domenica 21 agosto 2011

One two three

La nuova ayi, tata tuttofare di circa quarant'anni, si muove silenziosa per la casa, pulisce, lava con sorprendente rapidità tutto quello che trova in giro scarpe comprese, lo stira, lo mette in un armadio (a caso) e parla solo shanghainese. Uno potrebbe pensare che insomma, con quelle quattro parole di cinese studiate all'università nel corso di alfabetizzazione di 40 ore, in cui per altro eri risultata la migliore del corso (mai successo prima: al liceo ero quella che copiava, potendo, non certo quella che passava il compito, e all'università mi sono sempre arrangiata, anche con buoni risultati, non dico di no, ma raramente eccellenti. E con il dottorato, che dire, è andata bene, però il voto non lo danno sicchè non si può dire). Con quelle quattro parole, dicevo, di sopravvivenza, e con un bagaglio di due dizionari e un frasario bell'e pronto, uno potrebbe pensare di riuscire a farsi capire, un minimo.

Sbagliato. Lo shanghainese è praticamente un'altra lingua. Me lo ha confermato Janis, ragazza cinese laureata in lingue che mi ha accompagnato alla visita medica. Questa rassicurazione mi conforta. Tuttavia, prima di saperlo mi sono cimentata nell'uso della lingua cinese comune, il mandarino, il cinese standard insomma. Ed è andata come è andata. Cioè: dopo aver chiesto cercando la pronuncia migliore che potessi sfoderare Ni jiao shenme mingzi, che sarebbe a dire Come ti chiami, mica balle, la ayi ha scosso la testa, fatto due occhi così e ripetuto una sequenza incomprensibile di suoni. Sono passata alla versione Io Tarzan tu Jane, ma anche questa non ha sortito i risultati sperati. Ok, ho pensato, un po' alla volta ci capiremo. Ma già mi aveva preso un lieve sconforto.

Finalmente, dopo qualche gesto, ancora cinese, inutile inglese, la ayi fa segno di capire (dong le! dong le!) e scrive sul suo cellulare, ovviamente in cinese, tre caratteri, ripetendo tre suoni. Allora: il primo carattere, Wang, l'ho riconosciuto (c'era un personaggio con lo stesso cognome nel libro di testo, mica per altro). Gli altri due, ovviamente, non ho fatto in tempo a memorizzarli. Vorrei vedere voi. Comunque la ayi emette i due suoni corrispondenti, interpretati come She Fa. Le bambine memorizzano. Il giorno dopo, i due suoni diventano Che Hua. Chissà domani cosa succede. Vabbe'. Per ora la chiamiamo Wang Che Hua, Wang She Fa, Wang Che Fè. Un po' come capita, insomma. Tranne Gatto selvaggio, che per semplificare ha deciso che la chiama One Two Three.

2 commenti:

  1. Risposte
    1. Purtroppo non ce l'abbiamo più. Ne abbiamo un'altra, che parla un po' di inglese semi-comprensibile...

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