mercoledì 17 agosto 2011

Ragazza fortunata

La sopraelevata (che non è la Wonder sui tacchi) attraversa Shanghai dall'aeroporto di HongQiao fino a Pudong, ossia da ovest a est, e cammina a circa quattro piani di altezza. La sopraelevata, essendo tale, non può avere delle aiole spartitraffico, quindi per soddisfare un certo senso estetico i parapetti sono forniti di migliaia di fioriere con cespugli verdi. Non so immaginare come si svolga l'irrigazione, ma presumo che ci sia un povero cristo che si fa tutta la strada con l'innaffiatoio (in una settimana dovrebbe arrivare in fondo). Ovviamente la sopraelevata è molto trafficata, essendo un'arteria senza semafori e a grande scorrimento, e se sei baciato dalla dea bendata durante il tragitto riesci anche a vedere un solo incidente, però siccome la velocità media raramente supera i sessanta all'ora, i tamponamenti sono generalmente di lieve entità. Ciononostante attraversare in taxi tutta la città può essere avventuroso. Può capitare che il tassista si distragga un attimo e freni a due centimetri dal pullman che precede, mandandoti a sbattere contro la tv maledetta del poggiatesta del passeggero davanti, e facendo cadere la borsa e tutto il contenuto sul pavimento, ma evitando così il paventato tamponamento (che culo). Può capitare che il traffico sia congestionato, nel qual caso potresti riuscire a leggere in cinese tutto il cartellone che pubblicizza la fiera del libro, se sei così fortunato da capitarci sotto, e magari anche uno dei libri tascabili della suddetta fiera; e impiegheresti comunque un paio d'ore per raggiungere Pudong.

    Questa mattina sono fortunata, ma a detta di Janis sono sempre fortunata (per la verità l'ha sperimentato solo in occasione della visita medica, ma tanto basta), così ha proposto di chiamarmi quando necessita di un po' di buona sorte. Stamattina infatti sono andata al distretto di polizia di Pudong per il visto definitivo, e abbiamo impiegato un'ora ad andare, compresa una sosta all'agenzia che ha tradotto i documenti ufficiali, circa un'ora in questura (chiamiamola così per comodità) e poco meno di 50 minuti a tornare.

    L'ufficio della questura sta in un palazzo di quattro piani nuovissimo, con una gradevole temperatura (non c'è il freddo becco della banca), le cui vetrate danno su un parco. I piani sono suddivisi a seconda delle necessità (il primo, per esempio, è riservato ai cinesi che vogliono il passaporto, il terzo agli stranieri che vogliono il visto). Il numero che ritiriamo è il 186, ma sembra che in attesa non ci sia molta gente, e infatti il tabellone indica il 152. Janis mi conferma che quando è venuta con il Bighi c'erano duecento persone in attesa. Oggi invece nessuna confusione, nessuno che grida, nessuno che gironzola a vuoto, tutti seduti composti. Per compilare i documenti ci sono dei tavoli in corrispondenza di alcune poltroncine, con quattro penne a disposizione (scrivono tutte, tra l'altro). Quando è il mio turno, mi siedo su uno sgabellino di fronte a una poliziotta con gli occhiali che mi fa una foto dalla videocamera del computer (non me la fa vedere però, così non so come son venuta), preleva il mio documento e quelli delle bambine, mi dà una ricevuta e ficca tutte le scartoffie in piccole buste separate, già pronte per essere rispedite al mittente. Grazie. Arrivederci. Usciamo nel caldo umido di mezzogiorno, e percorrendo con il taxi giallo le larghe strade di Pudong circondate dai grattacieli ho l'impressione che la burocrazia cinese non somigli per niente a quella tragica di Kafka cui qualcuno l'aveva paragonata.

    Ma forse sono solo particolarmente fortunata.

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