e dvd, soprammobili e cinture. Il tutto esposto in tuguri senza porta uno attaccato all'altro, senza soluzione di continuità.

    Adeguatamente istruita sulla necessità di contrattare per qualsiasi cosa in qualsiasi negozio (ad esclusione dei centri commerciali dove il prezzo è imposto), mi aspettavo di assistere a delle scenette tipo morra, dove uno spara un numero e l'altro rilancia, tra grida e insulti.

    Invece niente.

    A detta del Bighi c'era poca gente, e infatti si poteva passeggiare tranquillamente e vedere la merce esposta, lanciare occhiate senza troppo parere e passare avanti fingendosi interessati a qualcosa in particolare, e a parte le voci insistenti dei negozianti che ti invitano a Just looking non c'era molta confusione. Così all'improvviso in un momento di incertezza sono stata letteralmente trascinata per un braccio da una ragazza, seguita dalla (presumibilmente) madre, a vedere una borsa, sparendo alla vista dell'amato consorte; ma mica dentro al negozio, no. Dietro. E così ho scoperto che ogni negozio ha delle merce fuori, che si vede, e dell'altra nascosta, che ti mostrano con grande circospezione aprendo porte finte ricoperte di merce, infilandoti in uno strettissimo corridoio (che dico corridoio, sembra di entrare in un armadio) per uscire dal quale devi andare all'indietro, che spazio per girarsi non ce n'è.

    Perché anche qui, come ovunque, è vietato commerciare firme false. C'è pure un cartello su ogni piano che spiega (in cinese) che non si può vendere e comprare merce delle seguenti marche: e giù l'elenco degli stilisti più famosi (vanno molto Chanel e Luis Vuitton, di cui peraltro i venditori ti mostrano i cataloghi dove puoi scegliere il prodotto che vuoi). Dopo un ragionevole lasso di tempo in cui sono stata sequestrata nel retrobottega il Bighi mi raggiunge, e appurato con un certo sollievo che avevo ancora entrambi i reni ha cominciato la trattativa per la borsa che avevo in mano, la cui particolarità consisteva nel fatto che era dello stesso identico inconsueto colore del mio vestito (petrolio, diciamo). Purtroppo eravamo già un po' in ritardo, quindi la contrattazione è stata piuttosto veloce, ma il Bighi mi ha sorpreso per la fermezza con cui ha condotto il gioco e raggiunto l'obiettivo, sempre sorridendo (circa un terzo del prezzo iniziale, ma avrebbe potuto fare di più, come diceva sempre la mia prof di tedesco alle medie, se avessimo avuto più tempo).

    Ci siamo scambiati il denaro che sembravamo degli spacciatori al cesso dei giardini pubblici, poi la madre ha ficcato la borsa in un sacchetto nero e mi ha dato il biglietto da visita, assicurandomi che se le mando gli amici gli fa un buon prezzo. Adesso lo sapete, nel caso.

Nessun commento:

Posta un commento